Usa e Gran Bretagna si preparano a un intervento come in Kosovo, la Siria nega l’uso di armi chimiche e fa sapere che si difenderà con ogni mezzo e l’Italia, tramite il ministro degli Esteri Emma Bonino, informa che non parteciperà senza l’ok dell’Onu. Secondo l’agenzia Reuters “l’opposizione siriana ha consegnato alle potenze occidentali una lista di possibili obiettivi per l’attacco”. Una serie di attacchi limitati potrebbero essere lanciati “a partire da giovedì” secondo una fonte dell’amministrazione Usa riportata dalla Nbc. “Tre giorni di raid” sarebbero limitati nell’obiettivo e mirati a mandare un messaggio al regime di Damasco. Dalla Casa Bianca però fanno sapere che Obama ancora non ha deciso. Anche se un alto funzionario del Pentagono a Fox News rivela che l’attacco “non è una questione di se, ma di quando”. L’Amministrazione Obama, secondo l’emittente, oggi intenderebbe rendere pubblici dei documenti relativi al presunto attacco con armi chimiche. Che, secondo l’opposizione al regime, sarebbe stato condotto “con bombe al fosforo e napalm”. “Le opzioni che gli Stati Uniti stanno considerando non riguardano un cambio del regime in Siria e non prevedono l’invio di truppe di terra” afferma il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Che sottolinea come gli Usa vedono per la Siria un futuro senza Bashar al-Assad.
Usa hanno chiesto a Grecia di utilizzare base, Cameron richiama Parlamento. Mentre i media rilanciano le voci circa l’opzione che il presidente Usa Barack Obama starebbe valutando – un attacco limitato di “non più di due giorni” con missili lanciati da navi da guerra nel Mediterraneo – il quotidiano ateniese Kathimerini riferisce che Washington ha chiesto alla Grecia, alleato della Nato, di concedere alle unità della Marina Usa e agli aerei dell’Air Force di transitare sul territorio ellenico e l’utilizzo della base militare Usa di Souda Bay, sulla costa nord-occidentale dell’isola di Creta, e di quella dell’aviazione greca a Kalamata, nel Peloponneso. Un intervento da portare a termine anche senza il via libera dell’Onu, dato il veto certo della Russia. E proprio il sicuro no di Mosca ha spinto gli Stati Uniti ad annullare il vertice bilaterale tra i due Paesi. Dall’altra parte dell’Atlantico le forze armate britanniche stanno preparando dei piani di emergenza per un intervento militare. Domani, a Londra, il primo ministro britannico, David Cameron, prenderà parte ad una sessione del Consiglio di Sicurezza Nazionale, cui parteciperanno anche esponenti militari. Ed è previsto che il governo britannico convochi il parlamento in anticipo, prima della fine della pausa estiva, giovedì 29 agosto. Anche secondo il premier inglese David Cameron, però, “la comunità internazionale deve rispondere” al presunto attacco chimico, come ha fatto sapere un portavoce di Downing Street. L’Iran spinge però verso una soluzione politica e si augura che i “leader europei” prendano “sagge decisioni” evitando l’attacco che, spiegano da Teheran, avrebbe “gravi conseguenze” in “tutta la regione mediorientale”. La Francia non ha nessun dubbio sul fatto che un attacco chimico sia avvenuto in Siria e che sia stato sferrato dalle forze di Assad. Fonti diplomatiche di Parigi, aggiungono che “è inaccettabile” e “la Francia non verrà meno alle sue responsabilità per rispondere”. ”L’attacco chimico su Damasco non può restare senza risposta” e la Francia è “pronta a punire chi ha preso la decisione di colpire col gas degli innocenti” ha affermato il presidente François Hollande. Il Consiglio di Difesa francese si riunirà mercoledì.
La tempistica dell’attacco – afferma il Washington Post – dipenderebbe da tre fattori: il completamento del rapporto dell’intelligence che determini la colpevolezza del regime di Assad, le consultazioni con gli alleati e il Congresso e una giustificazione a intervenire in base alla legge internazionale. Gli avvocati dell’amministrazione starebbero infatti esaminando una possibile giustificazione legale sulla base della violazione delle norme internazionali che vietano l’uso di armi chimiche o una richiesta di assistenza da parte di uno stato vicino, come la Turchia. Nei prossimi giorni le agenzie di intelligence rappresenteranno informazioni che sostengono la tesi dell’uso di gas da parte del governo di Assad, incluse intercettazioni radio e telefoniche fra i comandanti dell’esercito siriano. “Un’azione militare – afferma la stampa americana citando fonti – potrebbe essere ancora evitata in caso di un dietro front del governo di Assad e del governo russo che lo appoggia. Ma le attese che questo possa accadere sono basse”.
Damasco nega l’uso di armi chimiche: “Non saremo un facile boccone”. Il governo siriano “non ha fatto uso di armi chimiche. Lo smentisco categoricamente” dichiara il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Muallim, respingendo le accuse contro il regime di aver utilizzato armi chimiche contro l’opposizione a Ghouta, sobborgo a est di Damasco. “Nessun Paese al mondo utilizzerebbe armi di distruzione di massa contro il proprio popolo – afferma Muallim – Sfido chiunque a dimostrare davanti all’opinione pubblica con una prova anche minima che l’esercito siriano abbia utilizzato armi chimiche” contro l’opposizione. Per il ministro un eventuale attacco non fermerà le sue operazioni militari contro i ribelli: “Se pensano di potere impedire in questo modo la vittoria delle nostre forze armate, si sbagliano. Nel caso di attacco noi abbiamo due opzioni: la resa o difenderci con ogni mezzo. Noi sceglieremo la seconda possibilità. Non saremo un boccone facile. Abbiamo mezzi di difesa che sorprenderanno il mondo”. In un’intervista all’emittente al-Manar il ministro dell’Informazione di Damasco, Omran al-Zoubi nega che la Siria abbia utilizzato armi chimiche e ha aggiunto che “gli Usa non ne hanno alcuna prova”. Nel caso gli ispettori Onu al contrario potessero dimostrarne l’utilizzo, la responsabilità cadrebbe sulle “bande terroriste”, termine con cui il regime si riferisce ai ribelli. “Qualsiasi aggressione alla Siria è illegittima”, ha precisato al-Zoubi, aggiungendo che “il team Onu incaricato di indagare sull’uso di armi chimiche in Siria non ha ancora completato la sua missione e non ha redatto un rapporto in merito. I siriani – ha concluso – non hanno altra scelta che difendere il loro Paese”.
Sull’ipotesi di un attacco americano, il portavoce iraniano, Abbas Araqchi, ha precisato che le “gravi conseguenze” sarebbero provocate da “qualsiasi azione militare” contro la Siria e ha sottolineato che questo è il momento di essere cauti per evitare che la situazione vada “fuori controllo”: uno sviluppo, ha detto il portavoce iraniano, “che speriamo non accada”. Teheran comunque, ha annunciato Araqchi, farà “del suo meglio” per evitare un conflitto e “speriamo che tutti tornino indietro” alla ricerca di una “soluzione politica”. Intanto l’Egitto mette in guardia contro nuovi spargimenti di sangue come in “Libia, Iraq e Afghanistan, e invita le parti alla saggezza e a trovare una soluzione politica al conflitto in Siria.
Dopo l’attacco di ieri in Siria al team di ispettori sulle armi chimiche dell’Onu “una valutazione globale” ha stabilito che la visita prevista ad un nuovo sito “deve essere rinviata di un giorno, al fine di migliorare la preparazione e la sicurezza per la squadra”. Lo afferma una nota pubblicata dalle Nazioni Unite. “Considerando la complessità del sito – prosegue la nota – la conferma di accesso non è stata ottenuta, ma è attesa più tardi in giornata”.