A parità di lavoro e capacità professionali le donne vengono pagate mediamente meno degli uomini. Questa discriminazione ha un nome: “pay gap”. E accade in tutta Europa, nessun Paese escluso. Per questo il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che spinge la Commissione europea, il vero e proprio esecutivo comunitario, a metterci una pezza ritoccando quella direttiva Ue che si occupa proprio di garantire il pari trattamento sul lavoro tra uomini e donne, anche in busta paga.
Gli ultimi dati disponibili risalgono al 2011 e registrano un pay gap in Europa di circa il 16,2 per cento in media, ma se andiamo a vedere i singoli Paesi la situazione è ancor più allarmante. In Italia la differenza è di “solo” il 5 per cento, anche se maliziosamente si potrebbe pensare che la differenza tra salari sia bassa perché anche gli italiani guadagnano poco rispetto agli altri europei. Enorme invece il divario nei Paesi del nord Europa: 27,3% in Estonia, 22,2% in Germania, 23,7% in Austria, 20,1% in Gran Bretagna e così via. Ma a ben guardare nel Mezzogiorno d’Europa l’Italia è l’eccezione che conferma la regola, visto che in Grecia la differenza è del 22% e in Spagna del 16,2%.
Una discriminazione che si ripercuote anche sulle pensioni delle lavoratrici, in media più basse del 39% rispetto a quelle degli uomini. Immaginabili gli altri effetti lavorativi e sociali di questo trend che negli ultimi anni in Europa ha oscillato ma non si è affievolito: lo squilibrio a livello europeo era del 17,7% nel 2006, del 17,6% nel 2007, del 17,4% nel 2008, del 16,9% nel 2009 e del 16,4% nel 2010.
Secondo gli eurodeputati è necessario mettere mano alla direttiva Ue 2006/54/CE del 5 luglio 2006, “riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego”. Più facile a dirsi che a farsi visto che a Bruxelles quando si toccano le normative che riguardano il lavoro è guerra aperta. I Paesi più liberali, in primis la Gran Bretagna, sono pronti a dare battaglia quando hanno l’impressione che l’Ue voglia mettere il naso nelle politiche interne sul lavoro. I precedenti sul salario minimo, il congedo di maternità e paternità e le norme di sicurezza minime sul lavoro parlano da soli. Non è un caso, infatti, che proprio nei Paesi con il pay gap più alto la differenza retributiva sia così elevata (Gran Bretagna al 20,1%, Paesi Bassi al 17,9%, Finlandia al 18,2%).
“Nonostante la legislazione attuale sia in vigore dal 1975 (modificata dalla direttiva del 2006, ndr) in Europa il pay gap è ancora al 16,2 per cento. La Commissione europea avrebbe dovuto apportare delle modifiche entro il febbraio scorso come richiesto dal Parlamento europeo nel maggio 2012 con un’altra risoluzione, ma la scadenza non è stata rispettata. La Commissione europea deve mantenere fede alle sue promesse”, ha detto in Aula la slovacca Edit Bauer, membro dei popolari, a nome della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento.
Eppure garantire la parità di retribuzione converrebbe a tutti. Secondo lo studio European added value assessment (Eava) un punto percentuale di diminuzione del pay gap aumenterebbe la crescita economica dello 0,1% a livello europeo, cifra non risibile nel contesto attuale di crisi economica. “La Commissione europea deve sostenere gli Stati membri nella riduzione del divario retributivo di genere di almeno 5 punti percentuali ogni anno, con l’obiettivo di eliminarlo entro il 2020”, si legge nella risoluzione approvata a Strasburgo. E questo perché, si legge sempre nel testo, “la riduzione delle disparità di genere porterà benefici non solo alle donne ma anche all’intera società” tanto che “l’eliminazione del divario retributivo di genere non dovrebbe essere considerata un costo ma un investimento”.
La risoluzione approvata a Strasburgo ha valore politico ma non legislativo. Il che vuol dire che il Parlamento europeo ha dato l’impulso alla Commissione affinché prenda le misure indispensabili a contrastare il pay gap, ma dovrà essere poi l’esecutivo comunitario a muoversi. Passaggio tutt’altro che facile vista la ritrosia dei governi nazionali – rappresentati dal Consiglio europeo – ad accettare “intromissioni” europee in materia di lavoro. E intanto le lavoratrici europee continuano a guadagnare il 16 per cento in meno dei loro colleghi uomini.
Twitter @AlessioPisano
Passate parola
Ue: “Ok direttiva contro stipendio diverso uomini-donne”. Ma non ha valore di legge
Si chiama "pay gap" la differenza retributiva di genere a parità di lavoro e capacità professionali. Ora il Parlamento europeo ha approvato un testo che spinge la Commissione a combattere questa discriminazione che vige in tutti i Paesi comunitari. "Eliminare il divario dovrebbe essere considerato non un costo ma un investimento”
A parità di lavoro e capacità professionali le donne vengono pagate mediamente meno degli uomini. Questa discriminazione ha un nome: “pay gap”. E accade in tutta Europa, nessun Paese escluso. Per questo il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che spinge la Commissione europea, il vero e proprio esecutivo comunitario, a metterci una pezza ritoccando quella direttiva Ue che si occupa proprio di garantire il pari trattamento sul lavoro tra uomini e donne, anche in busta paga.
Gli ultimi dati disponibili risalgono al 2011 e registrano un pay gap in Europa di circa il 16,2 per cento in media, ma se andiamo a vedere i singoli Paesi la situazione è ancor più allarmante. In Italia la differenza è di “solo” il 5 per cento, anche se maliziosamente si potrebbe pensare che la differenza tra salari sia bassa perché anche gli italiani guadagnano poco rispetto agli altri europei. Enorme invece il divario nei Paesi del nord Europa: 27,3% in Estonia, 22,2% in Germania, 23,7% in Austria, 20,1% in Gran Bretagna e così via. Ma a ben guardare nel Mezzogiorno d’Europa l’Italia è l’eccezione che conferma la regola, visto che in Grecia la differenza è del 22% e in Spagna del 16,2%.
Una discriminazione che si ripercuote anche sulle pensioni delle lavoratrici, in media più basse del 39% rispetto a quelle degli uomini. Immaginabili gli altri effetti lavorativi e sociali di questo trend che negli ultimi anni in Europa ha oscillato ma non si è affievolito: lo squilibrio a livello europeo era del 17,7% nel 2006, del 17,6% nel 2007, del 17,4% nel 2008, del 16,9% nel 2009 e del 16,4% nel 2010.
Secondo gli eurodeputati è necessario mettere mano alla direttiva Ue 2006/54/CE del 5 luglio 2006, “riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego”. Più facile a dirsi che a farsi visto che a Bruxelles quando si toccano le normative che riguardano il lavoro è guerra aperta. I Paesi più liberali, in primis la Gran Bretagna, sono pronti a dare battaglia quando hanno l’impressione che l’Ue voglia mettere il naso nelle politiche interne sul lavoro. I precedenti sul salario minimo, il congedo di maternità e paternità e le norme di sicurezza minime sul lavoro parlano da soli. Non è un caso, infatti, che proprio nei Paesi con il pay gap più alto la differenza retributiva sia così elevata (Gran Bretagna al 20,1%, Paesi Bassi al 17,9%, Finlandia al 18,2%).
“Nonostante la legislazione attuale sia in vigore dal 1975 (modificata dalla direttiva del 2006, ndr) in Europa il pay gap è ancora al 16,2 per cento. La Commissione europea avrebbe dovuto apportare delle modifiche entro il febbraio scorso come richiesto dal Parlamento europeo nel maggio 2012 con un’altra risoluzione, ma la scadenza non è stata rispettata. La Commissione europea deve mantenere fede alle sue promesse”, ha detto in Aula la slovacca Edit Bauer, membro dei popolari, a nome della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento.
Eppure garantire la parità di retribuzione converrebbe a tutti. Secondo lo studio European added value assessment (Eava) un punto percentuale di diminuzione del pay gap aumenterebbe la crescita economica dello 0,1% a livello europeo, cifra non risibile nel contesto attuale di crisi economica. “La Commissione europea deve sostenere gli Stati membri nella riduzione del divario retributivo di genere di almeno 5 punti percentuali ogni anno, con l’obiettivo di eliminarlo entro il 2020”, si legge nella risoluzione approvata a Strasburgo. E questo perché, si legge sempre nel testo, “la riduzione delle disparità di genere porterà benefici non solo alle donne ma anche all’intera società” tanto che “l’eliminazione del divario retributivo di genere non dovrebbe essere considerata un costo ma un investimento”.
La risoluzione approvata a Strasburgo ha valore politico ma non legislativo. Il che vuol dire che il Parlamento europeo ha dato l’impulso alla Commissione affinché prenda le misure indispensabili a contrastare il pay gap, ma dovrà essere poi l’esecutivo comunitario a muoversi. Passaggio tutt’altro che facile vista la ritrosia dei governi nazionali – rappresentati dal Consiglio europeo – ad accettare “intromissioni” europee in materia di lavoro. E intanto le lavoratrici europee continuano a guadagnare il 16 per cento in meno dei loro colleghi uomini.
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Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
Economia & Lobby
A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
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Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Le Idf e lo Shin Bet hanno sventato un piano terroristico che prevedeva l'uso di una bomba da 100 kg a Kabatiya, in Cisgiordania. Lo ha reso noto l'Idf, aggiungendo che nel corso dell'operazione, i soldati hanno perquisito decine di siti, arrestato 15 terroristi, localizzato armi e smantellato esplosivi.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Sono stata rapita dai terroristi di Hamas il 7 ottobre dal Nova Festival insieme al mio compagno, Avinatan Or. Siamo stati presi con la forza, separati e siamo entrati nell'inferno sulla terra". Lo ha detto l'ostaggio liberato Noa Argamani al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, aggiungendo che "non abbiamo più tempo! Sono qui oggi, il che è un miracolo, ma ci sono ancora 63 ostaggi che stanno vivendo questo incubo, senza sapere se vivranno o moriranno. Non c'è bisogno che vi racconti di Kfir e Ariel Bibas e della loro madre Shiri. Una madre e i suoi bambini che sono stati brutalmente assassinati in prigionia".