Ci voleva un miracolo. E miracolo è stato. Agli Europei di basket 2013, in corso in Slovenia, l’Italia ha ottenuto il pass per la seconda fase. Senza patemi, senza spareggi decisivi come pure ci si poteva augurare alla vigilia, nella più rosea delle previsioni. Ma dominando, stupendo tutti per la qualità di gioco espressa e l’autorevolezza dimostrata in campo. Successo all’esordio, con qualche affanno solo nel finale, contro la Russia; poi Turchia e la sorprendente Finlandia schiantate senza possibilità di replica. E infine il capolavoro con la Grecia, che sembrava imbattibile ed è stata battuta. Resta da giocare domani l’ultima partita contro la Svezia, una formalità.

Come ciò sia stato possibile è presto detto. I punti di forza annunciati non hanno tradito le aspettative: Marco Belinelli, ormai consacratosi a stella Nba, è leader carismatico e tecnico della squadra; e accanto a lui Gigi Datome, che pure sbarcherà presto Oltreoceano. Ma il vero segreto del successo è ciò che sta intorno a loro due, e che funziona alla perfezione. Cusin, unico centro del roster e sulla carta anello debole della squadra, non sta sfigurando al cospetto dei grandi lunghi europei. E quando è andato in difficoltà (come contro la Turchia) il giovane Melli ha dimostrato di essere più di una semplice promessa. Come anche l’altro “ragazzino” dell’Olimpia Milano, Alessandro Gentile, finalmente esploso a livello internazionale. E Pietro Aradori, chirurgico al tiro. Senza dimenticare Cinciarini, che si sta meritando la maglia di playmaker titolare, e Poeta, sempre pronto quando chiamato in causa.

L’elenco è lungo perché quest’Italia è squadra vera. Difende senza pause, sopperisce ai limiti strutturali con schemi eseguiti alla perfezione, trova sempre le giuste risposte ai quesiti che avversari e partite le pongono. Merito di coach Pianigiani, capace di costruire un gruppo unito come non si vedeva da tempo (da Atene 2004, per dire). E di creare alternative credibili al gioco perimetrale, che sembrava l’unico possibile per una nazionale senza lunghi. Emblematica, in questo senso, la partita contro la Finlandia: vinta pur con percentuali al tiro insufficienti, mentre i finnici si arenavano sparacchiando sul ferro improbabili conclusioni dalla distanza. Esattamente l’errore in cui sulla carta rischiava di incappare l’Italia, che ha invece ha scoperto di poter giocare un basket a più dimensioni. E questo grazie appunto ai suoi due campioni, ma soprattutto all’organizzazione di squadra.

In un torneo sempre più livellato, in cui le sorprese sono all’ordine del giorno, tutto è possibile a questo punto. Nella seconda fase la machiavellica formula studiata dagli organizzatori prevede che in un nuovo girone a 6 squadre, l’Italia affronti le tre qualificatesi dal girone C (con tutta probabilità Slovenia, Spagna e Croazia: anche qui poca fortuna con il sorteggio), portandosi dietro i risultati maturati nel primo girone contro Grecia e l’altra squadra che si qualificherà (verosimilmente Finlandia). Difficile fare calcoli, passano le prime quattro.

L’asticella dell’obiettivo adesso si alza all’accesso ai quarti di finale. Che vorrebbe dire, come minimo, giocarsi le finali per il quinto e sesto posto, che qualificano ai Mondiali di Spagna 2014. Poi si potrebbe sperare anche in qualcosa di più. Perché dalla parte alta del tabellone non arriveranno squadre imbattibili. E perché per pensare al podio, dopo dieci anni di delusioni, ci vorrebbe qualcosa di straordinario. Un altro miracolo, appunto. Ma quest’Italia pare piuttosto attrezzata in materia.

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