M’ero ripromesso di dedicare saltuariamente qualche pagina a un capolavoro della storia dell’arte. Avevamo indugiato sul Cavaliere polacco di Rembrandt ‒ oggi tocca a Böcklin, autore immenso (se gli si perdonano taluni eccessi ‘coreografici’, oberati da un mito ridondante, troppo didascalico poiché malauguratamente narrativo).
Quando Ermete, nel quinto libro dell’Odissea, raggiunse la spelonca di Calipso, “non vi trovò il magnanimo Odisseo: / seduto sulla riva, gemeva come sempre / lacerandosi l’animo con lacrime, lamenti e dolori, / guardava piangendo il mare infecondo”. Controvoglia, esaudendo l’ingiunzione di Zeus, il messaggero aveva sorvolato l’“infinita” distesa dell’acque per recare il “volere infallibile” degli Olimpi alla “ninfa dai riccioli belli”: Ulisse meritava il ritorno. E la dea l’avrebbe prosciolto dalle sue malie, concedendogli, seppur a malincuore, il rimpatrio verso Itaca “petrosa”. Così, congedatosi l’Argifonte, Calipso accostò l’eroe prigioniero. “Lo trovò seduto sul lido: i suoi occhi / non erano mai asciutti di lacrime, passava la dolce vita / piangendo il ritorno, perché ormai non gli piaceva la ninfa”. Ed è in questa posa, malinconicamente disforica, che Arnold Böcklin ha voluto ‘eternarlo’: assiderato in un dolore immobile, letteralmente in-esplicabile poiché ravvolto su se stesso come il drappo, quasi sindone oscura, che lo ‘infagotta’ in un feretro vivente. Impossibile non cogliere, nel ricorso al sudario, un rinnovarsi, per inversione cromatica, del tema della salma, vera e propria ossessione böckliniana fin dall’opera assoluta, L’isola dei morti, la cui prima versione ‒ oggi al Kunstmuseum di Basilea ‒ precede di un biennio la ripresa pittorica di Omero (1882). Se infatti in quella prima ‘emergenza’ la spoglia, eretta come marmoreo simulacro, è al contempo involucro spettrale, oniricamente dischiuso oltre ogni contegno percettivo, dunque pronto al transito infinito, a riti che oltrepassano la morte, nel caso di Ulisse assistiamo invece ad un accuratissimo rovesciamento: nessun varco, nessun trapasso sembra promettersi all’eroe. Sua condizione, infatti, è proprio quella di chi non possa transitare altrove ‒ l’intera sua sostanza, labilmente straziata, si consuma a margine di un’isola che come carcere incantato lo trattiene. Ecco allora che l’ombra impenetrabile di Ulisse raffigura un’ostruzione pura, l’assoluta introversione di una forma ‒ quella appunto del figlio di Laerte ‒ che è costretta ad essere senza esistere, senza cioè potersi tradurre in movimento (e movimento, kinesis tou biou, è invero segno distintivo del vitale). Ma Odisseo, lo sappiamo, è anzitutto mare: egli è l’eroe itinerante, versatile e capace d’imprevisto ‒ la sua natura, essenzialmente equorea, è coestensiva a quella dell’onda. Il suo mito vive e avviva solo e soltanto in quel perpetuo tramutarsi che è possibile per chi assuma la pelle cangiante del pelago. Ebbene, proprio al mare Ulisse è impedito ‒ di qui l’occlusione che lo stringe, condannandolo a un tempo senza movimento: la crisalide cieca dell’attesa. Sua controparte è invece Calipso, che s’offre, languidamente dischiusa, all’estroversione vistosa dell’amore. In lei tutto è profferta ostensione elargizione. Pur concupendo con lo sguardo l’eroe mortale ‒ mentre quello di lui volge altrove, o forse è semplicemente annientato ‒, gli risulta però diametralmente opposta lungo la diagonale che, tracciata dalla gamba destra stesa, ripartisce le polarità del dipinto (secondo un’operazione, quella appunto della gamba-spartiacque tra le campiture, che tornerà cara agli equilibri obliqui di Balthus).
Rispetto a L’Isola dei morti, dunque, il ribaltamento è palese: se in essa a risaltare è una salma lattea che, sprigionando una radianza ectoplasmatica, s’apre al regno della morte ancor prima d’inoltrarvisi, in Ulisse e Calipso, viceversa, una sagoma plumbea, eclissata in se stessa, anziché emanarlo assorbe ed opacizza ogni chiarore. È il simulacro impersonale di Ulisse, cioè di Nessuno ‒ l’assoluta Intransitività che, innanzi al mare, patisce chi, per manifesta immobilità, rappresenta, tant’è disanimato, la più atroce privazione del vitale. Se ne L’isola dei morti, inoltre, il feretro muove verso un’isola, in Ulisse e Calipso la tensione del dipinto si sviluppa secondo un’opposta linea di fuga: il desiderio frustrato dell’eroe che proprio da un’isola vorrebbe dipartirsi.
Molto ancora dovrebbe essere detto, tanto è inesauribile l’inquietudine che dal dipinto promana. Ci si potrebbe soffermare sull’antro di Calipso ‒ e così sul nesso, inequivocabile, che lega la caverna al mitologema della Grande Madre nel modo preellenico ‒, o anche soltanto sul linguaggio poroso delle rocce che l’attorniano. Ma mi limiterò soltanto ad uno spunto, che proverò magari a perseguire prossimamente in modo più dettagliato. Nel 1910 Giorgio de Chirico riprende il dipinto di Böcklin, trasformando definitivamente in simulacro la figura refrattaria di Odisseo. È solo tradendosi che il mito si rigenera.
Marcello Barison
Filosofo
Cultura - 6 Settembre 2013
Arnold Böcklin: la crisalide di Ulisse
Quando Ermete, nel quinto libro dell’Odissea, raggiunse la spelonca di Calipso, “non vi trovò il magnanimo Odisseo: / seduto sulla riva, gemeva come sempre / lacerandosi l’animo con lacrime, lamenti e dolori, / guardava piangendo il mare infecondo”. Controvoglia, esaudendo l’ingiunzione di Zeus, il messaggero aveva sorvolato l’“infinita” distesa dell’acque per recare il “volere infallibile” degli Olimpi alla “ninfa dai riccioli belli”: Ulisse meritava il ritorno. E la dea l’avrebbe prosciolto dalle sue malie, concedendogli, seppur a malincuore, il rimpatrio verso Itaca “petrosa”. Così, congedatosi l’Argifonte, Calipso accostò l’eroe prigioniero. “Lo trovò seduto sul lido: i suoi occhi / non erano mai asciutti di lacrime, passava la dolce vita / piangendo il ritorno, perché ormai non gli piaceva la ninfa”. Ed è in questa posa, malinconicamente disforica, che Arnold Böcklin ha voluto ‘eternarlo’: assiderato in un dolore immobile, letteralmente in-esplicabile poiché ravvolto su se stesso come il drappo, quasi sindone oscura, che lo ‘infagotta’ in un feretro vivente. Impossibile non cogliere, nel ricorso al sudario, un rinnovarsi, per inversione cromatica, del tema della salma, vera e propria ossessione böckliniana fin dall’opera assoluta, L’isola dei morti, la cui prima versione ‒ oggi al Kunstmuseum di Basilea ‒ precede di un biennio la ripresa pittorica di Omero (1882). Se infatti in quella prima ‘emergenza’ la spoglia, eretta come marmoreo simulacro, è al contempo involucro spettrale, oniricamente dischiuso oltre ogni contegno percettivo, dunque pronto al transito infinito, a riti che oltrepassano la morte, nel caso di Ulisse assistiamo invece ad un accuratissimo rovesciamento: nessun varco, nessun trapasso sembra promettersi all’eroe. Sua condizione, infatti, è proprio quella di chi non possa transitare altrove ‒ l’intera sua sostanza, labilmente straziata, si consuma a margine di un’isola che come carcere incantato lo trattiene. Ecco allora che l’ombra impenetrabile di Ulisse raffigura un’ostruzione pura, l’assoluta introversione di una forma ‒ quella appunto del figlio di Laerte ‒ che è costretta ad essere senza esistere, senza cioè potersi tradurre in movimento (e movimento, kinesis tou biou, è invero segno distintivo del vitale). Ma Odisseo, lo sappiamo, è anzitutto mare: egli è l’eroe itinerante, versatile e capace d’imprevisto ‒ la sua natura, essenzialmente equorea, è coestensiva a quella dell’onda. Il suo mito vive e avviva solo e soltanto in quel perpetuo tramutarsi che è possibile per chi assuma la pelle cangiante del pelago. Ebbene, proprio al mare Ulisse è impedito ‒ di qui l’occlusione che lo stringe, condannandolo a un tempo senza movimento: la crisalide cieca dell’attesa. Sua controparte è invece Calipso, che s’offre, languidamente dischiusa, all’estroversione vistosa dell’amore. In lei tutto è profferta ostensione elargizione. Pur concupendo con lo sguardo l’eroe mortale ‒ mentre quello di lui volge altrove, o forse è semplicemente annientato ‒, gli risulta però diametralmente opposta lungo la diagonale che, tracciata dalla gamba destra stesa, ripartisce le polarità del dipinto (secondo un’operazione, quella appunto della gamba-spartiacque tra le campiture, che tornerà cara agli equilibri obliqui di Balthus).
Molto ancora dovrebbe essere detto, tanto è inesauribile l’inquietudine che dal dipinto promana. Ci si potrebbe soffermare sull’antro di Calipso ‒ e così sul nesso, inequivocabile, che lega la caverna al mitologema della Grande Madre nel modo preellenico ‒, o anche soltanto sul linguaggio poroso delle rocce che l’attorniano. Ma mi limiterò soltanto ad uno spunto, che proverò magari a perseguire prossimamente in modo più dettagliato. Nel 1910 Giorgio de Chirico riprende il dipinto di Böcklin, trasformando definitivamente in simulacro la figura refrattaria di Odisseo. È solo tradendosi che il mito si rigenera.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.