Nella “guerra” tra diplomazie sul possibile intervento occidentale in Siria arriva anche quello che sembra essere un avvertimento del vice ministro degli esteri siriano Faisal Maqdad. L’esponente di governo ha accusato Londra e Parigi di aver aiutato“i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l‘Europa. Parlando con i giornalisti all’Hotel Four Seasons di Damasco, Faysal al Miqdad ha detto di aver presentato agli ispettori dell’Onu le prove che “gruppi di terroristi armati” hanno usato il gas sarin in tutti i siti dei presunti attacchi. “Ripetiamo che sono stati i gruppi terroristi ad usarle (le armi chimiche) con l’aiuto degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia e questo deve finire”, ha precisato, aggiungendo: “Questo vuol dire che queste armi chimiche presto saranno usate dagli stessi gruppi contro il popolo d’Europa”
Ma l’ordine di usare armi chimiche, che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco, potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad, secondo un funzionario delle Nazioni Unite impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente. Maher al Assad è a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corrazzata, una unità scelta dell’esercito siriano che secondo l’opposizione avrebbe lanciato l’attacco del 21 agosto. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.
Intanto gli ambasciatori dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia) si sono riuniti a New York per esaminare la bozza di risoluzione britannica sulla crisi delle armi chimiche in Siria in cui si chiede “l’autorizzazione a tutte le misure necessarie per proteggere i civili”. ”Anche se l’Onu fallisce nel tentativo di trovare l’accordo su un’azione in Siria, ci vuole comunque una risposta” ha aggiunto il ministro degli Esteri britannico William Hague. Ma la Gran Bretagna non avrebbe intenzione di agire al di fuori dei confini tracciati dall’Onu, e nella riunione l’ “intransigenza russa” starebbe bloccando ogni “azione significativa”, come riferito dal portavoce americano Marie Harf. E anche negli Stati Uniti starebbe crescendo lo scetticismo su un intervento senza l’ok dell’Onu: “L’uso della forza in un caso come questo può essere politicamente giustificato. Può essere la cosa giusta. Ma non sarebbe legale senza il sì del Consiglio di Sicurezza”, ha detto l’ex avvocato del Dipartimento di Stato David Kaye.
Per quel che riguarda l’Italia, invece, se anche ci fosse il via libera dell’Onu per un intervento in Siria, non scatterebbe “nessun automatismo” ma si aprirebbe uno “scenario di legalità internazionale ad oggi totalmente inesistente” che aprirebbe la strada ad un “serio dibattito in Parlamento”. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, intervistata a Radio anch’io, ribadisce quanto detto ieri (“Un intervento militare in Siria senza la copertura del Consiglio di sicurezza dell’Onu non è praticabile”) , ma precisa che “non sarebbe automatico” per l’Italia “concedere le basi o intervenire”. In ogni caso, sottolinea, “non devono esserci ambiguità o dubbi sulla posizione del governo: l’attacco sarebbe un ultimo episodio che si aggiunge a una catena di episodi efferati, e non solo del regime. Ma in ogni caso implica una condanna senza mezzi termini“.
Possibilista sulla soluzione diplomatica anche il titolare della Difesa Mario Mauro: “Sì, è ancora possibile scongiurare un’involuzione di tipo militare”. Londra a Parigi spingono per l’azione militare ma il ministro, in un’intervista a L’Avvenire invita alla cautela. “Ci vuole – sottolinea – una prudenza estrema, bisogna pensarci milioni di volte prima di dare il via ad azioni militari. Il caso Siria va gestito con equilibrio”. Mauro indica la strada di una “soluzione politica” della grave crisi siriana e rilancia la linea dell’esecutivo: “L’Italia non prenderà parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. “E anche se si dovesse arrivare a una risoluzione nelle Nazioni unite – spiega il ministro ribadendo quanto detto da Emma Bonino – l’Italia resterebbe fuori dalla Siria”. Sulla piattaforma Change.org è stato lanciato un appello contro un intervento militare perché “non porterà soluzioni, ma un crescendo di lutti e disastri. L’Italia si metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si chiami fuori da questa guerra, chiunque decida di farla”. Tra i firmatari anche Stefano Rodotà, Maurizio Landini, Cecilia Strada, Stefano Corradino e Carlo Freccero.
Anche Palazzo Chigi interviene nuovamente. “L’utilizzo di armi chimiche ai danni della popolazione civile siriana” è un “atto che ripugna la coscienza del popolo italiano e che si configura come crimine contro l’umanità“; è una “inaccettabile violazione” del diritto internazionale ed i responsabili dovranno essere sottoposti alla giustizia internazionale”. Il governo italiano ha ribadito agli alleati Usa ed europei la posizione “espressa in Parlamento” sulla Siria e chiede che l’attività degli ispettori dell’Onu “possa procedere con la massima libertà e celerità”. Intanto l’ambasciatore siriano all’Onu ha chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki moon di incaricare “immediatamente” gli ispettori in Siria di un’inchiesta su tre nuovi presunti attacchi di ribelli sull’esercito di Damasco.
Usa e Gran Bretagna – Sul fronte americano, come riporta il Washington Post, l’amministrazione Obama potrebbe rendere noto il rapporto dell’intelligence americana che proverebbe la responsabilità del regime di Assad nell’uso di armi chimiche il 21 agosto già giovedì 29 agosto. Un fatto “inaccettabile” per il segretario generale della Nato Hans Fogh Rasmussen che “non può rimanere senza risposta”. A compilare il dossier è l’Office of the director of national intelligence. Il report è uno degli ultimi passi prima di una decisione da parte del presidente americano Barack Obama su un possibile attacco contro la Siria. Di fatto, il vice ministro degli Esteri siriano Faysal al Miqdad ha dichiarato che il 21 agosto scorso sono state usate armi chimiche, ma solo dall’opposizione armata. E ha precisato che il rapporto completo è stato già inviato alle Nazioni Unite. Maqdad ha inoltre aggiunto che Londra e Parigi hanno aiutato “i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l’Europa.
Secondo un funzionario dell’Onu impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente, l’ordine di usare armi chimiche che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad. È a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corazzata, una unità di elite dell’esercito siriano. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.
La tempistica del rapporto dell’intelligence Usa dipende anche dalle consultazioni in corso con gli alleati e il Congresso, oltre che alla sicurezza degli esperti dell’Onu che stanno indagando in Siria e che, ha detto Ban Ki-moon, hanno bisogno di quattro giorni per concludere le loro indagini e ulteriore tempo per analizzarne i risultati. Inviati a Damasco, hanno ripreso i loro sopralluoghi nei siti colpiti dagli attacchi chimici, come riferisce la Bbc. Le operazioni della squadra erano state sospese ieri per la mancanza di condizioni di sicurezza idonee, mentre lunedì 26 agosto uno dei veicoli su cui viaggiavano gli ispettori era stato preso di mira da alcuni cecchini.
Come anticipato dalla Nbc, sono previsti raid limitati a partire giovedì. Tuttavia, Imad Salamey, professore di Scienze politiche alla Lebanese American University e tra i maggiori analisti degli sviluppi in Siria e Libano, ha dichiarato all’Ansa che un attacco limitato servirà solo a”rafforzare il regime”, che “ne uscirà da eroe”. Se al contrario l’Occidente vuole intervenire in Siria, prosegue, lo deve fare con un’azione prolungata nel tempo a difesa della popolazione civile, con l’istituzione di una ‘no-fly zone’. Tuttavia, ha garantito una fonte dell’aministrazione Usa all’agenzia Bloomberg mentre in Consiglio di Sicurezza è cominciato l’iter della risoluzione britannica, che un’eventuale rappresaglia per l’uso delle armi chimiche non sarà limitata a un solo giorno.
Intanto la Gran Bretagna, ha scritto in un tweet David Cameron, intende presentare in giornata una proposta di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, oggi in giornata, di condanna per l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano e per chiedere l’autorizzazione per prendere le “misure adeguate per la protezione dei civili” in Siria. Cameron – che sull’edizione di oggi dell’Independent è stato definito in prima pagina “L’erede di Blair”, con chiaro riferimento alle guerre “preventive” – ha ceduto alle pressioni provenienti dai liberaldemocratici in coalizione e dai laburisti all’opposizione, esprimendo così una posizione più “moderata” rispetto a quella degli Stati Uniti.
Inoltre il segretario Onu Ban Ki-moon, all’Aja per le celebrazioni del centesimo anniversario del ‘Palazzo della Pace’, edificio simbolo della Pace e della Giustizia nel mondo, ha rivolto un appello ai membri del Consiglio di sicurezza ad “agire per la pace” a Damasco. “Il Consiglio – ha detto – si deve unire allo scopo di agire per la pace” affermando anche che “abbiamo raggiunto il momento più grave del conflitto”.
E alla vigilia della resa dei conti con il regime di Assad, hacker siriani potrebbero già aver iniziato una loro “guerra”, attaccando, con colpo propagandistico di tutto rispetto, i siti del New York Times e di altri giornali Usa. Il sito web del prestigioso quotidiano newyorkese è infatti entrato in panne per la seconda volta in un mese e una portavoce del quotidiano ha attribuito il guasto di oggi a un attacco “malizioso” dall’esterno. Secondo esperti informatici, il black out sarebbe da attribuire al Syrian electonic army (Sea), un gruppo di pirati siriani già sospettati di un simile cyberattacco il 15 agosto al sito del Washington Post. Poi in serata hanno denunciato intrusioni simili anche l’Huffington Post e Usa Today.
Iran – Oggi la militante agenzia iraniana Fars, vicina al Corpo d’elite dei Pasdaran, ha riportato una “alta fonte delle forze armate siriane” per avvertire gli Usa e i suoi partner che osare una vera guerra contro la Siria scatenerà un immediato contrattacco a Tel Aviv da parte di Damasco e i suoi alleati. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, avrebbe detto la fonte anonima alla Fars. In merito all’eventuale attacco interviene anche la Guida suprema iraniana Ali Khamenei che, nel mettere in guardia dalle imprevedibili ripercussioni di un attacco militare statunitense contro Damasco, sostiene che la prospettiva di un intervento straniero non è altro che “bellicismo” e sarebbe “un disastro per la regione” mediorientale. Infatti, ha aggiunto, “la regione – ha precisato Khamenei – è come una polveriera e il futuro non può essere previsto”.
Khamenei inoltre, durante un incontro a Teheran con il sultano dell’Oman, Qaboos bin Said e secondo quanto riportato dall’agenzia Fars, ha sottolineato che “la principale causa dello status quo in Medio Oriente è l’ingerenza dei Paesi situati all’esterno della regione”. Il superamento della linea rossa avrebbe “gravi conseguenze” anche per il generale Masoud Jazayeri, membro dei vertici militari iraniani, parlando con l’agenzia Fars. Il monito di Jazayeri è una risposta alle recenti dichiarazioni dei vertici militari Usa su un possibile intervento armato in Siria dopo le accuse al regime di Damasco riguardo al presunto uso di armi chimiche nel conflitto con i ribelli. In merito alle “imprevedibili” ripercussioni, interviene il ministro della difesa israeliano Moshè Yaalon: “Tutti coloro che cercheranno dimetterci alla prova – dice -, andranno incontro alla potenza di Israele. Di fronte alla tempesta, lo spirito dell’esercito israeliano – ha spiegato Yaalon citato dai media – non è certo meno forte”.
Mondo
Guerra in Siria, vice ministro Damasco: “Terroristi colpiranno Europa con i gas”
Gli ambasciatori dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia) riuniti a New York per esaminare la bozza di risoluzione britannica sulla crisi delle armi chimiche in Siria. Ma in Usa cresce scetticismo su intervento senza l'ok delle Nazioni Unite, e la riunione è bloccata dall'"intransigenza russa". Per i ministri italiani di Difesa e Esteri si può ancora "scongiurare un’involuzione di tipo militare"
Nella “guerra” tra diplomazie sul possibile intervento occidentale in Siria arriva anche quello che sembra essere un avvertimento del vice ministro degli esteri siriano Faisal Maqdad. L’esponente di governo ha accusato Londra e Parigi di aver aiutato“i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l‘Europa. Parlando con i giornalisti all’Hotel Four Seasons di Damasco, Faysal al Miqdad ha detto di aver presentato agli ispettori dell’Onu le prove che “gruppi di terroristi armati” hanno usato il gas sarin in tutti i siti dei presunti attacchi. “Ripetiamo che sono stati i gruppi terroristi ad usarle (le armi chimiche) con l’aiuto degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia e questo deve finire”, ha precisato, aggiungendo: “Questo vuol dire che queste armi chimiche presto saranno usate dagli stessi gruppi contro il popolo d’Europa”
Ma l’ordine di usare armi chimiche, che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco, potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad, secondo un funzionario delle Nazioni Unite impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente. Maher al Assad è a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corrazzata, una unità scelta dell’esercito siriano che secondo l’opposizione avrebbe lanciato l’attacco del 21 agosto. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.
Intanto gli ambasciatori dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia) si sono riuniti a New York per esaminare la bozza di risoluzione britannica sulla crisi delle armi chimiche in Siria in cui si chiede “l’autorizzazione a tutte le misure necessarie per proteggere i civili”. ”Anche se l’Onu fallisce nel tentativo di trovare l’accordo su un’azione in Siria, ci vuole comunque una risposta” ha aggiunto il ministro degli Esteri britannico William Hague. Ma la Gran Bretagna non avrebbe intenzione di agire al di fuori dei confini tracciati dall’Onu, e nella riunione l’ “intransigenza russa” starebbe bloccando ogni “azione significativa”, come riferito dal portavoce americano Marie Harf. E anche negli Stati Uniti starebbe crescendo lo scetticismo su un intervento senza l’ok dell’Onu: “L’uso della forza in un caso come questo può essere politicamente giustificato. Può essere la cosa giusta. Ma non sarebbe legale senza il sì del Consiglio di Sicurezza”, ha detto l’ex avvocato del Dipartimento di Stato David Kaye.
Per quel che riguarda l’Italia, invece, se anche ci fosse il via libera dell’Onu per un intervento in Siria, non scatterebbe “nessun automatismo” ma si aprirebbe uno “scenario di legalità internazionale ad oggi totalmente inesistente” che aprirebbe la strada ad un “serio dibattito in Parlamento”. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, intervistata a Radio anch’io, ribadisce quanto detto ieri (“Un intervento militare in Siria senza la copertura del Consiglio di sicurezza dell’Onu non è praticabile”) , ma precisa che “non sarebbe automatico” per l’Italia “concedere le basi o intervenire”. In ogni caso, sottolinea, “non devono esserci ambiguità o dubbi sulla posizione del governo: l’attacco sarebbe un ultimo episodio che si aggiunge a una catena di episodi efferati, e non solo del regime. Ma in ogni caso implica una condanna senza mezzi termini“.
Possibilista sulla soluzione diplomatica anche il titolare della Difesa Mario Mauro: “Sì, è ancora possibile scongiurare un’involuzione di tipo militare”. Londra a Parigi spingono per l’azione militare ma il ministro, in un’intervista a L’Avvenire invita alla cautela. “Ci vuole – sottolinea – una prudenza estrema, bisogna pensarci milioni di volte prima di dare il via ad azioni militari. Il caso Siria va gestito con equilibrio”. Mauro indica la strada di una “soluzione politica” della grave crisi siriana e rilancia la linea dell’esecutivo: “L’Italia non prenderà parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. “E anche se si dovesse arrivare a una risoluzione nelle Nazioni unite – spiega il ministro ribadendo quanto detto da Emma Bonino – l’Italia resterebbe fuori dalla Siria”. Sulla piattaforma Change.org è stato lanciato un appello contro un intervento militare perché “non porterà soluzioni, ma un crescendo di lutti e disastri. L’Italia si metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si chiami fuori da questa guerra, chiunque decida di farla”. Tra i firmatari anche Stefano Rodotà, Maurizio Landini, Cecilia Strada, Stefano Corradino e Carlo Freccero.
Anche Palazzo Chigi interviene nuovamente. “L’utilizzo di armi chimiche ai danni della popolazione civile siriana” è un “atto che ripugna la coscienza del popolo italiano e che si configura come crimine contro l’umanità“; è una “inaccettabile violazione” del diritto internazionale ed i responsabili dovranno essere sottoposti alla giustizia internazionale”. Il governo italiano ha ribadito agli alleati Usa ed europei la posizione “espressa in Parlamento” sulla Siria e chiede che l’attività degli ispettori dell’Onu “possa procedere con la massima libertà e celerità”. Intanto l’ambasciatore siriano all’Onu ha chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki moon di incaricare “immediatamente” gli ispettori in Siria di un’inchiesta su tre nuovi presunti attacchi di ribelli sull’esercito di Damasco.
Usa e Gran Bretagna – Sul fronte americano, come riporta il Washington Post, l’amministrazione Obama potrebbe rendere noto il rapporto dell’intelligence americana che proverebbe la responsabilità del regime di Assad nell’uso di armi chimiche il 21 agosto già giovedì 29 agosto. Un fatto “inaccettabile” per il segretario generale della Nato Hans Fogh Rasmussen che “non può rimanere senza risposta”. A compilare il dossier è l’Office of the director of national intelligence. Il report è uno degli ultimi passi prima di una decisione da parte del presidente americano Barack Obama su un possibile attacco contro la Siria. Di fatto, il vice ministro degli Esteri siriano Faysal al Miqdad ha dichiarato che il 21 agosto scorso sono state usate armi chimiche, ma solo dall’opposizione armata. E ha precisato che il rapporto completo è stato già inviato alle Nazioni Unite. Maqdad ha inoltre aggiunto che Londra e Parigi hanno aiutato “i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l’Europa.
Secondo un funzionario dell’Onu impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente, l’ordine di usare armi chimiche che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad. È a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corazzata, una unità di elite dell’esercito siriano. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.
La tempistica del rapporto dell’intelligence Usa dipende anche dalle consultazioni in corso con gli alleati e il Congresso, oltre che alla sicurezza degli esperti dell’Onu che stanno indagando in Siria e che, ha detto Ban Ki-moon, hanno bisogno di quattro giorni per concludere le loro indagini e ulteriore tempo per analizzarne i risultati. Inviati a Damasco, hanno ripreso i loro sopralluoghi nei siti colpiti dagli attacchi chimici, come riferisce la Bbc. Le operazioni della squadra erano state sospese ieri per la mancanza di condizioni di sicurezza idonee, mentre lunedì 26 agosto uno dei veicoli su cui viaggiavano gli ispettori era stato preso di mira da alcuni cecchini.
Come anticipato dalla Nbc, sono previsti raid limitati a partire giovedì. Tuttavia, Imad Salamey, professore di Scienze politiche alla Lebanese American University e tra i maggiori analisti degli sviluppi in Siria e Libano, ha dichiarato all’Ansa che un attacco limitato servirà solo a”rafforzare il regime”, che “ne uscirà da eroe”. Se al contrario l’Occidente vuole intervenire in Siria, prosegue, lo deve fare con un’azione prolungata nel tempo a difesa della popolazione civile, con l’istituzione di una ‘no-fly zone’. Tuttavia, ha garantito una fonte dell’aministrazione Usa all’agenzia Bloomberg mentre in Consiglio di Sicurezza è cominciato l’iter della risoluzione britannica, che un’eventuale rappresaglia per l’uso delle armi chimiche non sarà limitata a un solo giorno.
Intanto la Gran Bretagna, ha scritto in un tweet David Cameron, intende presentare in giornata una proposta di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, oggi in giornata, di condanna per l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano e per chiedere l’autorizzazione per prendere le “misure adeguate per la protezione dei civili” in Siria. Cameron – che sull’edizione di oggi dell’Independent è stato definito in prima pagina “L’erede di Blair”, con chiaro riferimento alle guerre “preventive” – ha ceduto alle pressioni provenienti dai liberaldemocratici in coalizione e dai laburisti all’opposizione, esprimendo così una posizione più “moderata” rispetto a quella degli Stati Uniti.
Inoltre il segretario Onu Ban Ki-moon, all’Aja per le celebrazioni del centesimo anniversario del ‘Palazzo della Pace’, edificio simbolo della Pace e della Giustizia nel mondo, ha rivolto un appello ai membri del Consiglio di sicurezza ad “agire per la pace” a Damasco. “Il Consiglio – ha detto – si deve unire allo scopo di agire per la pace” affermando anche che “abbiamo raggiunto il momento più grave del conflitto”.
E alla vigilia della resa dei conti con il regime di Assad, hacker siriani potrebbero già aver iniziato una loro “guerra”, attaccando, con colpo propagandistico di tutto rispetto, i siti del New York Times e di altri giornali Usa. Il sito web del prestigioso quotidiano newyorkese è infatti entrato in panne per la seconda volta in un mese e una portavoce del quotidiano ha attribuito il guasto di oggi a un attacco “malizioso” dall’esterno. Secondo esperti informatici, il black out sarebbe da attribuire al Syrian electonic army (Sea), un gruppo di pirati siriani già sospettati di un simile cyberattacco il 15 agosto al sito del Washington Post. Poi in serata hanno denunciato intrusioni simili anche l’Huffington Post e Usa Today.
Iran – Oggi la militante agenzia iraniana Fars, vicina al Corpo d’elite dei Pasdaran, ha riportato una “alta fonte delle forze armate siriane” per avvertire gli Usa e i suoi partner che osare una vera guerra contro la Siria scatenerà un immediato contrattacco a Tel Aviv da parte di Damasco e i suoi alleati. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, avrebbe detto la fonte anonima alla Fars. In merito all’eventuale attacco interviene anche la Guida suprema iraniana Ali Khamenei che, nel mettere in guardia dalle imprevedibili ripercussioni di un attacco militare statunitense contro Damasco, sostiene che la prospettiva di un intervento straniero non è altro che “bellicismo” e sarebbe “un disastro per la regione” mediorientale. Infatti, ha aggiunto, “la regione – ha precisato Khamenei – è come una polveriera e il futuro non può essere previsto”.
Khamenei inoltre, durante un incontro a Teheran con il sultano dell’Oman, Qaboos bin Said e secondo quanto riportato dall’agenzia Fars, ha sottolineato che “la principale causa dello status quo in Medio Oriente è l’ingerenza dei Paesi situati all’esterno della regione”. Il superamento della linea rossa avrebbe “gravi conseguenze” anche per il generale Masoud Jazayeri, membro dei vertici militari iraniani, parlando con l’agenzia Fars. Il monito di Jazayeri è una risposta alle recenti dichiarazioni dei vertici militari Usa su un possibile intervento armato in Siria dopo le accuse al regime di Damasco riguardo al presunto uso di armi chimiche nel conflitto con i ribelli. In merito alle “imprevedibili” ripercussioni, interviene il ministro della difesa israeliano Moshè Yaalon: “Tutti coloro che cercheranno dimetterci alla prova – dice -, andranno incontro alla potenza di Israele. Di fronte alla tempesta, lo spirito dell’esercito israeliano – ha spiegato Yaalon citato dai media – non è certo meno forte”.
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Roma, 8 mar. (Adnkronos) - Piero Chiambretti prende il largo su Rai3. Il conduttore torna sulla terza rete Rai da lunedì con una striscia in access prime time tutta nuova, 'Finché la barca va', in onda da una barca in movimento sul Tevere. "Mollo gli ormeggi per viaggiare sul fiume che ha dato i natali a Roma, tra passato, presente e futuro", dice Chiambretti in un'intervista all'Adnkronos. La nuova trasmissione va in onda alle 20.15, in una collocazione che il Piero nazionale ha già frequentato con successo nei primi anni '90 con 'Il portalettere': "Per due anni, nel 1991 e nel 1992, andavo prima di 'Blob', ora vado subito dopo. Non è una collocazione facile, con i maggiori tg nazionali in onda. Ma non abbiamo l'ambizione di fare concorrenza all'informazione battente, piuttosto di offrire un'alternativa affascinante", sottolinea.
In ogni puntata, Chiambretti inviterà a bordo "un ospite, un personaggio del giornalismo, della cultura, della politica, dello sport, del costume o dello spettacolo per dialogare, immersi nella bellezza di questa Roma da cartolina, e interrogarsi su dove stiamo andando e in che acque stiamo navigando, tenendo ben presente che siamo tutti sulla stessa barca", ironizza. Della barca Chiambretti sarà "l'armatore, ma all'occorrenza anche il mozzo", accompagnato da un vero equipaggio composto dal comandante e dai marinai: "Ma non avremo le magliette a righe orizzontali, quelle - scherza - le lasciamo a Marzullo. L'equipaggio sarà però vestito di blu e bianco, come nelle migliori tradizioni marinare", assicura. "Quando il meteo ce lo consentirà staremo all'aperto sul ponte. Ma siccome lunedì è prevista un'alluvione potremmo anche stare all'interno. La barca è ben arredata e illuminata. Facendo le prove in questi giorni e passando sotto 6-7 ponti del centro di Roma abbiamo già ricevuto grida festose ed appelli di ogni tipo. Quindi contiamo anche sul pubblico dei passanti fluviali", ride.
L'idea del programma "è nata più di cinque anni fa - racconta Chimabretti - e sono anche emozionato nel vederla finalmente in tv, con tutti i pregi e i difetti di una cosa mai realizzata. Un'idea che unisce l'utile al dilettevole: il piacere di vedere da un punto d'osservazione privilegiato e inusuale una Roma di notte o all'imbrunire (e infatti il programma andrà in onda anche su Rai Italia, il canale Rai per l'estero, ndr.) e il panta rei di Eraclito". La scelta del fiume è legata proprio a questo, "perché non solo tutto scorre ma tutto si modifica: sulla barca parleremo della relatività e della precarietà del viaggio su questa terra, dove la mutevolezza e la velocità cambiano continuamente la nostra posizione e il nostro punto di vista. Ce l'hanno dimostrato anche gli ultimi anni, giorni, ore. La velocità con cui la guerra ha preso quota, poi si è trasformata in un'altra, poi lo sberleffo, poi le scuse, poi armiamoci e poi facciamo la pace. È un continuo andare e venire...", sottolinea riferendosi all'attualità geopolitica in fermento, tra Usa, Russia, Ucraina ed Europa.
In questo clima di trasformazioni repentine, anche il festival di Sanremo non è più una certezza per la Rai, stretto tra una sentenza del Tar e una gara d'appalto: "Se il festival non dovesse più essere fatto a Sanremo propongo che lo si sposti a Roma e lo si chiami San Pietro, che è l'arbitro di tutti i santi", è la soluzione di Chiambretti che però non trascura di fare un endorsement a Torino, la sua città: "Siamo prontissimi. In quel caso però si potrebbe chiamare San Piero?"
Infine una battuta sull'impatto con la Roma giubilare, visto che il programma impone al conduttore una lunga residenza romana: "Ma non ho visto grandi cambiamenti. Ho trovato il solito traffico, la solita matriciana e anche la solita simpatia dei tassisti. Per ora sul fiume non ho visto nutrie. Ma vorrei dedicare una miniserie alla fauna fluviale all'interno del programma, una minifiction che si chiamerà 'Toponomastica'...", conclude sorridendo. (di Antonella Nesi)
Washington, 8 mar. (Adnkronos) - E' stata eseguita tramite fucilazione la condanna a morte di Brad Keith Sigmon, che aveva scelto il plotone di esecuzione alla sedia elettrica e all'iniezione letale, i metodi adottati dalla South Carolina per le pene capitali. La Corte Suprema dello Stato aveva rifiutato l'ultima richiesta di sospensione dell'esecuzione, la prima tramite fucilazione eseguita negli Stati Uniti in 15 anni.
Il legale dell'uomo, condannato a morte per l'omicidio dei genitori della sua ex fidanzata con una mazza da baseball, ha spiegato al Washington Post che il suo assistito ha scelto il plotone di esecuzione perché "ha paura" ed è preoccupato per le possibili sofferenze provocate dall'iniezione letale, il cui procedimento, ha aggiunto il legale, viene "tenuto segreto".
Secondo quanto riferiscono i media americani, un plotone di esecuzione di tre agenti ha sparato all'uomo da una distanza di circa 4,6 metri all'interno del Broad River Correctional Institution nella capitale dello stato Columbia.
I giornalisti che hanno assistito all'esecuzione da dietro un vetro antiproiettile hanno affermato che Sigmon indossava una tuta nera con un piccolo bersaglio rosso fatto di carta o stoffa sul cuore. In una dichiarazione finale letta dal suo avvocato, Gerald King, Sigmon ha dichiarato di voler inviare un messaggio di "amore e un invito ai miei fratelli cristiani ad aiutarci a mettere fine alla pena di morte".
Al condannato è stato quindi messo in testa un cappuccio e circa due minuti dopo il plotone di esecuzione, composto da volontari del South Carolina Department of Corrections, ha sparato attraverso fessure in un muro.
Da quando è stata reintrodotta la pena di morte negli Usa nel 1976 sono state eseguite solo tre condanne a morte per fucilazione, tutte nello Utah, nel 1977, nel 1996 e nel 2000.
Ottawa, 8 mar. (Adnkronos) - Almeno 12 persone sono rimaste ferite in una sparatoria a Toronto, in Canada. Lo ha reso noto la polizia, precisando che quattro delle vittime non hanno riportato ferite mortali, mentre non è nota al momento l'entità delle ferite delle altre persone rimaste coinvolte.
La polizia di Toronto ha affermato che il sospettato "indossava un passamontagna nero", è stato visto "fuggire a bordo di macchina argentata" ed è ancora ricercato. La sparatoria è avvenuta in un pub a Scarborough, un quartiere di Toronto.
"Sono profondamente turbata dalle notizie di una sparatoria in un pub di Scarborough. Ho parlato con (il capo della polizia di Toronto Myron, ndr) Demkiw e mi ha assicurato che sono state impiegate tutte le risorse necessarie. C'è un'indagine in corso: la polizia fornirà ulteriori dettagli", ha commentato la sindaca di Toronto, Olivia Chow.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Lo scontro tra governo e toghe si arricchisce di un nuovo round, a pochi giorni dall'incontro tra la premier Giorgia Meloni e i vertici dell'Anm sulla riforma della separazione delle carriere. E questa volta il casus belli è la sentenza con cui la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da alcuni migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018, dopo essere stati soccorsi in mare.
Ma se su questo tema la coalizione di centrodestra è compatta nel criticare la decisione dei magistrati, sulla questione della difesa europea continuano a registrarsi dei distinguo, come dimostrano gli attacchi rivolti dal segretario della Lega Matteo Salvini al progetto di riarmo europeo avallato dal Consiglio Ue straordinario di Bruxelles e, soprattutto, nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron (un "matto" che parla di "guerra nucleare", l'affondo del vicepremier).
Intanto, però, è la diatriba con la magistratura sulla questione migranti a unire la maggioranza, sulla scia dello scontro consumatosi con le toghe sul protocollo d'intesa siglato con l'Albania.
La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti, definendo "illegittima" la restrizione della loro libertà personale voluta dall'allora governo giallo-verde con ministro dell'Interno Salvini.
La sentenza scatena dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che esprime il suo disappunto con un tweet molto critico: è "assai opinabile", secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della "presunzione del danno", in contrasto "con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale".
In sostanza, scrive nel post la leader di Fdi, "per effetto di questa decisione, il governo dovrà risarcire - con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse - persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano". "Non credo", insiste Meloni, "siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante".
Anche altri esponenti della maggioranza di governo criticano la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.
Durissimo Matteo Salvini, che all'epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. "Mi sembra un'altra invasione di campo indebita", dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come "vergognosa" invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: "Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno".
Non ci sta la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale "sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto". "Di inaccettabile c'è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso", replica la Lega.
Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio - presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra - anche i ministri dell'Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, vengono sollecitati sulla questione.
Il titolare del Viminale (che all'epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: "Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto", chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato "stabilì l'inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico".
Netto anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente "devastanti" legati alla sentenza della Cassazione: "Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali... Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina".
In seno alla maggioranza, nel frattempo, si continua a discutere del progetto di difesa europeo che giovedì ha incassato il via libera del Consiglio Ue straordinario, con il sì dell'Italia (anche se accompagnato da qualche riserva). "La linea del governo è compatta", rimarca Salvini, "non c'è nessuna ipotesi di invio di militari italiani, non c'è nessuna ipotesi di usare i fondi di coesione invece che per sviluppare i territori per comprare armi". Ma c'è chi nelle file di Fdi critica la posizione del leader leghista, che continua a bocciare il piano di riarmo targato Ursula von der Leyen: "Meloni finora ha trovato una sintesi nella maggioranza" sul tema della difesa europea, e la sua "è una leadership molto rispettata nella Ue", osserva il capo delegazione di Fdi all'Europarlamento, Carlo Fidanza.
"Il ragionamento di Salvini - aggiunge - non mi convince, non è l'unico a farlo: è un po' demagogico contrapporre le spese sociali al tema delle armi". Fonti della delegazione di Fratelli d'Italia al governo, interpellate dall'Adnkronos sulle esternazioni di Salvini, invitano alla "prudenza". Tuttavia, fanno trapelare con un certo pragmatismo, "esprimere qualche critica può essere utile per evitare di lasciare all'opposizione il monopolio del 'no'...". Martedì a Parigi ci sarà un vertice con i capi di Stato maggiore, convocato da Macron. Ai lavori parteciperà anche il generale Luciano Portolano, ma solo in veste di osservatore, puntualizzano fonti italiane, ribadendo la contrarietà del governo di Roma all'invio di truppe in Ucraina.
Roma, 7 mar (Adnkronos) - La riforma dei criteri di acceso alla facoltà di medicina, la commemorazione di Fulco Pratesi e la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio sono alcuni dei temi al centro dei lavori parlamentari della prossima settimana.
Alla Camera si riprende lunedì 10 marzo, alle 13, con la discussione generale sul Ddl Giubileo, già approvato dal Senato; l'esame delle mozioni sull'uso delle Pfas e sulla reintroduzione del 'bonus Renzi' e quella sulla Convenzione sugli ausili marittimi (approvata dal Senato). Da martedì all'Odg dell'aula c'è, nel pomeriggio, l'esame della delega al governo sulla revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria già approvata dal Senato. Mercoledì, dalle 9,30, la Camera deve esaminare la relazione della Giunta delle elezioni sull’elezione contestata della deputata Anna Laura Orrico (M5s) in Calabria. Poi, alle 16,15, è in programma la commemorazione di Fulco Pratesi.
Tra gli altri argomenti in calendario nella settimana ci sono anche le mozioni sul caro energia; la Pdl sulle intercettazioni già approvata in Senato previo esame e voto delle pregiudiziali di costituzionalità e di merito e la sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio presentata dalle opposizioni. Al Senato si riprende martedì alle 17 con il Ddl sulle spoglie delle vittime di omicidio e, a seguire, con il Ddl sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale, già approvato dalla Camera, e il Ddl sulle prestazioni sanitarie. Confermati i tradizionali appuntamenti, sia alla Camera che al Senato, con il Question time e gli atti di sindacato ispettivo.
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Nders Odv nasce con l'intento di dare un luogo sicuro a persone che hanno avuto esperienze di pre-morte, dove potersi raccontare e confrontare con chi ha avuto lo stesso tipo di esperienza in un ambiente sicuro e non giudicante. La maggiore criticità è che chi l'ha vissuta ha problemi, viene rifiutato dalla società. Non se ne può parlare. La morte è un tabù e l'esperienza di pre-morte è un tabù del tabù". Lo ha detto Davide De Alexandris, fondatore e presidente Nders Odv, in occasione del convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti', che si è tenuto oggi a Roma presso il Centro Studi Americani.
"Sicuramente questo tabù è meno forte rispetto anni fa - prosegue De Alexandris - però il problema esiste. Nelle librerie, ad esempio, testi sulle esperienze di pre-morte sono al fianco a pubblicazioni su alieni e scie chimiche. Noi vorremmo che le esperienze di pre-morte fossero studiate e ci fosse un approccio scientifico orientato alla cura della persona".
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Oggi cerchiamo di trovare risposte scientifiche alle esperienze di pre-morte grazie a un gruppo multidisciplinare con fisici, medici e tutti quelli che possono dare una credibilità a questi fenomeni. Negli ultimi 10 anni 40mila persone hanno dichiarato di aver vissuto esperienze di pre-morte e la scienza deve fare la sua parte per dare concretezza a questi fenomeni, capirli e conoscerli. E' un obiettivo arduo, ma ci riusciremo". Lo ha detto Francesco Sepioni, medico di emergenza-urgenza della Asl Umbria 1 e autore del libro 'Al Confine con l'Aldilà', che ha moderato il convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti'.
L'incontro, che si è tenuto a Roma presso il Centro Studi Americani, ha voluto affrontare un tema complesso e affascinante come quello delle esperienze di pre-morte (Near-death experiences, Nde), delle esperienze extracorporee (Out-of-Body experiences, Obe), non tralasciando la fenomenologia e i cambiamenti del soggetto successivamente all'esperienza in oggetto. Fenomeni che, pur essendo stati documentati in varie culture ed epoche storiche, continuano a suscitare grande interesse sia nel mondo scientifico che in quello religioso.
"Ci sono 3 casi documentati e comprovati a livello scientifico - spiega Sepioni - Uno, risalente al 2011, ha avuto come protagonista una persona intubata, priva di attività cardiaca e respiratoria, che incredibilmente ha visto e sentito la propria rianimazione. La persona, dopo essersi ripresa, ha raccontato le parole dei medici che lo rianimavano e ha perfino indicato dove era stata messa la protesi dentaria che un'infermiera aveva rimosso dalla sua bocca".