La storia è quella delle tangenti algerine che nel dicembre scorso ha terremotato Saipem ed Eni. La società di ingegneria petrolifera controllata dal Cane a Sei Zampe, e indirettamente dal Tesoro attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, era finita nel registro degli indagati della Procura di Milano assieme a due suoi dirigenti per le mazzette pagate in Algerina. Il cda di Saipem, in riunione straordinaria, aveva quindi fatto fuori Pietro Varone dalla funzione di Chief Operating Officer (direttore generale) e un altro manager e aveva accolto le dimissioni del Ceo e vice presidente, Pietro Franco Tali.
Pietro Varone nei giorni scorsi, come riporta il Corriere della Sera a firma di Luigi Ferrarella, è stato arrestato su ordine del gip di Milano proprio nell’ambito di quella indagine. Nel 2009 l’Eni si era aggiudicata un contratto da 580 milioni di dollari con Sonatrach per la costruzione del terzo lotto del gasdotto Gk3. Un contratto su cui aveva acceso un faro anche la magistratura algerina per verificare l’esistenza di eventuali episodi di corruzione o malversazione. Dalle indagini su Sonatrach, secondo la stampa algerina, erano emersi ”commissioni” e ”servizi”’ in cambio degli appalti, come l’acquisto di appartamenti e ville a Parigi e Algeri. Che Saipem fosse oggetto delle attenzioni della magistratura milanese era segnalato anche nei bilanci dove si ricordava che nel febbraio 2011 la Procura aveva chiesto la consegna di documenti con l’ipotesi di reato di corruzione internazionale. Per la Procura Saipem, in totale, però avrebbe ottenuto sette contratti in Algeria per un valore di otto miliardi di euro a causa del pagamento nel 2007-2010 di circa 2,5% dell’importo, pari quindi a 197 milioni di dollari. L’azienda negli ultimi mesi, inoltre, ha bruciato 7 miliardi in Borsa.
Secondo il quotidiano di via Solferino la Procura di Milano ha chiesto di bloccare “più di 100 milioni di dollari” a Singapore cui conti riconducibili all’intermediario di Saipem in Algeria, Farid Badjaoui, anche lui colpito da ordine di cattura e considerato l’intermediario a cui era riconducibile la società di Hong Kong “collettrice” delle tangenti. I pm vogliono anche sequestrare altri 23 milioni di dollari su altri conti a Hong Kong.
Nel registro degli indagati lo scorso febbraio erano finiti anche l’ad dell’Eni Paolo Scaroni; Tullio Orsi, ex dirigente Saipem, Pietro Tali, ex ad Saipem, Alessandro Bernini, ex direttore finanziario Saipem, Antonio Vella, altro dirigente Saipem responsabile per il Nord Africa, come Nerio Capanna, anche lui indagato. Secondo la Procura gli episodi corruttivi sono avvenuti in un “contesto che ha favorito l’adozione di comportamenti devianti“. La responsabilità di Scaroni, che si è sempre dichiarato estraneo, è stata fissata dai magistrati in un incontro da lui avuto l’intermediario Bedjaoui in un albergo di Parigi. Con loro sarebbe stato presente anche il ”Ministro Khelil (titolare del dicastero algerino dell’Energia, ndr)” Vella, Varone, Bernini e Tali. Quella riunione sarebbe stata finalizzata, secondo gli inquirenti, ad ottenere un’ulteriore commessa per aumentare la reddittività del giacimento di Menzel Ledjemet Est (Mle)”.