Raccoglieranno i loro effetti personali per andare a lavorare in centri più grandi. Sono gli oltre settemila dipendenti del Ministero della Giustizia (tra questi più di duemila magistrati) che in queste ore stanno facendo armi e bagagli per essere destinati ad altre sedi. È in queste ore infatti che sta entrando in vigore la spending review della giustizia prevista dalla legge Severino: a chiudere i battenti dovrebbero essere 969 uffici in tutto il Paese, tra tribunali, procure e sedi distaccate.
Il condizionale però è d’obbligo: da nord a sud infatti è scoppiata la bagarre. Ovunque sindaci, avvocati e cittadini hanno incrociato le braccia per bloccare la chiusura del loro polo giudiziario. E in certi casi a scampare alla chiusura sono stati solo quei tribunali che potevano contare su un appoggio politico. Nelle ultime ore a fare notizia è sicuramente la Sicilia, dove alcuni manifestanti hanno bloccato un tratto della ferrovia che collega Palermo a Messina, causando il ritardo e la soppressione di diversi treni. “Ci stiamo battendo contro la soppressione dei tribunali di Mistretta e Nicosia” annunciavano bellicosi i manifestanti, infuriati per la smobilitazione dei due piccoli tribunali dell’isola.
A far sotterrare l’ascia di guerra ci ha però subito pensato il governatore Rosario Crocetta. “C’è la disponibilità della Regione Siciliana a contribuire per il mantenimento in vita dei tribunali siciliani, strategici ed essenziali per la legalità e la lotta contro il sistema mafioso” ha scritto il presidente in un comunicato stampa diffuso dopo aver incontrato i manifestanti messinesi. Un annuncio più unico che raro, che in pratica certifica la volontà della Regione Siciliana di sostenere le spese per mantenere aperti i tribunali contro la chiusura forzata prevista dalla legge Severino. L’annuncio di Crocetta, però, ha lasciato stupito soprattutto avvocati e cittadini degli altri tribunali, diversi da Mistretta, che in Sicilia chiuderanno i battenti a breve. Con l’attuazione della riforma voluta dall’ex ministro Paola Severino, a chiudere in Sicilia non saranno solo i tribunali di Nicosia, quattordici mila abitanti in provincia di Caltanissetta, e Mistretta, cinquemila residenti nel peloritano.
C’è anche il tribunale di un centro più grande come Modica, che di abitanti ne fa sessantamila e perderà anche la procura, più diverse sedi distaccate di tribunali maggiori: Messina perde anche Lipari, Milazzo, e Taormina, Catania dovrà chiudere le sedi distaccate di Acireale, Adriano, Vittoria Augusta, Avola e Lentini, mentre Palermo dovrà smobilitare uffici aperti in territori di frontiera come Castelvetrano, la città di Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante di Cosa Nostra, Mazara del Vallo, Bagheria, Partinico, Cefalù, Alcamo e perfino Corleone. Un totale di trenta uffici distaccati, che si vanno a sommare ai tre tribunali. Le parole di Crocetta però includevano nei bilanci regionali soltanto Mistretta e Messina. Perché? “Forse le nostre proteste hanno fatto poco rumore, o magari al governatore sta più a cuore Mistretta, chi lo sa?” provano a rispondere alcuni avvocati che a breve saranno orfani del tribunale di Modica. E non è sfuggito in effetti che ad usufruire del tribunale di Mistretta c’è anche il piccolo centro di Castel di Tusa, splendida cittadina balneare dove proprio il governatore ha fissato la sua dimora. Crocetta, che è originario di Gela, da quando è stato eletto governatore ha scelto Castel di Tusa come rifugio: per diversi mesi era ospite fisso dell’Atelier sul Mare, dimora a metà tra un albergo lussuoso e un’opera d’arte. Voci di corridoio però suggeriscono come dopo alcune incomprensioni con il mecenate Antonio Presti, suo amico e padrone di casa, il governatore abbia fatto le valigie, rimanendo però sempre a Castel di Tusa, dove ha affittato un appartamento. Dimore a parte, però, è certo come la zona dei Nebrodi, quella servita dal tribunale di Mistretta, rappresenti un bacino di voti sicuri per Crocetta. Alle ultime elezioni Il Megafono, la sua lista personale, ha raccolto da quelle parti trentamila voti al Senato: ben ventimila in più rispetto alle elezioni regionali che avevano incoronato Crocetta governatore. Ed è quindi forse spiegabile in questo senso la disponibilità di Crocetta ad aprire i cordoni della borsa per salvare il tribunale di Mistretta, foro non importantissimo, ma necessario e indispensabile per una fetta del suo elettorato. Un’azione quella del governatore che non è certo isolata.
Anna Finocchiaro, per esempio, è riuscita a salvare il tribunale di Caltagirone, originariamente incluso nella lista degli uffici da chiudere e poi miracolosamente salvato dalla scure della legge Saverino. A raccontarlo è l’ex presidente del consiglio comunale di Modica Carmelo Scarso, che qualche mese fa regalava ai microfoni di una radio locale un interrogativo netto. “Perché l’onorevole Anna Finocchiaro, cui Modica ha dato i natali, si è spesa e prodigata per difendere e salvare il Tribunale di Caltagirone ma nulla ha fatto per Modica?” si chiedeva Scarso, infuriato per la chiusura annunciata del tribunale della sua città . In origine, nella lista originaria dei tribunali da sopprimere c’era anche quello di Sciacca, in provincia di Agrigento, che però è riuscito alla fine a salvarsi dalla chiusura forzata.
Il perché lo spiega il vicepremier Angelino Alfano, che è originario proprio dell’agrigentino. “Da Ministro della Giustizia – ha annunciato Alfano – ho sempre guardato al tribunale di Sciacca come indispensabile presidio di legalità. Per questo mi sono tanto battuto nella difesa di questo ufficio giudiziario”. Ufficialmente Sciacca si è salvata in quanto tribunale presente all’interno di una zona ad alta densità mafiosa. Anche Castelvetrano però si trova nella stessa condizione, ma sembra comunque destinato alla chiusura.
Sempre che l’interrogazione parlamentare presentata dalla senatrice del Pd Pamela Orrù non abbia esito. La parlamentare ha preso carta e penna per scrivere al Ministero della Giustizia e chiedere un accorpamento tra Castelvetrano e la vicina Partanna, entrambi in provincia di Trapani, dove proprio la Orrù è stata eletta. Le richieste in via Arenula non si contano più, dato che a chiedere di salvare i tribunali minori, trasformandoli in sede distaccate, sono parlamentari di tutti gli schieramenti: dai Pdl Nitto Palma e Giacomo Caliendo, ai democratici Beppe Lumia e Walter Verini, fino al senatore di Scelta Civica Gianluca Susta. Il rischio è che alla fine a chiudere non saranno i tribunali più inutili e costosi, ma soltanto quelli rimasti senza uno straccio di protezione politica. Con tanti saluti alla spending review.
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