Dopo una lunga assenza dal mio blog, dovuta alle esigenze di lavoro, riprendo il filo del discorso durante le agognate vacanze. E riparto da quello che mi pare più essenziale: argomentare a favore della costruzione europea, reagire al dilagante euroscetticismo “da Bar Sport” e rompere il silenzio assordante di quelli come me (che, penso, sono tanti) che dell’euroscetticismo attuale non condividono (quasi) nulla.
Prendo spunto da un’osservazione personale. Una decina di anni fa, quando cominciai a seguire alcune riunioni dei gruppi di lavoro del Consiglio (l’organo che rappresenta gli Stati dell’UE), era chiaramente il Regno Unito ad incarnare, in ogni intervento, un certo euroscetticismo: la spinta a fare di meno a livello UE. Però, poiché isolato e non riuscendo a convincere la maggioranza a fare di meno, il Regno Unito spronava allora a fare meglio, con meno soldi, in modo più efficace. Insomma, l’euroscetticismo al tavolo del Consiglio finiva per costituire una coscienza costruttiva e vigile. Finiva, cioè, per essere utile.
Un decennio più tardi quello che vedo è radicalmente diverso. Le posizioni del Regno Unito non sono più isolate, ma ripetute e sostenute da un blocco formato (a geometria variabile) da Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Danimarca e altri. Soprattutto, nessuno Stato (tranne forse Belgio e Lussemburgo) manifesta une vera posizione – e ancor meno visione – “euro-entusiasta”. Nemmeno i grandi, nemmeno l’Italia. In questo contesto, mi pare che l’euroscetticismo non sia più utile, ma fine a se stesso e dannoso.
Non pretendo che la mia minuscola esperienza abbia valore statistico; ma a guardare il quadro d’insieme questo cambiamento pare confermato e ampliato nella cassa di risonanza dei media (che sono, non mi stancherò mai di ripeterlo, nazionali e non europei). Non c’è da stupirsi se poi l’opinione pubblica (non europea, ma somma di quelle nazionali) è permeata di euroscetticismo al punto da far preoccupare molti partiti per le elezioni europee della prossima primavera.
Chiamo questo tipo di euroscetticismo “da bar Sport” perché, pur nel rispetto di tutte le opinioni, mi pare fondato su una quantità di dicerie senza fondamento, diventate “vere” (cioè accettate come tali) a forza di ripeterle.
Una cosa, spero utile, che mi prefiggo di fare durante le mie vacanze è usare questo spazio per smontare alcune di queste dicerie e dare ai lettori accorti un punto di ingresso verso un’informazione corretta. A ognuno poi farsi la sua opinione. Per ora suggerisco il sito della Commissione dove si smontano alcuni falsi miti sul bilancio dell’Unione e quello in cui si smontano alcune balle colossali pubblicati su giornali europei. Di altre false verità parlerò in seguito.
Qui chiudo invece con una considerazione banale ma trascurata dagli euroscettici: l’Ue è un club piuttosto esclusivo e ancora attraente. A luglio è entrata la Croazia e la lista di attesa è nutrita, nonostante i criteri selettivi di entrata. Invece uscirne è facilissimo, la porta è sempre aperta. Non ci vogliono né referendum (si veda la balla grillina dell’uscita dall’euro) né procedure astruse. Perché quindi, nonostante tanti proclami euroscettici nessuno dei 27 (ora 28) ne ha tirato le conseguenze uscendo? Forse perché un conto è criticare la nave su cui si è saliti, dicendo che fa acqua da tutte le parti e che non c’è accordo sulla rotta. Diverso è mettere in acqua una scialuppa, o tuffarsi, e affrontare da soli il mare aperto.
Disclaimer: Come riportato nella bio, il contenuto di questo e degli altri articoli del mio blog è frutto di opinioni personali e non impegna in alcun modo la Commissione europea.