Giuliano Amato, Massimo D’Alema e Nicola Latorre, ma anche Enrico e Gianni Letta, Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini, Maurizio Gasparri, Daniela Santanchè. Nel 2010, l’allora presidente del Monte dei Paschi di Siena, Giuseppe Mussari, andava con frequenza a Roma per incontrare gli amici di vecchia data, come D’Alema e Latorre, ed esponenti del centrodestra all’epoca al governo. Già iscritto nel registro degli indagati per l’aeroporto di Ampugnano (rinviato a giudizio per i reati di concorso morale in ordine ai reati di falso e turbativa d’asta) Mussari era impegnato nella conquista della presidenza dell’Abi, con l’approvazione di Banca d’Italia nonostante via Nazionale avesse già avviato le indagini sulla situazione patrimoniale di Rocca Salimbeni, mentre la Procura cominciava a interessarsi all’acquisizione di Antonveneta.
A scorrere l’agenda di Mussari, allegata agli atti della prima parte dell’inchiesta su Mps, chiusa il 31 luglio scorso per evitare i termini della prescrizione, si ha l’idea dei rapporti che il mondo economico ha (o è costretto ad avere) con la politica. Già dai verbali di interrogatorio dell’ex parlamentare e sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, era evidente come fosse la politica a definire gli incarichi in Rocca Salimbeni. Quando Mussari lascia la presidenza di Mps, per dire, Ceccuzzi dice di essersi rivolto a D’Alema per convincere Alessandro Profumo a prendere le redini della banca. Mentre l’ex presidente della Fondazione, Gabriello Mancini, sempre a verbale, racconta di essersi rivolto a Gianni Letta che con l’approvazione di Berlusconi gli indicò chi inserire nel cda.
Così, in vista della sua candidatura alla guida dell’Abi, di cui si comincia a parlare in via informale nel febbraio 2010 ed è ufficializzata il 23 giugno, Mussari frequenta amici vecchi e nuovi dei Palazzi romani. Oltre a D’Alema le frequentazioni più assidue sono con Latorre, uomo di fiducia del leader pugliese. Ma non solo. Il 6 aprile in poche ore incontra il sottosegretario alla difesa del Pdl, Guido Crosetto, il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, il presidente del Copasir, D’Alema e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Berlusconi, Santanchè. Pochi giorni dopo incontra il presidente della Camera, Gianfranco Fini, poi Enrico Letta, allora vicesegretario nazionale del Pd e Latorre. Nell’agenda sono segnate anche le convocazioni in tribunale per la questione Ampugnano. La notifica della Guardia di Finanza è segnata in agenda alle ore 10 del 25 febbraio. Dopo una settimana di ferie, Mussari rientra e vola a Roma per incontrare prima Amato poi Latorre. Passano 48 ore e riceve D’Alema che lo raggiunge a Siena.
Sono i giorni in cui Mussari è impegnato nelle riunioni che devono portare il Consiglio di amministrazione ad approvare il bilancio nel quale, secondo quanto ipotizzato dai pm, vennero camuffate le perdite derivanti dall’acquisizione Antonveneta e messi in atto “trucchi” per celare gli impatti patrimoniali del contratto Alexandria. Uno dei bilanci camuffati, secondo l’accusa, è stato presentato a Piazza Affari il 26 marzo, come annotato in agenda.
I viaggi verso Roma si intensificano tra aprile e giugno. Numerosi gli incontri con Latorre, con cadenza quasi settimanale, e anche con Fini. Con l’ufficialità della nomina alla guida dell’Abi e la conquista della presidenza, le porte si spalancano ulteriormente. Mussari sale due volte al Quirinale “per udienza privata con Giorgio Napolitano”, annota in agenda. Ai soliti Amato, D’Alema, Latorre, si aggiungono Pierluigi Bersani, Fabrizio Cicchitto, Luciano Violante, Gianfranco Conte, Antonio Tajani. Nel frattempo cominciano a emergere notizie di stampa della situazione patrimoniale che sta attraversando il Monte dei Paschi e, soprattutto, la Fondazione. L’1 settembre 2011 Mussari segna in agenda: “Guardia di Finanza per Notifica atto”. La procura indaga. Banca d’Italia, secondo quanto ricostruito, aveva le comunicazioni adeguate per comprendere cosa accadeva, ma non intervenne. “Ho piena fiducia in via Nazionale”, ha detto Napolitano invitando poi la stampa, lo scorso febbraio, a “sopire” le informazioni su Mps.
Il monito è arrivato dopo le dimissioni di Mussari dalla guida dell’Abi: ha lasciato l’incarico il 22 gennaio 2013, quando il Fatto Quotidiano diede notizia dell’accordo segreto che aveva siglato con Nomura per ristrutturare il debito di Mps.
Da Il Fatto Quotidiano del 6 agosto 2013