Pochi giorni fa Massimo Bray ha nominato una commissione per la riforma del Ministero per i Beni Culturali.
Il burocratese ministeriale del comunicato ufficiale ‘spiega’ che «la Commissione, istituita in base alla disciplina sulla revisione della spesa, avrà il compito di definire le metodologie più appropriate per armonizzare la tutela, la promozione della cultura e lo sviluppo del turismo, identificando le linee di modernizzazione del Ministero e di tutti gli enti vigilati, con riguardo alle competenze, all’articolazione delle strutture centrali e periferiche e alla innovazione delle procedure». Tradotto in italiano, vuol dire che Bray sta provando a trasformare l’inevitabile scoglio della spending review in un’occasione per cambiare il suo ministero.
Io ho accettato di far parte di questa commissione per quattro motivi principali.
Il primo è che se c’è qualcosa che ha bisogno di una riforma organica e ben ponderata, ebbene questo è il Mibac: la cui struttura si potrebbe descrivere come un testone ipertrofico, confuso e spesso infedele (il quartier generale romano, e molte delle direzioni regionali) innestato su un corpo fedele, ma malnutrito e umiliato (la struttura territoriale, vera essenza della tutela del patrimonio e del paesaggio).
Il secondo è che, per un singolare paradosso, questo inguardabile governo delle larghe intese (che naviga tra sabotaggi della Costituzione e minacce di grazia ad un delinquente impunito) contiene il miglior ministro dei Beni culturali che si sia mai visto. Bella forza, mi direte, dopo Bondi, Galan e Ornaghi. Verissimo, ma proprio questa sequela micidiale lasciava temere che al peggio non ci fosse fine.
Come sanno i lettori di questo blog, non ero stato certo entusiasta del meccanismo politico che ha portato alla nomina di Bray: ma con la stessa onestà devo ammettere che, a distanza di tre mesi e mezzo, il bilancio è decisamente positivo.
Bray sta rimettendo al loro posto i ras del Collegio Romano, sta rimotivando le soprintendenze, sta tenendo testa ai sindaci prepotenti (ha salvato il Maggio Musicale dalla irresponsabile liquidazione che avrebbe voluto Matteo Renzi). Ha imposto al Segretario Generale del Mibac di ritirare la pessima circolare sulla rotazione triennale dei direttori di museo e dei funzionari territoriali firmata da Ornaghi. Ha fatto anche ritirare lo stupidissimo e dannoso provvedimento sul noleggio delle opere nei depositi dei musei. Ha impedito che passasse l’idea (cara a Scelta Civica e alla sua sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni) di affidare Pompei ad una fondazione di diritto privato: e se il Parlamento non la stravolgerà (e soprattutto se il Direttore Generale sarà scelto tra i ranghi del Mibac), la struttura che il Decreto Valore Cultura prevede per Pompei ha tutte le carte in regola per funzionare.
Ma, soprattutto, Bray è il primo ministro dei Beni culturali che io abbia visto difendere la dignità dello Stato, e combattere per applicare l’articolo 9 della Costituzione. Ce li avreste visti Bondi, Galan o Ornaghi a dichiarare (come Bray ha fatto il 6 agosto) che: «Sul rapporto tra pubblico e privato la mia idea è che ci vogliano regole chiare, voglio fissare nuove regole. L’obiettivo non deve essere quello di un ritorno commerciale, sono contrarissimo a interventi privati al solo fine del business»?
Sia chiaro, non è che voglio Bray «santo subito»: ma credo che la stessa forza necessaria a denunciare ciò che non va, vada anche impiegata nell’incoraggiare ciò che potrebbe funzionare. Perché l’obiettivo non è mai la denuncia fine a se stessa: l’unico vero obiettivo (almeno il mio) è cambiare radicalmente lo stato presente delle cose.
Il terzo motivo per cui ho accettato questa nomina (che non comporta retribuzione) è che nella commissione stessa non mancano persone che hanno idee chiare e condivisibili sui mali che affliggono il Ministero, e sulle cure necessarie. Ovviamente ora non so dire se la commissione stessa riuscirà nel suo intento. Lo vedremo (entro il 31 ottobre, quando il lavoro dovrà esser concluso): è uno dei casi in cui per sapere com’è il budino, è necessario mangiarlo.
Il quarto motivo è che, contemporaneamente, Bray ha nominato una commissione per la manutenzione del Codice dei Beni culturali presieduta da Salvatore Settis, e composta da persone di primissimo ordine.
Infine, poiché il ministro Bray ha letto molte delle cose che ho scritto (anche quelle per cui il suo pessimo predecessore Ornaghi mi aveva fatto querelare), non … potrà dire di non essere stato avvertito!
Sono sicuro che non ci annoieremo.
Tomaso Montanari
Storico dell'arte
Cultura - 18 Agosto 2013
Perché ho accettato di provare a cambiare il Ministero per i Beni Culturali
Pochi giorni fa Massimo Bray ha nominato una commissione per la riforma del Ministero per i Beni Culturali.
Il burocratese ministeriale del comunicato ufficiale ‘spiega’ che «la Commissione, istituita in base alla disciplina sulla revisione della spesa, avrà il compito di definire le metodologie più appropriate per armonizzare la tutela, la promozione della cultura e lo sviluppo del turismo, identificando le linee di modernizzazione del Ministero e di tutti gli enti vigilati, con riguardo alle competenze, all’articolazione delle strutture centrali e periferiche e alla innovazione delle procedure». Tradotto in italiano, vuol dire che Bray sta provando a trasformare l’inevitabile scoglio della spending review in un’occasione per cambiare il suo ministero.
Io ho accettato di far parte di questa commissione per quattro motivi principali.
Il primo è che se c’è qualcosa che ha bisogno di una riforma organica e ben ponderata, ebbene questo è il Mibac: la cui struttura si potrebbe descrivere come un testone ipertrofico, confuso e spesso infedele (il quartier generale romano, e molte delle direzioni regionali) innestato su un corpo fedele, ma malnutrito e umiliato (la struttura territoriale, vera essenza della tutela del patrimonio e del paesaggio).
Il secondo è che, per un singolare paradosso, questo inguardabile governo delle larghe intese (che naviga tra sabotaggi della Costituzione e minacce di grazia ad un delinquente impunito) contiene il miglior ministro dei Beni culturali che si sia mai visto. Bella forza, mi direte, dopo Bondi, Galan e Ornaghi. Verissimo, ma proprio questa sequela micidiale lasciava temere che al peggio non ci fosse fine.
Come sanno i lettori di questo blog, non ero stato certo entusiasta del meccanismo politico che ha portato alla nomina di Bray: ma con la stessa onestà devo ammettere che, a distanza di tre mesi e mezzo, il bilancio è decisamente positivo.
Bray sta rimettendo al loro posto i ras del Collegio Romano, sta rimotivando le soprintendenze, sta tenendo testa ai sindaci prepotenti (ha salvato il Maggio Musicale dalla irresponsabile liquidazione che avrebbe voluto Matteo Renzi). Ha imposto al Segretario Generale del Mibac di ritirare la pessima circolare sulla rotazione triennale dei direttori di museo e dei funzionari territoriali firmata da Ornaghi. Ha fatto anche ritirare lo stupidissimo e dannoso provvedimento sul noleggio delle opere nei depositi dei musei. Ha impedito che passasse l’idea (cara a Scelta Civica e alla sua sottosegretaria Ilaria Borletti Buitoni) di affidare Pompei ad una fondazione di diritto privato: e se il Parlamento non la stravolgerà (e soprattutto se il Direttore Generale sarà scelto tra i ranghi del Mibac), la struttura che il Decreto Valore Cultura prevede per Pompei ha tutte le carte in regola per funzionare.
Ma, soprattutto, Bray è il primo ministro dei Beni culturali che io abbia visto difendere la dignità dello Stato, e combattere per applicare l’articolo 9 della Costituzione. Ce li avreste visti Bondi, Galan o Ornaghi a dichiarare (come Bray ha fatto il 6 agosto) che: «Sul rapporto tra pubblico e privato la mia idea è che ci vogliano regole chiare, voglio fissare nuove regole. L’obiettivo non deve essere quello di un ritorno commerciale, sono contrarissimo a interventi privati al solo fine del business»?
Sia chiaro, non è che voglio Bray «santo subito»: ma credo che la stessa forza necessaria a denunciare ciò che non va, vada anche impiegata nell’incoraggiare ciò che potrebbe funzionare. Perché l’obiettivo non è mai la denuncia fine a se stessa: l’unico vero obiettivo (almeno il mio) è cambiare radicalmente lo stato presente delle cose.
Il terzo motivo per cui ho accettato questa nomina (che non comporta retribuzione) è che nella commissione stessa non mancano persone che hanno idee chiare e condivisibili sui mali che affliggono il Ministero, e sulle cure necessarie. Ovviamente ora non so dire se la commissione stessa riuscirà nel suo intento. Lo vedremo (entro il 31 ottobre, quando il lavoro dovrà esser concluso): è uno dei casi in cui per sapere com’è il budino, è necessario mangiarlo.
Il quarto motivo è che, contemporaneamente, Bray ha nominato una commissione per la manutenzione del Codice dei Beni culturali presieduta da Salvatore Settis, e composta da persone di primissimo ordine.
Infine, poiché il ministro Bray ha letto molte delle cose che ho scritto (anche quelle per cui il suo pessimo predecessore Ornaghi mi aveva fatto querelare), non … potrà dire di non essere stato avvertito!
Sono sicuro che non ci annoieremo.
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".