L’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori è incostituzionale quando non consente la rappresentanza sindacale alle sigle che non hanno firmato un contratto. Era il 3 luglio quando la Corte Costituzionale ne aveva dichiarato l’illegittimità. Oggi i giudici spiegano il motivo del verdetto: consentendo la rappresentanza sindacale aziendali ai soli sindacati firmatari del contratto applicato in azienda, l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori contrasta coi “valori del pluralismo e libertà di azione della organizzazione sindacale”.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata e rimessa alla Consulta dai giudici dei tribunali di Torino, Modena, Vercelli, a seguito dei ricorsi presentati dai metalmeccanici della Cgil, esclusi dalle Rsa per non aver firmato il contratto specifico della Fiat, che richiama l’articolo 19 della legge 300 del 1970. La Fiom aveva sollevato il contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, ossia sulla lesione del principio solidaristico, la violazione del principio di uguaglianza e del principio di libertà sindacale.
“Nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività” e “si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione”. L’articolo 2 della Costituzione garantisce “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali”; l’articolo 3 tutela l’uguaglianza dei cittadini; l’articolo 39 la libertà di organizzazione sindacale.
La sentenza, i cui contenuti essenziali erano stati resi noti il 3 luglio, è stata depositata oggi. Alla base il ricorso della Fiom contro la Fiat. Redattore della sentenza – la 231/2013 – il giudice Mario Rosario Morelli. Il comma 1 dell’art. 19 dello statuto dei lavoratori è stato dichiarato illegittimo perché, appunto se si consentisse la rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) solo ai sindacati firmatari del contratto applicato nell’unità produttiva, i sindacati “sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentatività e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l’azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa”, spiega la sentenza.
E se “il modello disegnato dall’art. 19, che prevede la stipulazione del contratto collettivo quale unica premessa per il conseguimento dei diritti sindacali, condiziona il beneficio esclusivamente ad un atteggiamento consonante con l’impresa, o quanto meno presupponente il suo assenso alla fruizione della partecipazione sindacale, risulta evidente anche il vulnus all’art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione, per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale”. Questo si traduce “in una forma impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente incide, condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati; mentre, per l’altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”.
Il criterio selettivo di cui alla lettera b) del primo comma del denunciato art. 19, osserva la Consulta, verrebbe ora a “tradire la ratio stessa della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire una finalità promozionale e incentivante all’attività del sindacato quale portatore di interesse del maggior numero di lavoratori, che trova una diretta copertura costituzionale nel principio solidaristico espresso dall’art. 2 Cost., nonché nello stesso principio di uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell’art. 3 della Costituzione”. Si porrebbe, inoltre, quel criterio, in “insanabile contrasto con il precetto dell’art. 39 Cost., incidendo negativamente sulla libertà di azione del sindacato, la cui decisione di sottoscrivere o no un contratto collettivo ne risulterebbe – osservano i magistrati – inevitabilmente condizionata non solo dalla finalità di tutela degli interessi dei lavoratori, secondo la funzione regolativa propria della contrattazione collettiva, bensì anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III, facenti capo direttamente all’associazione sindacale, potendo le due esigenze, come nella fattispecie in esame, entrare in conflitto, e dovendosi inoltre valutare la necessità, ai fini della sottoscrizione, del consenso e della collaborazione di parte datoriale”. Con l’ulteriore conseguenza che, “in ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell’unità produttiva alcuna rappresentanza sindacale”.
Giustizia & Impunità
Fiom esclusa da Fiat, Consulta: “Ecco perché l’art.19 è incostituzionale”
La Corte Costituzionale il 3 luglio ha dichiarato incostituzionale il primo comma dell'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. Secondo i giudici vengono violati gli articoli 2, 3 e 39 della Carta ovvero il principio solidaristico, quello di uguaglianza e quello della libertà sindacale
L’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori è incostituzionale quando non consente la rappresentanza sindacale alle sigle che non hanno firmato un contratto. Era il 3 luglio quando la Corte Costituzionale ne aveva dichiarato l’illegittimità. Oggi i giudici spiegano il motivo del verdetto: consentendo la rappresentanza sindacale aziendali ai soli sindacati firmatari del contratto applicato in azienda, l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori contrasta coi “valori del pluralismo e libertà di azione della organizzazione sindacale”.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata e rimessa alla Consulta dai giudici dei tribunali di Torino, Modena, Vercelli, a seguito dei ricorsi presentati dai metalmeccanici della Cgil, esclusi dalle Rsa per non aver firmato il contratto specifico della Fiat, che richiama l’articolo 19 della legge 300 del 1970. La Fiom aveva sollevato il contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, ossia sulla lesione del principio solidaristico, la violazione del principio di uguaglianza e del principio di libertà sindacale.
“Nel momento in cui viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività” e “si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo a livello aziendale o comunque significativamente rappresentativo, sì da non potersene giustificare la stessa esclusione dalle trattative, il criterio della sottoscrizione dell’accordo applicato in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di cui agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione”. L’articolo 2 della Costituzione garantisce “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali”; l’articolo 3 tutela l’uguaglianza dei cittadini; l’articolo 39 la libertà di organizzazione sindacale.
La sentenza, i cui contenuti essenziali erano stati resi noti il 3 luglio, è stata depositata oggi. Alla base il ricorso della Fiom contro la Fiat. Redattore della sentenza – la 231/2013 – il giudice Mario Rosario Morelli. Il comma 1 dell’art. 19 dello statuto dei lavoratori è stato dichiarato illegittimo perché, appunto se si consentisse la rappresentanza sindacale aziendale (Rsa) solo ai sindacati firmatari del contratto applicato nell’unità produttiva, i sindacati “sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non già del rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentatività e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l’azienda, per il rilievo condizionante attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio consenso alla conclusione di un contratto con la stessa”, spiega la sentenza.
E se “il modello disegnato dall’art. 19, che prevede la stipulazione del contratto collettivo quale unica premessa per il conseguimento dei diritti sindacali, condiziona il beneficio esclusivamente ad un atteggiamento consonante con l’impresa, o quanto meno presupponente il suo assenso alla fruizione della partecipazione sindacale, risulta evidente anche il vulnus all’art. 39, primo e quarto comma, della Costituzione, per il contrasto che, sul piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale”. Questo si traduce “in una forma impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente incide, condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati; mentre, per l’altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum”.
Il criterio selettivo di cui alla lettera b) del primo comma del denunciato art. 19, osserva la Consulta, verrebbe ora a “tradire la ratio stessa della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire una finalità promozionale e incentivante all’attività del sindacato quale portatore di interesse del maggior numero di lavoratori, che trova una diretta copertura costituzionale nel principio solidaristico espresso dall’art. 2 Cost., nonché nello stesso principio di uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell’art. 3 della Costituzione”. Si porrebbe, inoltre, quel criterio, in “insanabile contrasto con il precetto dell’art. 39 Cost., incidendo negativamente sulla libertà di azione del sindacato, la cui decisione di sottoscrivere o no un contratto collettivo ne risulterebbe – osservano i magistrati – inevitabilmente condizionata non solo dalla finalità di tutela degli interessi dei lavoratori, secondo la funzione regolativa propria della contrattazione collettiva, bensì anche dalla prospettiva di ottenere (firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III, facenti capo direttamente all’associazione sindacale, potendo le due esigenze, come nella fattispecie in esame, entrare in conflitto, e dovendosi inoltre valutare la necessità, ai fini della sottoscrizione, del consenso e della collaborazione di parte datoriale”. Con l’ulteriore conseguenza che, “in ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell’unità produttiva alcuna rappresentanza sindacale”.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato la sua intenzione di licenziare il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e di averlo "informato che la prossima settimana presenterà una proposta al governo per porre fine al suo mandato".
In una dichiarazione successiva, Netanyahu ha spiegato: “In ogni momento, ma soprattutto durante una guerra esistenziale come quella che stiamo affrontando, deve esserci piena fiducia tra il primo ministro e il capo dello Shin Bet. "Ma sfortunatamente, la situazione è l'opposto: non ho questa fiducia. Nutro una sfiducia continua nel capo dello Shin Bet, una sfiducia che è solo cresciuta nel tempo".
(Adnkronos) - "Il nemico americano ha lanciato un'aggressione palese contro il nostro Paese nelle ultime ore con oltre 47 attacchi aerei", si legge nella dichiarazione. In risposta, "le Forze Armate hanno condotto un'operazione militare specifica prendendo di mira la portaerei americana USS Harry S. Truman e le sue navi da guerra nel Mar Rosso settentrionale con 18 missili balistici e da crociera e un drone".
"Con l'aiuto di Allah Onnipotente", prosegue la dichiarazione, "le forze armate yemenite continueranno a imporre un blocco navale al nemico israeliano e a vietare alle sue navi di entrare nella zona di operazioni dichiarata finché gli aiuti e i beni di prima necessità non saranno consegnati alla Striscia di Gaza".
Sana'a, 16 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno risposto ai bombardamenti americani sullo Yemen attaccando la USS Harry S. Truman nel Mar Rosso con missili balistici e un drone. Lo rivendica il portavoce del gruppo yemenita.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - La polizia israeliana ha aperto un'indagine sull'ex capo dell'agenzia di sicurezza Shin Bet, Nadav Argaman, dopo che venerdì il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato una denuncia.
Il premier israeliano ha accusato Argaman di ricatto e reati legati alla legge che riguarda lo Shin Bet, che proibisce ai dipendenti dell'organizzazione di divulgare informazioni ottenute nell'ambito del loro lavoro.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un abitante di Gaza, che stava "tentando di piazzare ordigni esplosivi" nei pressi del corridoio di Netzarim, è stato ucciso. Lo riferisce l'esercito israeliano.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Un team negoziale israeliano sta attualmente discutendo la questione degli ostaggi con i mediatori egiziani in Egitto. Lo ha reso noto l'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in una dichiarazione.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Le autorità della Macedonia del Nord stanno indagando su un possibile caso di "corruzione" in relazione all'incendio che ha ucciso almeno 59 persone in una discoteca. Lo ha riferito il ministro degli Interni Pance Toskovsky.
"Questa azienda non ha una licenza legale per lavorare. Questa licenza, come molte altre cose in Macedonia nel passato, è legata alla corruzione", ha detto Toskovsky durante una conferenza stampa a Kocani, una piccola città nell'est del paese balcanico dove è avvenuta la tragedia durante un concerto nella notte tra sabato e domenica.