Cosa ne sarà del teatro di Lenz Rifrazioni di Parma? La vivace realtà che dal 1988 opera nel segno della ricerca e della sperimentazione artistica rischia di perdere la sua storica sede, coinvolta suo malgrado nei guai della caduta amministrazione di Pietro Vignali e poi nell’operazione di salvataggio dai debiti del Comune da parte della nuova giunta Cinque stelle di Federico Pizzarotti. Il Comune a ottobre ha infatti ceduto alla reggiana Remilia srl le quote di maggioranza di Stu Pasubio, la società partecipata che ha in gestione la sede di Lenz e il resto del quartiere in via di riqualificazione che sorge dietro la stazione di Parma.

E ciò ha destato una certa preoccupazione nei direttori artistici Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, che ora, anziché con l’amministrazione, dovranno trattare con dei privati che potrebbero non essere interessati a mantenere in vita il teatro. “Il nostro auspicio – hanno detto Pititto e Maestri – è che Lenz Teatro venga isolato dal comparto e mantenga il suo rapporto con il Comune. Vorremmo che venisse definitivamente riconosciuto come bene culturale della città, della provincia, della regione e messo al riparo da improprie destinazioni d’uso o addirittura da distruzioni materiali a scopo speculativo”.

Per l’associazione culturale lasciare dopo quasi trent’anni gli spazi di via Pasubio vorrebbe dire anche la perdita inequivocabile della propria identità. Nato lontano dagli eleganti caffè del centro e dalle vie da passeggio, Lenz trova spazio nello storico quartiere industriale di Parma, tra ex capannoni dismessi e case popolari, in una zona schiacciata tra arterie viarie a pochi isolati dalla ferrovia, dall’autostrada e dall’anello delle tangenziali. La sua sede è ricavata nell’ex scatolificio Scedep (poi passato nelle proprietà del Comune) sorto nel quartiere San Leonardo durante la prima industrializzazione a inizio Novecento, poi via di mezzo tra il passato operaio e il futuro in espansione del terziario.

Una dimensione ideale per Lenz Rifrazioni, che negli anni qui è diventata fucina e fabbrica d’arte, ospitando in quello spazio centinaia di attori, spettatori, artisti e compagnie da tutta Europa, e ricevendo anche riconoscimenti internazionali, oltre che i contributi di Ministero, Regione e istituzioni locali come Provincia e Comune. Sopravvissuto a fine anni Novanta a un incendio, il teatro ha riaperto al pubblico nel 2001 dopo un investimento di quasi 300mila euro. Ora tutto questo però rischia di essere compromesso. Nei progetti della precedente amministrazione per il Lenz era già pronta una nuova sede nella Casa della Cultura, un luogo d’arte che sarebbe dovuto nascere dalla riqualificazione dell’ex Centro studi e archivio comunicazione dell’Università (Csac). L’ex sindaco e i suoi avevano pensato in grande, dando incarico di ridisegnare l’intera zona allo studio Mbm Arquitectes di Oriol Bohigas. Senza però fare i conti con i soldi che non c’erano.

Quando a prendere in mano il Comune con i suoi oltre 800 milioni di debito è stato Pizzarotti, la decisione è stata drastica: vendere le quote comunali di maggioranza di Stu Pasubio, liberandosi anche dall’obbligo di sostenere il finanziamento della Casa della Cultura e quindi privando Lenz Rifrazioni di una sede alternativa. Ma la questione più allarmante è che con quest’operazione il Comune non solo ha ceduto alla Remilia (che fa capo a Unieco, attualmente in concordato preventivo) la sua partecipazione societaria, ma avrà la possibilità di recuperare quasi 4 milioni di euro da Stu Pasubio se approverà varianti urbanistiche per incrementare usi privati e superfici a destinazione commerciali su stabili come l’ex Csac e la sede del Lenz. Ciò significa che gli spazi di Lenz Rifrazioni potrebbero diventare negozi, uffici o appartamenti, oppure potrebbero essere demoliti e ricostruiti del tutto per fare spazio a edifici moderni. A questo punto per il teatro e la sua storia significherebbe la fine. Sulla possibilità però mette un freno l’assessore all’Urbanistica Michele Alinovi: “La garanzia è che il quartiere non sarà stravolto, a costo di rinunciare a una parte di quei soldi. La vendita delle quote non significa che il Comune sarà escluso dal governare il processo di trasformazione della città”. L’assessore assicura che “Lo Csac sarà mantenuto pubblico e riqualificato, anche se in un modo diverso da come era stato progettato in passato. Lenz ha davanti diverse possibilità, tra cui appunto lo Csac. Oppure per il futuro si potrebbe pensare di garantire una funzione teatrale all’interno della sede attuale, in modo che venga riconosciuto il suo ruolo nel quartiere”. La proposta dei direttori artistici che guidano l’associazione culturale è che in virtù dell’eccellenza dell’attività svolta da Lenz, che lavora anche con “attori sensibili” (affetti da disagi psichici), venga riconosciuta una funzione pubblica anche allo spazio in cui per tanti anni hanno lavorato. Altra possibilità, ventilata anche dall’assessore alla Cultura Laura Ferraris, è che l’associazione diventi una fondazione e acquisti la sede con un investimento patrimoniale. “Il passaggio di Lenz da associazione culturale a fondazione potrebbe aiutare e si potrebbe ragionare su un prezzo adeguato, vista l’importanza di rimanere in quegli spazi – aggiunge l’assessore – noi come Comune possiamo solo fare da intermediari e dare il nostro indirizzo, sperando che il nuovo proprietario privato accolga le esigenze di Lenz, a cui sicuramente va riconosciuta una fondamentale funzione culturale”. In un periodo di tagli ai fondi per la cultura però, l’ipotesi di trovare risorse per l’acquisizione appare ardua. Il futuro di Lenz rimane appeso alla volontà delle istituzioni.

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