La lettura delle statistiche pubblicate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo relative al numero di procedimenti celebrai e violazioni accertate nei confronti dei singoli Stati firmatari della Convenzione europea dei diritti dell’uomo dal 1959 – anno della sua istituzione al 2012 – offre uno spaccato desolante ed umiliante del nostro Paese.
Siamo secondi solo alla Turchia per numero di processi celebrati dinanzi alla Corte europea.
I cittadini italiani, infatti, sono stati costretti a rivolgersi ai Giudici di Strasburgo 2229 volte, un numero di procedimenti in linea – sebbene nettamente superiore – a quelli registrati oltre che nella già citata Turchia (2870), solo in Russia (1346), Polonia (1019), Ucraina (893) e in Francia (877).
Ma a lasciare attoniti non sono questi numeri pure significativi, almeno, della percezione dei cittadini italiani che, evidentemente, lungi dal sentirsi tutelati dallo Stato nel rispetto dei propri diritti fondamentali lo vedono come un soggetto dal quale difendersi quanto quelli relativi al numero di volte in cui la Corte ha accertato che il nostro Paese ha effettivamente violato i diritti de’’uomo.
Sono 1687, al 31 dicembre 2012, i giudizi nei quali la Corte Europea ha ritenuto il nostro Paese responsabile di almeno una violazione.
Una cifra, ancora una volta, seconda solo a quella delle condanne riportate dalla Turchia (2521), in linea – sebbene superiore a quella delle violazioni accertate in Russia – e che si stacca, purtroppo, in maniera straordinaria da quella di tutti gli altri Paesi aderenti alla Convenzione Europea.
Ucraina, Polonia, Romania, Grecia, Francia e Bulgaria – tra i peggiori – non riescono, fatta la media tra le condanne riportate da ciascuna, neppure a sfiorare la metà delle oltre 1600 Sentenze di condanna notificate al nostro Governo.
E’ la Giustizia il nostro tallone di Achille, sebbene in un Paese che, quanto a rispetto dei diritti dell’uomo, a leggere le statistiche della Corte, fa acqua da tutte le parti.
In 1171 procedimenti i Giudici di Strasburgo hanno condannato il nostro Governo per colpa dell’eccessiva lunghezza dei processi che si celebrano nei nostri Tribunali.
Ma non c’è solo il “fattore lunghezza”.
In Italia, secondo la Corte europea, le leggi ed il sistema Giustizia, non sono state in grado – dal 1959 ad oggi – di garantire un giusto processo in 249 occasioni [n.d.r. solo tra quelle sottoposte ai Giudici di Strasburgo] e di proteggere adeguatamente i diritti di proprietà in 322 casi.
Senza parlare del fatto che in ben 80 circostanze i rimedi che il sistema normativo e giurisdizionale italiano ha posto a disposizione dei cittadini si sono rivelati inefficaci a garantire effettivamente i propri diritti.
Una giustizia, insomma, che cammina lentamente, assai poco “gusta” e che, per di più, si rivela spesso incapace di tutelare efficacemente i cittadini.
Difficile, per non dire impossibile, assicurare la crescita e lo sviluppo sostenibile di un Paese in queste condizioni.
Ma non va meglio se si lascia il pianeta giustizia e si guarda in altre direzioni.
Lo spaccato che esce dai numeri pubblicati dalla Corte di Strasburgo è quello di un Paese che, troppo spesso, fa carne da macello del diritto alla privacy dei propri cittadini, non riesce a garantire loro il diritto a sentirsi liberi e sicuri né ad avere delle elezioni davvero libere.
Raffrontare i dati relativi alle condanne riportate dal nostro Paese con quelli relativi alle condanne per violazioni degli stessi diritti registrate nella più parte degli altri Stati è un esercizio che non può non generare una sensazione di insostenibile vergogna mista a sconforto.
E’ inutile continuare a cercare una strada che ci porti fuori dalla crisi economica nella quale siamo precipitati davanti all’evidenza aritmetica di uno Stato divenuto – non certo per caso – luna macelleria dei diritti dell’uomo.
Sino a quando le statistiche della Corte europea non racconteranno una realtà diversa, non dovrebbe esserci campagna elettorale, né iniziativa di Parlamento o Governo che non metta in primo piano la tutela dei diritti dell’uomo.