Un anno e 8 mesi per ricettazione (pena sospesa). Il Tribunale di Milano ha condannato l’ex presidente Telecom anche a pagare un risarcimento a favore dello stesso gruppo di telecomunicazioni di 900mila euro, a titolo di provvisionale, e a versare 400mila euro a Carla Cico, ex numero uno di Brasil Telecom.  La procura di Milano aveva chiesto due anni. Cuore del processo un cd di dati raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll e poi hackerati dagli uomini dell’ex manager della security Telecom Giuliano Tavaroli. Per l’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, l’ex presidente di Telecom e numero uno di Pirelli era consapevole della provenienza illecita di quei dati. Tronchetti Provera aveva rinunciato all’interrogatorio, ma aveva reso dichiarazioni spontanee nel processo lo scorso 18 marzo, nelle quali, in sostanza, aveva spiegato di non essere mai stato a conoscenza della provenienza illecita del cd contenente file sull’attività di spionaggio dell’agenzia di investigazione Kroll.

Il processo principale sui dossier illeciti si era concluso a febbraio con sette condanne mentre lo scorso anno era diventata definitiva la sentenza di patteggiamento a 4 anni e 17 giorni per Tavaroli. Procedimento da cui il top manager era sempre rimasto fuori se non nelle vesti di testimone. Il giudice Anna Calabi ha trasmesso alla Procura per le opportune valutazioni le testimonianze degli avvocati Francesco Mucciarelli e Francesco Chiappetta. Secondo la ricostruzione del pm, i due legali avrebbero partecipato nel 2004 ad una riunione alla quale erano presenti anche Tavaroli e Tronchetti nella quale Chiappetta avrebbe esposto il problema che c’erano dei dati carpiti in modo illecito dagli uomini della sicurezza. Durante il vertice si decise di “inviare quel cd in forma anonima alla segreteria di Tronchetti. In aula, i due legali avevano smentito queste circostanze e, per questo, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo aveva chiesto di indagarli per falsa testimonianza. Per il pm anche Tronchetti “sapeva della provenienza illecita, anche perché altrimenti che bisogno ci sarebbe stato di quell’invio in forma anonima?”.  

La condanna “è fuori sia dalla logica giuridica che dalla logica comune” commenta l’avvocato Roberto Rampioni in una nota nella quale si parla della “sensazione” di aver voluto “a tutti i costi un coinvolgimento di Tronchetti Provera”. Il legale ricorda che alla base dell’accusa mossa a Tronchetti ci sono le dichiarazioni di Tavaroli Dichiarazioni che ”sono state così tante volte rimodulate e modificate che, nella requisitoria, lo stesso pm ha dovuto in parte abbandonarle in ragione della loro ambiguità”. Senza contare che ”lo stesso giudizio di inattendibilità del teste Tavaroli era già stato formulato da altri giudici in sede di Corte d’appello, Corte d’assise e dal tribunale civile di Milano. “Prendiamo atto della sentenza odierna, di cui non resta che aspettare il deposito della motivazione per verificare quali siano state le ragioni che hanno giustificato un’affermazione di responsabilità che riteniamo inspiegabile e che, non riconoscendo la fragilità di un impianto accusatorio vacillante, getta purtroppo un’ombra senza fondamento sulle persone e sulle aziende coinvolte”. 

Nella requisitoria, il procuratore aggiunto aveva spiegato che ad accusare Tronchetti non c’erano sono solo le dichiarazioni di Tavaroli, secondo il quale, in sostanza, l’allora numero uno di Telecom diede l’autorizzazione all’invio dei file dal Brasile, ma anche una serie di “riscontri documentali e testimoniali”, tra cui la versione dell’ex investigatore privato Fabio Ghioni e anche della segretaria ‘storica’ di Tronchetti.

Il pm aveva fatto cenno ad alcune dichiarazioni dello stesso imputato, anche riportate in una memoria difensiva, come “pensavo di essere in grado di avere questa documentazione in modo legale” o “lo stesso Tavaroli ignorava di quale tipo di documentazione si trattasse”. Per il pm si è trattato, in sostanza, di un “umorismo involontario” da parte di Tronchetti e di una “piena ammissione”. Secondo l’accusa, in sostanza, venne effettuato il “trasferimento di un prodotto di reato”, di materiale ottenuto illecitamente. Nella scorsa udienza il pm aveva chiesto la trasmissione degli atti per falsa testimonianza, dopo le deposizioni di Chiappetta e Mucciarelli, i quali hanno riferito che Tronchetti non autorizzò “alcunché” in quella riunione. 

Il legale dell’imputato, l’avvocato Roberto Rampioni, durante la sua arringa aveva chiesto l’assoluzione parlando di “abnormità processuale“. Il difensore del numero uno di Pirelli, aveva sottolineato “il proprio disagio di fronte alle scelte processuali operate dalla Procura”, del “fragile assunto dell’accusa” che fonda le proprie ragioni su un teste “che però ritiene attendibile solo a fasi alterne”. Nel mirino del legale, oltre alla “grave lacunosità” della tesi accusatoria, anche la scelta della Procura di indagare per falsa testimonianza due testi “per il solo fatto di aver reso dichiarazioni che contraddicono la tesi del pm”. 

Telecom Italia aveva chiesto sei milioni di euro, come provvisionale di risarcimento per i danni patrimoniali all’immagine, al suo ex presidente. Lo scontro tra il gruppo di telecomunicazioni e il suo ex presidente era già iniziato lo scorso marzo, quando la società era entrata come parte civile nel processo proprio per chiedere i danni e Tronchetti Provera per tutta risposta aveva annunciato di aver citato in giudizio Tlc per ”gravi danni” alla sua ”immagine e onorabilità”. 

“Rispetto la sentenza, ma non posso non evidenziare che sono stato condannato per aver denunciato chi ci spiava” commenta Tronchetti annunciando che farà ricorso “convinto che la verità emergerà”. “I fatti sono chiari e confermati anche dagli avvocati Mucciarelli e Chiappetta, indagati solo per aver ribadito quanto effettivamente accaduto. La sentenza di oggi in primo grado si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni di un teste che in questa lunga storia ha dichiarato tutto e il suo contrario, tanto da essere definito ‘ambiguo’ anche dallo stesso Pm”. Secondo Tronchetti Provera “non sono state portate prove, perché non ne esistono, che confermino la ricostruzione di Tavaroli. Mai ho avuto informazioni relative all’acquisizione illecita del materiale Kroll. Non appena entrammo in possesso di tale documentazione, la inviammo all’autorità di polizia brasiliana. Quel materiale -sottolinea ancora Tronchetti Provera- dimostrava che sia io e la mia famiglia sia l’azienda che allora guidavo eravamo oggetto di spionaggio da parte dell’agenzia di investigazione, tanto che la Procura brasiliana fece arrestare i soggetti ritenuti responsabili. Uno dei paradossi di questa incredibile vicenda -osserva- è che la portata lesiva delle azioni poste in essere dalla Kroll venne riconosciuta nel 2004 anche dalla società Marsh&McLellan, allora controllante di Kroll, che pose fine alle azioni contro di me, la mia famiglia e Telecom Italia, scusandosi ufficialmente per l’accaduto”. “Oggi -sostiene Tronchetti Provera- non solo vengo condannato, ma mi si chiede di risarcire da un lato il soggetto che avevo tutelato, Telecom Italia, e dall’altro proprio quei soggetti che risultavano essere i mandanti dell’azione in nostro danno. Sono certo che la realtà dei fatti sarà riconosciuta anche nelle aule di giustizia. Vado avanti – conclude – con pazienza e determinazione”.

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