All’inizio della lunga storia finita ieri in Cassazione, c’è lui, Fabio De Pasquale: il magistrato della procura di Milano che nel 2001 ha avviato le indagini sulla compravendita dei diritti tv Mediaset. È l’uomo che ha portato a casa la prima condanna definitiva di Silvio Berlusconi, dopo aver ottenuto, ai tempi di Mani pulite, la prima condanna di Bettino Craxi. Messinese, cinquantenne, De Pasquale è un solista. Fa fatica a stare dentro gruppi e cordate. Quando indagò Craxi per le tangenti Eni-Sai, non era nel pool di Mani pulite e anzi con Antonio Di Pietro aveva finito per litigare. Eppure lo ha battuto sul tempo, mandando a giudizio il segretario del Psi, che fu poi condannato insieme a Salvatore Ligresti.
Oggi tocca a Silvio Berlusconi. Di processi ne ha subiti tanti: non quanti lui dice, ma una ventina sì, con imputazioni che vanno dalla falsa testimonianza alla corruzione, dal falso in bilancio alla corruzione giudiziaria. Finora ne è sempre uscito con proscioglimenti, anche se propiziati da prescrizioni, amnistie, depenalizzazioni, scudi giudiziari e leggi ad personam. Questa volta è andata diversamente: la Cassazione ha messo il timbro finale alla condanna per frode fiscale. È la vittoria piena del solista messinese, già definito “famigerato” da Berlusconi, che ha passato anni della sua vita a studiare i bilanci Mediaset e la complicatissima rete delle società offshore di Berlusconi e dei suoi prestanome, istruendo su questa materia ben tre processi.
Prima di questi, De Pasquale aveva indagato, nei primi anni Novanta, sui corsi di formazione professionale in cui sparivano fondi europei, fagocitati dai partiti. Nel maggio 1992 chiede l’arresto dell’ex assessore regionale Michele Colucci, che finisce (ma non per colpa del pm) impietosamente esposto in barella, semisvenuto, davanti alle telecamere delle tv. È l’Indipendente di Vittorio Feltri a sbattere allora il mostro in prima pagina, scrivendo sulla foto dell’esponente socialista: “Ecco il vero volto dei partiti”. Poi De Pasquale mette sotto torchio “Chicchi” Pacini Battaglia, lo gnomo che gestiva in Svizzera i fondi neri dell’Eni per i partiti. Per farlo, si serviva di una boutique legale-finanziaria con sede a Londra, la Edsaco, per cui lavorava anche l’avvocato d’affari inglese David Mills. È così che De Pasquale s’imbatte nel personaggio che diventerà poi centrale per le sue indagini successive: Mills è colui che crea la rete di società estere di Berlusconi, il cosiddetto “Fininvest Group B-very discreet”, da cui passano tutte le operazioni “riservate”. Sono proprio le società “inventate ” da Mills a moltiplicare i costi dei diritti tv comprati negli Stati Uniti e a occultare una parte del malloppo così ottenuto al fisco italiano e agli altri azionisti di Mediaset. Il momento più drammatico della carriera di De Pasquale è il luglio 1993, quando il presidente dell’Eni Gabriele Cagliari si uccide in una cella del carcere di San Vittore. Da allora comincia a essere inseguito dalle critiche dei berlusconiani: Vittorio Sgarbi lo chiama “assassino”, imputandogli la responsabilità di quella morte. Tanti altri continuano a farlo dopo di lui, fino a oggi. Eppure le inchieste hanno giudicato ineccepibili i suoi comportamenti.
La vicenda nasce quando Cagliari, già in carcere per le inchieste di Di Pietro, viene raggiunto da un ulteriore mandato di cattura chiesto da De Pasquale. È Ligresti a metterlo nei guai: si presenta al pm il 13 luglio 1993 e confessa di aver trattato l’affare Eni-Sai, con annesse tangenti, direttamente con Craxi e Cagliari. L’indomani, l’avvocato Vittorio D’Aiello, che difende il presidente dell’Eni, chiede un nuovo interrogatorio per il suo cliente. Concesso, il 15 luglio: il presidente dell’Eni ammette di aver parlato con Craxi e Ligresti, ma nega di sapere qualcosa della tangente miliardaria. “È sufficiente per essere mandato a casa?”, chiede ripetutamente il difensore. De Pasquale spiega, anche con espressioni rudi, che la decisione sulla libertà di un indagato non è discrezionale, ma riposa su precisi fondamenti giuridici: le esigenze di custodia cautelare cessano quando una persona ha reso una effettiva confessione. Questa non avviene. Anzi, Cagliari manda segnali ad altri detenuti coinvolti nella vicenda, chiedendo il loro silenzio. La sera De Pasquale stende dunque un parere negativo sulla scarcerazione, da inviare al gip, che lo riceve il 17 luglio e ha cinque giorni per decidere. Non farà in tempo, perché il 20 luglio Cagliari viene trovato morto a San Vittore. Aveva annunciato il suo gesto già in una lettera inviata ai famigliari il 3 luglio (dodici giorni prima dell’interrogatorio con De Pasquale): “Miei carissimi, sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna”. E all’avvocato D’Ajello: “La vergogna del mio stato attuale che consegue al repentino modificarsi della situazione generale del paese è la ragione di fondo di questa decisione”.
Seguono isepezioni ministeriali, procedimenti disciplinari e un processo per abuso d’ufficio e omicidio colposo, che si conclude nel 1996 con un’archiviazione: “Si deve, senza dubbio, ritenere che nella condotta tenuta dal De Pasquale nella vicenda in oggetto non sia ravvisabile alcuna ipotesi di reato”. Sulla vicenda Eni-Sai era comunque riuscito a bagnare il naso a Di Pietro, ottenendo le condanne di Craxi, Ligresti e dei loro coimputati. Ieri ha ripetuto il colpo con Berlusconi.
da il Fatto Quotidiano del 02/08/2013
Giustizia & Impunità
Fabio De Pasquale, chi è il pm che ‘ha condannato’ Bettino Craxi e Berlusconi
E' il magistrato della procura di Milano che nel 2001 ha avviato le indagini sulla compravendita dei diritti tv Mediaset. Ma è anche colui che ha ottenuto la prima condanna per le tangenti Eni - Sai
All’inizio della lunga storia finita ieri in Cassazione, c’è lui, Fabio De Pasquale: il magistrato della procura di Milano che nel 2001 ha avviato le indagini sulla compravendita dei diritti tv Mediaset. È l’uomo che ha portato a casa la prima condanna definitiva di Silvio Berlusconi, dopo aver ottenuto, ai tempi di Mani pulite, la prima condanna di Bettino Craxi. Messinese, cinquantenne, De Pasquale è un solista. Fa fatica a stare dentro gruppi e cordate. Quando indagò Craxi per le tangenti Eni-Sai, non era nel pool di Mani pulite e anzi con Antonio Di Pietro aveva finito per litigare. Eppure lo ha battuto sul tempo, mandando a giudizio il segretario del Psi, che fu poi condannato insieme a Salvatore Ligresti.
Oggi tocca a Silvio Berlusconi. Di processi ne ha subiti tanti: non quanti lui dice, ma una ventina sì, con imputazioni che vanno dalla falsa testimonianza alla corruzione, dal falso in bilancio alla corruzione giudiziaria. Finora ne è sempre uscito con proscioglimenti, anche se propiziati da prescrizioni, amnistie, depenalizzazioni, scudi giudiziari e leggi ad personam. Questa volta è andata diversamente: la Cassazione ha messo il timbro finale alla condanna per frode fiscale. È la vittoria piena del solista messinese, già definito “famigerato” da Berlusconi, che ha passato anni della sua vita a studiare i bilanci Mediaset e la complicatissima rete delle società offshore di Berlusconi e dei suoi prestanome, istruendo su questa materia ben tre processi.
Prima di questi, De Pasquale aveva indagato, nei primi anni Novanta, sui corsi di formazione professionale in cui sparivano fondi europei, fagocitati dai partiti. Nel maggio 1992 chiede l’arresto dell’ex assessore regionale Michele Colucci, che finisce (ma non per colpa del pm) impietosamente esposto in barella, semisvenuto, davanti alle telecamere delle tv. È l’Indipendente di Vittorio Feltri a sbattere allora il mostro in prima pagina, scrivendo sulla foto dell’esponente socialista: “Ecco il vero volto dei partiti”. Poi De Pasquale mette sotto torchio “Chicchi” Pacini Battaglia, lo gnomo che gestiva in Svizzera i fondi neri dell’Eni per i partiti. Per farlo, si serviva di una boutique legale-finanziaria con sede a Londra, la Edsaco, per cui lavorava anche l’avvocato d’affari inglese David Mills. È così che De Pasquale s’imbatte nel personaggio che diventerà poi centrale per le sue indagini successive: Mills è colui che crea la rete di società estere di Berlusconi, il cosiddetto “Fininvest Group B-very discreet”, da cui passano tutte le operazioni “riservate”. Sono proprio le società “inventate ” da Mills a moltiplicare i costi dei diritti tv comprati negli Stati Uniti e a occultare una parte del malloppo così ottenuto al fisco italiano e agli altri azionisti di Mediaset. Il momento più drammatico della carriera di De Pasquale è il luglio 1993, quando il presidente dell’Eni Gabriele Cagliari si uccide in una cella del carcere di San Vittore. Da allora comincia a essere inseguito dalle critiche dei berlusconiani: Vittorio Sgarbi lo chiama “assassino”, imputandogli la responsabilità di quella morte. Tanti altri continuano a farlo dopo di lui, fino a oggi. Eppure le inchieste hanno giudicato ineccepibili i suoi comportamenti.
La vicenda nasce quando Cagliari, già in carcere per le inchieste di Di Pietro, viene raggiunto da un ulteriore mandato di cattura chiesto da De Pasquale. È Ligresti a metterlo nei guai: si presenta al pm il 13 luglio 1993 e confessa di aver trattato l’affare Eni-Sai, con annesse tangenti, direttamente con Craxi e Cagliari. L’indomani, l’avvocato Vittorio D’Aiello, che difende il presidente dell’Eni, chiede un nuovo interrogatorio per il suo cliente. Concesso, il 15 luglio: il presidente dell’Eni ammette di aver parlato con Craxi e Ligresti, ma nega di sapere qualcosa della tangente miliardaria. “È sufficiente per essere mandato a casa?”, chiede ripetutamente il difensore. De Pasquale spiega, anche con espressioni rudi, che la decisione sulla libertà di un indagato non è discrezionale, ma riposa su precisi fondamenti giuridici: le esigenze di custodia cautelare cessano quando una persona ha reso una effettiva confessione. Questa non avviene. Anzi, Cagliari manda segnali ad altri detenuti coinvolti nella vicenda, chiedendo il loro silenzio. La sera De Pasquale stende dunque un parere negativo sulla scarcerazione, da inviare al gip, che lo riceve il 17 luglio e ha cinque giorni per decidere. Non farà in tempo, perché il 20 luglio Cagliari viene trovato morto a San Vittore. Aveva annunciato il suo gesto già in una lettera inviata ai famigliari il 3 luglio (dodici giorni prima dell’interrogatorio con De Pasquale): “Miei carissimi, sto per darvi un nuovo, grandissimo dolore. Ho deciso che non posso sopportare più a lungo questa vergogna”. E all’avvocato D’Ajello: “La vergogna del mio stato attuale che consegue al repentino modificarsi della situazione generale del paese è la ragione di fondo di questa decisione”.
Seguono isepezioni ministeriali, procedimenti disciplinari e un processo per abuso d’ufficio e omicidio colposo, che si conclude nel 1996 con un’archiviazione: “Si deve, senza dubbio, ritenere che nella condotta tenuta dal De Pasquale nella vicenda in oggetto non sia ravvisabile alcuna ipotesi di reato”. Sulla vicenda Eni-Sai era comunque riuscito a bagnare il naso a Di Pietro, ottenendo le condanne di Craxi, Ligresti e dei loro coimputati. Ieri ha ripetuto il colpo con Berlusconi.
da il Fatto Quotidiano del 02/08/2013
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Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Lo scontro tra i ministri Lollobrigida e Piantedosi sulla vicenda Bari conferma l’arroganza e lo scarso senso dello Stato di questa destra. Un esponente come Lollobrigida avrebbe preteso, fuori da ogni regola e ignorando il lavoro della Commissione di accesso, di imporre al Ministro dell’Interno lo scioglimento del Comune di Bari. Fin dall’inizio la destra si è comportata in questo modo, ma tutto ha dimostrato l’infondatezza di queste accuse e manovre, il lavoro importante contro le mafie svolto da sindaco De Caro e presidente Emiliano. Non può essere che un ministro come Lollobrigida si comporti in questo modo. Chiameremo il Governo a risponderne”. Così il capogruppo Pd in commissione Antimafia Walter Verini.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Il sottosegretario alla giustizia Delmastro, condannato a otto mesi di carcere per rivelazione di segreto d’ufficio e un anno di interdizione dai pubblici uffici, ha dichiarato di non volersi dimettere. È senza vergogna. Se ne vada e lo faccia il prima possibile. Le istituzioni sono una cosa seria, non la proprietà privata di qualcuno”. Così sui social Antonio Misiani della segreteria del Partito Democratico.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - I carabinieri hanno raccolto tutte le dichiarazioni rese dagli staff e direttamente dagli imprenditori contattati dal gruppo di truffatori che usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto hanno tentato raggiri milionari. La banda ha contattato almeno una decina delle famiglie più note e ricche in Italia, tra cui Massimo Moratti (l'unica vittima che ha denunciato il raggiro subito), Marco Tronchetti Provera, esponenti delle famiglie Beretta, Del Vecchio, Caprotti e Della Valle, lo stilista Giorgio Armani.
Una volta sentiti dai militari non tutte le persone che hanno risposto alle telefonate del finto ministro o del sedicente generale hanno deciso di sporgere denuncia. La procura di Milano che indaga sulle truffe sta proseguendo il lavoro sul fronte internazionale, per capire i movimenti bancari del denaro recuperato, mentre restano due gli indagati stranieri per associazione per delinquere finalizzata.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Delmastro è sottosegretario alla Giustizia, la sua condanna è grave già solo per questo. In più questa condanna arriva perché ha usato i suoi attuali poteri di sottosegretario per manganellare l'opposizione in Parlamento rivelando informazioni che non potevano essere rivelate. C'è un evidente e gigantesco problema politico. Non può restare al suo posto, è inaccettabile". Così Anna Ascani, Vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Metropolis.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - “Senza disciplina. Senza onore. Doveva dimettersi ben prima, a prescindere dalla condanna. Ogni minuto di permanenza in carica di Delmastro è un insulto alle istituzioni”. Così sui social Peppe Provenzano della segreteria del Partito Democratico.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale, in separate udienze, per la presentazione delle Lettere Credenziali, i nuovi Ambasciatori: S.E. Vladimir Karapetyan, Repubblica di Armenia; S.E. Roberto Balzaretti, Confederazione Svizzera; S.E. Francella Maureen Strickland, Stato Indipendente di Samoa; S.E. Amb. Matthew Wilson, Barbados; S.E. Augusto Artur António da Silva, Repubblica della Guinea Bissau; S.E. Noah Touray, Repubblica del Gambia; S.E. Richard Brown, Giamaica. Era presente il Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli. Si legge in una nota del Quirinale.