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Femminicidio, urliamo per fermare la mattanza

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Ancora una volta non siamo arrivati in tempo. Stavo commentando su Twitter l’ennesimo caso di femminicidio avvenuto il 28 luglio a Massa Carrara, quando sulle agenzie è apparsa la notizia del femminicidio-suicidio a Taurisano in provincia di Lecce. Ancora due donne uccise dai mariti: altri due casi in cui il partner non accetta che una relazione affettiva finisca. Siamo a oltre settanta donne ammazzate nel 2013, da gennaio a oggi.

Le cause profonde della violenza sono radicate nelle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne, nella discriminazione sistemica basata sul genere e sul pregiudizio culturale della superiorità del maschio rispetto alla femmina. Più volte ho parlato di “machismo criminal” riprendendo una definizione dell’ex premier spagnolo Zapatero.

In Parlamento abbiamo affrontato il tema della violenza di genere ripetutamente, ne abbiamo evidenziato la drammaticità e cercato di spiegarne la complessità e le molteplici facce, abbiamo chiesto e assunto impegni precisi. Tutti insieme abbiamo chiesto al governo impegni su 15 punti, come ci avevano chiesto le associazioni di donne, trasformando i contenuti specifici della Convenzione di Istanbul in singoli obiettivi di intervento. E ci siamo detti che è tempo di atti concreti, tempo di avviare efficaci azioni di contrasto e insieme di sensibilizzazione, prevenzione, protezione, punizione, rieducazione.

Abbiamo anche deciso il varo di un nuovo Piano nazionale contro la violenza e l’istituzione di un Osservatorio permanente nazionale accompagnati dalla formazione specializzata degli operatori.

La precedente ministra delle Pari Opportunità Josefa Idem aveva previsto la istituzione di una task force contro la violenza. Ora l’ex canoista dimessasi per non aver pagato le tasse sulla palestra nel ravennate, per questo non fa più parte del governo e le sue deleghe sono state distribuite a ministri e viceministri che ne hanno già altre. Abbiamo stigmatizzato questo fatto e chiesto al presidente del consiglio Enrico Letta di nominare al più presto una nuova ministra dimostrando che le Pari Opportunità non sono un dicastero di serie B. Una richiesta che dopo i femminicidi di questi giorni non può più restare inevasa. Forse lo abbiamo chiesto con troppa cortesia, a voce troppo bassa. Forse dovremmo cominciare a urlare per farci ascoltare.

Per queste due donne non siamo arrivati in tempo. Nonostante il fatto che, in entrambi i casi, le vittime avessero denunciato il loro aguzzino alle forze dell’ordine. Come è accaduto altre volte. Femminicidi che potevano essere evitati. E che tutti, in misura ovviamente diversa, ci troviamo un po’ sulla coscienza.

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