La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, con un’importante sentenza depositata il 9 luglio scorso ha affermato il principio per cui l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerata un trattamento degradante ed inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Cedu.
Secondo i giudici l’ergastolo per essere compatibile con il suddetto art. 3, deve contemplare sia la possibilità della scarcerazione, sia la possibilità di una revisione dopo alcuni anni (circa 25) di sconto della pena.
Senza dubbio si tratta di una pronuncia che afferma un fondamentale principio di civiltà, destinato ad incidere profondamente sul sistema punitivo interno: un essere umano non può condurre la sua intera esistenza recluso in pochi metri quadrati di spazio. E’ una condizione contrastante con il senso di dignità umana, un trattamento per l’appunto inumano.
Questa pronuncia può essere un momento di importante riflessione sull’opportunità e l’efficacia dell’ergastolo e, più in generale, della pena carceraria.
Il carcere a vita esprime un’idea sociologica e culturale del tutto anacronistica: l’idea che chi delinque, offendendo i valori socialmente rilevanti, è un rifiuto umano di cui sbarazzarsi, mediante la pena di morte o la reclusione in luoghi che tutto possono preservare tranne la dignità, come appunto il carcere. Ciò in quanto chi ha rotto il patto sociale una volta, molto probabilmente, anzi certamente lo farà di nuovo, se ne avrà la possibilità. Contro un essere irredimibile la società può solo difendersi, non dialogare o riappacificarsi.
E’ evidente come questo modo di ragionare è ormai incompatibile con i principi fondamentali su cui si regge la Costituzione italiana.
In quanto pena perpetua, l’ergastolo si configura come espressione di un radicalismo punitivo che esclude a priori la possibilità stessa della risocializzazione del reo, che invece dovrebbe essere scopo preminente della pena (art. 27 Cost). Infatti, una pena per definizione non temporanea assolve solo alla funzione di recidere il legame tra l’’individuo ed il mondo esterno, precludendo ontologicamente qualsiasi connotazione risocializzatrice. Difficilmente chi sa di dover passare il resto dei suoi giorni dentro una stanza potrà ripristinare la propria fiducia nei valori fondamentali della comunità sociale.
Inoltre la pena dell’ergastolo, proprio per la sua natura escludente, è assimilabile alla pena di morte: entrambe sono privazione di vita perché cancellazione di futuro. Entrambe, con la loro spietata esemplarità in nome di esigenze collettive di difesa sociale, strumentalizzano il condannato come mezzo per l’affermazione di obiettivi generali di intimidazione e deterrenza; con ciò contraddicendo il dettato costituzionale dove la persona umana è tutelata nella sua dignità individuale e garantita nello sviluppo della propria personalità in un’ottica di solidarietà (art. 2 e 3 Cost.).
La pronuncia della Corte di Strasburgo rende giustizia a tutto questo.
Più in generale è la centralità della pena detentiva che va rimeditata, proprio perché fondata sulla predetta idea di esclusione sociale del reo. D’altronde la compressione della libertà personale – bene così intimamente connesso alla natura umana – difficilmente riesce a coniugarsi con un percorso di dialogo tra il condannato e la società esterna. La pena detentiva deve essere utilizzata in casi estremamente eccezionali, specie se utilizzata in via preventiva, dovendosi favorire l’utilizzo di misure alternative alla detenzione, di forme di giustizia riparativa.
La sanzione penale deve offrire al reo la possibilità di orientare la propria esistenza nel senso del rispetto dei valori costituzionali, deve tendere a favorire un’effettiva integrazione del soggetto, da ottenersi tramite la realizzazione di un programma di (re)inserimento basato sul sostegno socio-culturale e sull’emancipazione individuale. Il puro e semplice internamento nella struttura carceraria non sembra adatto a tale scopo.
Il problema del sistema carcerario è questione importante, delicata, di cui l’opinione pubblica dovrebbe discutere di più. Tuttavia come già osservò Albert Camus «nella nostra civilissima società la gravità di un male è rivelata dalla reticenza con cui se ne parla», e quanto più lo si presenta come «una dolorosa necessità», tanto più si tende «a non parlarne, perché il fatto è sconveniente».
Superiamo le reticenze e iniziamo seriamente un dibattito sulla questione delle carceri.
Valerio Medaglia
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Giustizia & Impunità - 22 Luglio 2013
La Corte di Strasburgo abolisce l’ergastolo
La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, con un’importante sentenza depositata il 9 luglio scorso ha affermato il principio per cui l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena è una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è considerata un trattamento degradante ed inumano contro il prigioniero, con conseguente violazione dell’art. 3 della Cedu.
Secondo i giudici l’ergastolo per essere compatibile con il suddetto art. 3, deve contemplare sia la possibilità della scarcerazione, sia la possibilità di una revisione dopo alcuni anni (circa 25) di sconto della pena.
Senza dubbio si tratta di una pronuncia che afferma un fondamentale principio di civiltà, destinato ad incidere profondamente sul sistema punitivo interno: un essere umano non può condurre la sua intera esistenza recluso in pochi metri quadrati di spazio. E’ una condizione contrastante con il senso di dignità umana, un trattamento per l’appunto inumano.
Questa pronuncia può essere un momento di importante riflessione sull’opportunità e l’efficacia dell’ergastolo e, più in generale, della pena carceraria.
Il carcere a vita esprime un’idea sociologica e culturale del tutto anacronistica: l’idea che chi delinque, offendendo i valori socialmente rilevanti, è un rifiuto umano di cui sbarazzarsi, mediante la pena di morte o la reclusione in luoghi che tutto possono preservare tranne la dignità, come appunto il carcere. Ciò in quanto chi ha rotto il patto sociale una volta, molto probabilmente, anzi certamente lo farà di nuovo, se ne avrà la possibilità. Contro un essere irredimibile la società può solo difendersi, non dialogare o riappacificarsi.
E’ evidente come questo modo di ragionare è ormai incompatibile con i principi fondamentali su cui si regge la Costituzione italiana.
In quanto pena perpetua, l’ergastolo si configura come espressione di un radicalismo punitivo che esclude a priori la possibilità stessa della risocializzazione del reo, che invece dovrebbe essere scopo preminente della pena (art. 27 Cost). Infatti, una pena per definizione non temporanea assolve solo alla funzione di recidere il legame tra l’’individuo ed il mondo esterno, precludendo ontologicamente qualsiasi connotazione risocializzatrice. Difficilmente chi sa di dover passare il resto dei suoi giorni dentro una stanza potrà ripristinare la propria fiducia nei valori fondamentali della comunità sociale.
Inoltre la pena dell’ergastolo, proprio per la sua natura escludente, è assimilabile alla pena di morte: entrambe sono privazione di vita perché cancellazione di futuro. Entrambe, con la loro spietata esemplarità in nome di esigenze collettive di difesa sociale, strumentalizzano il condannato come mezzo per l’affermazione di obiettivi generali di intimidazione e deterrenza; con ciò contraddicendo il dettato costituzionale dove la persona umana è tutelata nella sua dignità individuale e garantita nello sviluppo della propria personalità in un’ottica di solidarietà (art. 2 e 3 Cost.).
La pronuncia della Corte di Strasburgo rende giustizia a tutto questo.
Più in generale è la centralità della pena detentiva che va rimeditata, proprio perché fondata sulla predetta idea di esclusione sociale del reo. D’altronde la compressione della libertà personale – bene così intimamente connesso alla natura umana – difficilmente riesce a coniugarsi con un percorso di dialogo tra il condannato e la società esterna. La pena detentiva deve essere utilizzata in casi estremamente eccezionali, specie se utilizzata in via preventiva, dovendosi favorire l’utilizzo di misure alternative alla detenzione, di forme di giustizia riparativa.
La sanzione penale deve offrire al reo la possibilità di orientare la propria esistenza nel senso del rispetto dei valori costituzionali, deve tendere a favorire un’effettiva integrazione del soggetto, da ottenersi tramite la realizzazione di un programma di (re)inserimento basato sul sostegno socio-culturale e sull’emancipazione individuale. Il puro e semplice internamento nella struttura carceraria non sembra adatto a tale scopo.
Il problema del sistema carcerario è questione importante, delicata, di cui l’opinione pubblica dovrebbe discutere di più. Tuttavia come già osservò Albert Camus «nella nostra civilissima società la gravità di un male è rivelata dalla reticenza con cui se ne parla», e quanto più lo si presenta come «una dolorosa necessità», tanto più si tende «a non parlarne, perché il fatto è sconveniente».
Superiamo le reticenze e iniziamo seriamente un dibattito sulla questione delle carceri.
Valerio Medaglia
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Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "Il nostro governo ha scelto di realizzare i termovalorizzatori con risorse pubbliche, stanziando 800 milioni di euro attraverso il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Questo per evitare che il costo di ammortamento potesse ricadere sui cittadini attraverso tariffe esorbitanti. Noi vogliamo evitare questo errore e garantire un sistema sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Non solo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia il Presidente della Regione siciliana Renato Schifani. "I termovalorizzatori rappresentano una grande opportunità anche per il nostro sistema energetico- dice -In un periodo storico in cui i costi dell’energia sono sempre più elevati e la transizione ecologica è una priorità globale, trasformare i rifiuti in energia significa rendere la Sicilia più autonoma, ridurre la dipendenza da fonti fossili e creare un sistema. Il nostro cronoprogramma: entro questo marzo/aprile bando per progettazione; entro settembre 2026 inizio lavori (durata diciotto mesi). La Sicilia non può più permettersi di rimanere prigioniera dell’emergenza, della precarietà, dell’inerzia. È il momento di agire con coraggio e senso del dovere".
"Chi si oppone abbia almeno l’onestà di dire chiaramente perché e di assumersi la responsabilità di condannare questa terra al degrado e all’inefficienza- dice Schifani - Non possiamo accettare che il futuro della Sicilia venga bloccato da interessi di parte, da vecchie logiche a volte ambigue. Non possiamo più tollerare un sistema che penalizza i cittadini, le imprese e l’ambiente. La nostra Regione merita di voltare pagina. Merita un futuro fatto di pulizia, decoro e sostenibilità. Noi andremo avanti, con determinazione e con la convinzione che questa sia l’unica strada possibile. Anche se in salita. In tutti i sensi. Perché la Sicilia merita di più".
Palermo,9 mar. (Adnkronos) - "Perché, dopo vent’anni di dibattiti e promesse mancate, ancora oggi qualcuno si oppone alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione? L’esperienza europea dimostra che questi impianti sono una soluzione efficiente e sicura per chiudere il ciclo dei rifiuti, trasformando ciò che non può essere riciclato in energia pulita. Eppure, in Sicilia si è continuato a rinviare, mentre le discariche si riempiono e i cittadini pagano bollette sempre più alte per smaltire i rifiuti altrove. È davvero un problema di tutela ambientale? No, perché i moderni termovalorizzatori sono progettati per garantire emissioni praticamente nulle, rispettando i più severi standard europei". Così il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, in un intervento sul Giornale di Sicilia. "Parlare di inquinamento è oggi fuori luogo: in molte città del Nord Italia, in Europa e nel mondo, questi impianti convivono con i centri abitati senza alcun impatto sulla qualità dell’aria", dice.
"Forse si vuole difendere il business delle discariche? È un dubbio legittimo. Il sistema attuale, infatti, ha spesso alimentato interessi economici poco trasparenti, in alcuni casi perfino legati alla criminalità organizzata. E di questo ho parlato in occasione della mia audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie", conclude Schifani.
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - "La Sicilia, purtroppo, vive da decenni un’emergenza che sembra diventata strutturale. Il mio governo ha individuato fin dalla campagna elettorale questo come un obiettivo primario, consapevole che la gestione dei rifiuti non è solo un problema ambientale, ma anche sociale ed economico. Abbiamo ereditato una situazione di stallo, con un sistema fondato su discariche ormai al collasso, senza un’efficace pianificazione e con una raccolta differenziata ancora insufficiente. E soprattutto, mancava uno strumento fondamentale: il Piano rifiuti, indispensabile per poter programmare e realizzare qualsiasi intervento strutturale. Lo abbiamo speditamente adottato nel novembre scorso, dopo un grande lavoro di squadra che ha coinvolto vari organi istituzionali preposti al ramo". Così, in un intervento sul Giornale di Sicilia, il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani,.
"Sapevamo che sarebbe stato un percorso difficile, sia dal punto di vista normativo che politico- prosegue - E a volte avvertiamo una condizione di solitudine, nel dover difendere un’idea di sviluppo che dovrebbe essere patrimonio comune, ma che invece incontra resistenze incomprensibili e a volte ambigue. Non cori da stadio, ma silenzi a volte trasversali e imbarazzanti".
"Non è un caso che il tema dei termovalorizzatori in Sicilia sia presente nel dibattito pubblico da oltre vent’anni, senza mai trovare una concreta soluzione- aggiunge Schifani - In tutto questo tempo, mentre in altre regioni italiane e in Europa si realizzavano impianti di ultima generazione per trasformare i rifiuti in energia, in Sicilia si continuava a rinviare, accumulando ritardi su ritardi e lasciando che il problema si aggravasse. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: città invase dai rifiuti, discariche sature, costi di smaltimento sempre più elevati e una dipendenza dall’estero per l’invio della spazzatura che pesa sulle tasche dei cittadini siciliani per oltre cento milioni all'anno". "Ciò che trovo più preoccupante è la rassegnazione diffusa tra i siciliani. Dopo decenni di annunci e promesse mancate, molti ormai non credono più che il cambiamento sia possibile. Ma io dico che questa volta è diverso. Questa volta il governo regionale ha fatto una scelta chiara e irreversibile: realizzare gli impianti e dare finalmente alla Sicilia una gestione moderna ed efficiente dei rifiuti. E per questo obiettivo dedico due pomeriggi al mese per monitorare di persona il percorso, spesso complesso ma che ci sforziamo di velocizzare. Per non parlare dei numerosi ricorsi presentati contro il mio piano per bloccare il tutto. A questi ci opporremo con fermezza e competenza".
Palermo, 9 mar. (Adnkronos) - I vigili del fuoco del Comando provinciale di Palermo resteranno per tutta la notte tra via Quintino Sella e via Gaetano Daita per tenere sotto controllo l'edificio in cui ieri mattina si è propagato un vasto incendio che ha distrutto l'appartamento all'ultimo piano dell'ex sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale, e della moglie, l'ex magistrato Annamaria Palma. I due sono riusciti a mettersi in salvo, tutti i residenti sono stati evacuati, un uomo di 80 anni è rimasto intossicato. "Le fiamme sono state circoscritte e non si propagano più. Sono in corso adesso le operazioni di bonifica che consistono nello smassamento della parte combusta e nello spegnimento dei focolai residui. Per tutta la notte sul posto sarà effettuato un servizio di vigilanza antincendio", ha spiegato in serata all'Adnkronos Agatino Carrolo, direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, da ieri mattina sul luogo del rogo.
"Abbiamo dovuto tagliare il tetto con le motoseghe. I miei uomini hanno lavorato a 25 metri su un piano inclinato di 30 gradi e abbiamo lavorato con la dovuta cautela. Tagliato il tetto si impedisce alle fiamme di propagarsi. Quindi rimangono da effettuare le operazioni di bonifica, di rimozione del materiale combusto e laddove ci sono dei focolai residui spegnerli. Oltre a questo si prevede di effettuare un'operazione di vigilanza antincendio ceh consiste in un presidio fisico a vigilare lo stato dei luoghi fino a quando non ci sarà più bisogno", ha detto.
E ha aggiunto: "Ci siamo trovati ad operare ad un altezza di 25 metri dal piano di calpestio. Dobbiamo spegnere un incendio importante di un tetto di circa 400 mq di falde e le fiamme sono particolarmente insidiose perché questa combustione è caratterizzata dal cosiddetto fuoco covante ossia una combustione in condizione di sotto ossigenazione che corre nello spazio di ventilazione del tetto. Quindi in superficie non si vede nulla ma ad un certo punto le fiamme affiorano dove è possibile".
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.