Chi conquista l’Emilia e la Romagna conquista il partito, questo lo ha capito. E un anno fa, alle primarie per la scelta del candidato premier, a Matteo Renzi era quasi riuscito di fare il colpaccio nella regione del suo avversario. Purtroppo per lui, la sfida contro l’apparato del Partito democratico e contro l’emiliano Pier Luigi Bersani era impari. Il successo dunque solo rimandato. Ora, archiviato l’ex segretario di Bettola, il sindaco di Firenze dimostra ancora una volta di volere puntare tutto su questa terra. Proprio nel weekend in cui lo stato maggiore del partito (Enrico Letta compreso) si riunità a Genova alla Festa nazionale del partito. Un appuntamento che nemmeno lui mancherà, nella giornata di domenica. Ma il grosso degli impegni sono nella “regione rossa”. Un po’, va detto, sarà questione di famiglia: una sorella da 13 anni a Bologna e un nonno materno romagnolo. Quando può salta l’appennino e ogni volta di più è un pienone di folla: vecchi militanti dalla tessera sessantennale, casalinghe che vogliono vedere dal vivo quel ragazzone sempre sorridente, dirigenti passati armi e bagagli dal d’alemismo più ferreo (di rito bersaniano) al renzismo da prima fila. Matteo li sta convincendo tutti.
In Emilia il sindaco di Firenze ha chiuso i suoi giri estivi prima delle ferie agostane. A Carpi, il 15 luglio, davanti a una folla accorsa sotto il solleone ha quasi lanciato la sua candidatura a premier. “Il Pd deve scoprire il valore dell’uomo solo al comando. Come Fausto Coppi vinceva perché era forte e aveva una grande squadra alle spalle, così dovrà essere per il Pd”. E giù applausi degli emiliani poco avvezzi a questi discorsi non proprio di sinistra. Poi il 7 agosto l’arrivederci a dopo le ferie da Casalgrande, ancora in provincia di Modena. E lì l’ex rottamatore, davanti a di più di 2mila persone, ha usato frasi kennedyane: dobbiamo fare in modo che “l’Italia possa dare del tu alla speranza”. Un tripudio.
Ora, alla ripresa dell’attività politica, Renzi riparte da qui. Le feste più importanti fanno a gara per accaparrarselo, neanche fosse una rockstar. Le prime a ospitarlo, Forlì e Reggio Emilia, sperano che venerdì 30 agosto l’annuncio della discesa in campo, se ci sarà, arrivi proprio dal loro palco. Alle 18 sarà infatti a Borgo Sisa, tra Forlì e Ravenna, alle 21 si sposterà a FestaReggio, nello stesso palco dal quale un anno fa era partita la sua cavalcata verso le primarie poi perse con Bersani. Ma ora è un’altra storia: giocava in trasferta, oggi in Emilia gioca in casa.
Poi c’è Bologna. Lunedì 2 settembre Renzi arriverà anche nel capoluogo e subito c’è chi ha proposto l’utilizzo per il suo comizio dell’Arena parco nord (oggi, a proposito di rockstar, intitolata al leader dei Clash, Joe Strummer). “Se ci sarà molta gente si pensa anche a quella soluzione lì, ha spiegato Marco Macciantelli, uno dei dirigenti del Pd bolognese. Lele Roveri, storico organizzatore della festa, mette in guardia gli stessi sostenitori di Renzi: “Potrebbe essere un boomerang perchè è molto grande, contiene 25 mila persone. In genere l’Arena parco nord era riservata ai comizi dei segretari quando si è fatta qui la festa nazionale”. A scorrere le cronache, nel 2003 l’allora segretario dei Democratici di sinistra, Piero Fassino portò, secondo gli organizzatori di allora, 300 mila persone. Nel 2007, nell’ultimo comizio di un segretario diessino prima della nascita del Pd, in quella stessa arena Fassino si accomiatò dai suoi iscritti arrivati in almeno 50 mila, tutti a piangere la Quercia. Altri tempi e numeri da capogiro, improbabili da raggiungere persino per Matteo Renzi. Certo, la regione si mobilita. Da Imola, dove è nata un’associazione dal nome esplicativo, ‘Imola entusiasta’, si organizza un pullman che il 2 settembre porterà arriverà sino al capoluogo per seguire il comizio.
Per ora, da cartellone, Renzi parlerà nella sala dibattiti centrale alle 21, 400 posti a sedere, un altro migliaio in piedi. Per ora, poi si vedrà. “La festa è questa, non possiamo soppalcarla”, ha spiegato il segretario federale di Bologna Raffaele Donini, prendendo tempo sulla decisione degli spazi del comizio. Proprio Donini è uno dei tanti leader emiliano romagnoli che un anno fa erano senza se e senza ma con Pierluigi Bersani, e che oggi sono in odore di renzismo. “Non è così – ha ribadito lui su Facebook prima di ferragosto – Quando ci saranno le mozioni nazionali riferite a coloro che si candidano a segretario nazionale del Pd, le leggerò con attenzione e deciderò liberamente chi sostenere”. Tradotto: tra un anno c’è il congresso provinciale e Donini gioca d’attesa, cercando di capire come si mette.
Il segretario bolognese è solo l’ultimo dei dirigenti che passano dall’altra parte. In una terra ‘fedele alla linea’, dove l’ortodossia è sempre stata la regola, stavolta, per una volta, di fronte a un elettorato sconcertato che vede in Renzi l’ultimo baluardo a cui appigliarsi, sono i dirigenti ad allinearsi prima che sia troppo tardi: c’è il segretario regionale, il modenese Stefano Bonaccini (Renzi sarà anche a Modena, il prossimo 7 settembre), quello di Ferrara Paolo Calvano (che alle primarie 2012 era coordinatore dei bersaniani), il sindaco di Bologna Virginio Merola e, ultimo arrivato, l’assessore al lavoro della provincia di Bologna Graziano Prantoni. Tutti diventati renziani, da bersaniani che erano. Persino le cooperative rosse: “È una delle figure che nel panorama politico e pubblico italiano raccoglie un livello importante di consenso, quindi è ragionevolmente immaginabile che sia un protagonista del futuro di questo Paese”, ha detto a luglio il presidente di Legacoop, Giuliano Poletti, romagnolo doc. E se le coop danno il via libera, Matteo ha le chiavi della regione rossa.