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Sentenza Berlusconi, ecco perché in tanti “esultano”

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Sento in giro, da tempo, un mantra esilarante: “Berlusconi va sconfitto politicamente, non a livello giudiziario”. Una frase così banale e furbina da aver trovato spazio tanto tra le labbra di Renzi quanto in quelle di De Gregori, grande artista ma politicamente aguzzo come un fagiolo borlotto (il Principe non si adombri per questo. Del resto hanno ammazzato Pablo. Ed è stato Pablo). 

Tali intellettuali, di solito, aggiungono che “non si esulta per le sentenze, occorre avere rispetto di magistratura e condannati”.
Allora, chiariamo: 

1) La legge è legge, a prescindere. Non si tratta di esultare: si tratta di applicarla. Se io evado il fisco, magari tramite un arci-dimostrato “meccanismo fraudolento di evasione”, mi condannano. E se mi condannano non è giustizialismo: è giustizia.

2) Senza amnistie, prescrizioni, depenalizzazioni e quintali di leggi ad personam, Berlusconi sarebbe già stato condannato per falsa testimonianza, corruzione giudiziaria, maxi-tangenti, falso in bilancio, appropriazione indebita, eccetera (le amicizie coi vecchi boss della mafia fingo di dimenticarle. In fondo son buono). 

3) Se uno aspetta che Berlusconi venga sconfitto “politicamente” dal Pd, che peraltro non ne è avversario bensì alleato e portaborse, facciamo notte. 

4) Non ho alcun rispetto per chi da vent’anni paralizza, rincoglionisce e distrugge questo (teoricamente bellissimo) paese. Finiamola con questa melassa subdolamente bipartisan: se io ho davanti un Gasparri, non ci vado poi a cena e “famose du’ spaghi”. Il rispetto si guadagna, non si esige. Che tu sia “compagno” o “avversario”. Io avevo rispetto di Monicelli o Montanelli, per questo non posso averlo per le Biancofiore.

5) Quando un kapò cade (o così sembra: resterà sempre lì e in tanti lo voteranno ancora), non è mai un brutto giorno. E dunque si “festeggia”. O anche solo ci si sente più sollevati. Il politicamente corretto lo lascio ai chierichetti del nulla, tutta gente che mette il silenziatore emozionale a se stessa anche quando ha un orgasmo. 

E dunque, e alfine, e ora più che mai: Vamos

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