Tecnicamente è una “dichiarazione”, non una nota (leggi il testo integrale), vergata nella tenuta presidenziale di Castelporziano, vicino a Roma, e che il capo dello Stato fa pubblicare sul sito istituzionale del Quirinale, verso sette e mezzo di sera. Giorgio Napolitano risponde a Silvio Berlusconi e lo fa nel peggiore dei modi per il Cavaliere. Il Colle, infatti, apre alla grazia per B., dopo la condanna definitiva in Cassazione per i diritti tv Mediaset, ma nella sua lunga dichiarazione si addensano, uno dopo l’altro, tutti i paletti posti come condizione per dare il gesto di clemenza, a patto che venga chiesto.
A partire dal fatidico passo indietro di Berlusconi che Gianni Letta, ambasciatore tra “Silvio” e “Giorgio”, aveva già anticipato nei giorni scorsi. I passaggi che vanno in questa direzione sono due. Il primo funge da premessa: “È comprensibile che emergano – soprattutto nell’area del Pdl – turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo (fatto peraltro già accaduto in un passato non lontano) e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza”. Tra parentesi, Napolitano si riferisce ad Arnaldo Forlani, ex segretario della Dc, che venne condannato definitivamente per la maxi-tangente Enimont. Non un esempio a caso. A differenza del democristiano Forlani, B. è “rimasto leader incontrastato” di una forza cui comunque il Colle riconosce il merito di aver contribuito alla nascita del governo Letta. Detto questo, e subito dopo aver elencato meticolosamente la procedura della grazia e puntualizzato che “nessuna domanda mi è stata indirizzata”, Napolitano dà una lezione di realismo estremo al Cavaliere nel passaggio finale: “Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita”.
Qui, il capo dello Stato tira in ballo la questione della successione nel centrodestra. Per un motivo semplice: la grazia, se richiesta e poi concessa, non risolverà il problema dell’incandidabilità di B. secondo la legge Severino. In pratica, guardando in filigrana la dichiarazione del Colle, si scorge il profilo di un Cavaliere ridotto al ruolo di padre nobile, che si ritira dalla politica attiva dopo aver ottenuto la grazia. È lo scenario immaginato dalle colombe del Pdl (Gianni Letta, Alfano, Schifani), non certo dai falchi della Santanché. Il secondo paletto del Quirinale è che la sentenza va accettata, altra condizione anticipata sempre da Gianni Letta nei giorni scorsi: “Nell’esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche”. Non solo, il capo dello Stato specifica pure che un “eventuale atto di clemenza” non toccherà “la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicata”. Niente Aventino parlamentare o campagna di Ferragosto sulle spiagge. Berlusconi continui a rimanere in silenzio e a dare ascolto alle colombe.
Solo così, in autunno, Napolitano, in caso di domanda a lui “indirizzata”, valuterà sulla grazia. E qui siamo al terzo paletto, che il Colle pianta dopo aver fatto un giro di consultazioni con Pdl (Brunetta e Schifani) e Pd (Epifani, Speranza, Zanda, Finocchiaro): il governo Letta non si tocca e basta con la “tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere”. È un manrovescio violento ai falchi berlusconiani che predicano il ribaltamento del tavolo di governo: “Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di cento giorni; il ricadere del Paese nell’instabilità e nell’incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi”. Senza dimenticare la “revisione della legge elettorale” e il percorso delle riforme (compresa quella della giustizia) che con B. padre nobile e colomba convinta potrebbero maturare in una “prospettiva di serenità e di coesione”. Questa, dunque, è la traduzione della risposta di Napolitano, “chiamato in causa in modo spesso pressante e animoso”. Il capo dello Stato non ritiene più la grazia a B. un caso di “analfabetismo istituzionale”. L’ipotesi adesso c’è. Nero su bianco. Dopo la visita di Brunetta e Schifani al Quirinale, a inizio agosto. Ma il prezzo per B. è altissimo: fare il passo indietro, accettare la sentenza, niente elezioni anticipate in autunno.
Politica
Napolitano a Berlusconi: ‘Accetti sentenza e sostenga Letta. Grazia? Aspetto richiesta’
Il Presidente della Repubblica, in una nota ufficiale del Quirinale, non chiude la porta alla concessione di un provvedimento di clemenza per il Cavaliere e ricorda la necessità di presentare domanda formale: "In quel caso l'esame sarà obiettivo e rigoroso". Tra le preoccupazioni principali: La stabilità del governo "faticosamente formatosi" e le riforme istituzionali ("compresa quella della giustizia"). Sulla successione nel partito di centrodestra: "Tocca a lui decidere sul ruolo di guida". Ecco l'analisi del messaggio del Capo dello Stato
Tecnicamente è una “dichiarazione”, non una nota (leggi il testo integrale), vergata nella tenuta presidenziale di Castelporziano, vicino a Roma, e che il capo dello Stato fa pubblicare sul sito istituzionale del Quirinale, verso sette e mezzo di sera. Giorgio Napolitano risponde a Silvio Berlusconi e lo fa nel peggiore dei modi per il Cavaliere. Il Colle, infatti, apre alla grazia per B., dopo la condanna definitiva in Cassazione per i diritti tv Mediaset, ma nella sua lunga dichiarazione si addensano, uno dopo l’altro, tutti i paletti posti come condizione per dare il gesto di clemenza, a patto che venga chiesto.
A partire dal fatidico passo indietro di Berlusconi che Gianni Letta, ambasciatore tra “Silvio” e “Giorgio”, aveva già anticipato nei giorni scorsi. I passaggi che vanno in questa direzione sono due. Il primo funge da premessa: “È comprensibile che emergano – soprattutto nell’area del Pdl – turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo (fatto peraltro già accaduto in un passato non lontano) e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza”. Tra parentesi, Napolitano si riferisce ad Arnaldo Forlani, ex segretario della Dc, che venne condannato definitivamente per la maxi-tangente Enimont. Non un esempio a caso. A differenza del democristiano Forlani, B. è “rimasto leader incontrastato” di una forza cui comunque il Colle riconosce il merito di aver contribuito alla nascita del governo Letta. Detto questo, e subito dopo aver elencato meticolosamente la procedura della grazia e puntualizzato che “nessuna domanda mi è stata indirizzata”, Napolitano dà una lezione di realismo estremo al Cavaliere nel passaggio finale: “Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita”.
Qui, il capo dello Stato tira in ballo la questione della successione nel centrodestra. Per un motivo semplice: la grazia, se richiesta e poi concessa, non risolverà il problema dell’incandidabilità di B. secondo la legge Severino. In pratica, guardando in filigrana la dichiarazione del Colle, si scorge il profilo di un Cavaliere ridotto al ruolo di padre nobile, che si ritira dalla politica attiva dopo aver ottenuto la grazia. È lo scenario immaginato dalle colombe del Pdl (Gianni Letta, Alfano, Schifani), non certo dai falchi della Santanché. Il secondo paletto del Quirinale è che la sentenza va accettata, altra condizione anticipata sempre da Gianni Letta nei giorni scorsi: “Nell’esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche”. Non solo, il capo dello Stato specifica pure che un “eventuale atto di clemenza” non toccherà “la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicata”. Niente Aventino parlamentare o campagna di Ferragosto sulle spiagge. Berlusconi continui a rimanere in silenzio e a dare ascolto alle colombe.
Solo così, in autunno, Napolitano, in caso di domanda a lui “indirizzata”, valuterà sulla grazia. E qui siamo al terzo paletto, che il Colle pianta dopo aver fatto un giro di consultazioni con Pdl (Brunetta e Schifani) e Pd (Epifani, Speranza, Zanda, Finocchiaro): il governo Letta non si tocca e basta con la “tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere”. È un manrovescio violento ai falchi berlusconiani che predicano il ribaltamento del tavolo di governo: “Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di cento giorni; il ricadere del Paese nell’instabilità e nell’incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica finalmente delineatesi”. Senza dimenticare la “revisione della legge elettorale” e il percorso delle riforme (compresa quella della giustizia) che con B. padre nobile e colomba convinta potrebbero maturare in una “prospettiva di serenità e di coesione”. Questa, dunque, è la traduzione della risposta di Napolitano, “chiamato in causa in modo spesso pressante e animoso”. Il capo dello Stato non ritiene più la grazia a B. un caso di “analfabetismo istituzionale”. L’ipotesi adesso c’è. Nero su bianco. Dopo la visita di Brunetta e Schifani al Quirinale, a inizio agosto. Ma il prezzo per B. è altissimo: fare il passo indietro, accettare la sentenza, niente elezioni anticipate in autunno.
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Caso Berlusconi, le condizioni poste dal Colle – la nota integrale di Napolitano
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La grazia per Berlusconi? Un golpe bianco
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Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.