Il coraggio di Vincenzo Nibali vale “solo” il secondo posto. La Vuelta 2013 la vince Chris Horner. E i dubbi sulle prestazioni strabilianti di questo “nonno terribile”, 42anni a ottobre e una carriera poco più che modesta alle spalle. E’ questo il verdetto di tre settimane di corsa su e giù per la Spagna in cui i due hanno dato vita ad un duello sul filo dei secondi, che ieri sull’Alto de El Angliru ha scritto probabilmente una delle pagine più belle del ciclismo moderno.
Prima della passerella finale, oggi a Madrid, Nibali aveva indossato la maglia di leader della classifica per 13 giorni su 21. Horner soltanto due. Numeri da padrone per il siciliano, già vincitore e dominatore lo scorso maggio dell’ultimo Giro d’Italia. Nibali puntava ad una clamorosa doppietta. Eppure ad arrivare in maglia rossa alla partenza della tappa decisiva era stato proprio l’americano: il vantaggio accumulato da Nibali nella cronometro di Tarazona all’undicesima tappa si era pian piano ridotto nell’ultima settimana di montagna. Una ventina di secondi a Sallent de Gàllego, altrettanti a Peña Cabarga, poi il sorpasso sull’Alto del Naranco. Ai piedi dell’ultima salita della Vuelta, Horner e Nibali si sono presentati divisi da tre, piccolissimi secondi.
Peccato che quest”ultima salita fosse l’Alto de El Angliru. Non una montagna qualsiasi: come lo Zoncolan italiano, ma più lungo; come il Ventoux francese, ma più duro. Non a caso lo chiamano “il mostro”: 13 chilometri con pendenza media del 10% e tratti che arrivano addirittura al 24%. Alcuni la considerano la salita più dura del mondo. Su queste rampe Nibali e Horner si sono giocati la Vuelta.
L’americano partiva favorito. Dopo la “spallata” di Oviedo l’inerzia era tutta dalla sua parte. Ma tre secondi nel ciclismo sono nulla: con un solo ciclista in fuga davanti (il francese Elissonde, poi vincitore di tappa), il gioco degli abbuoni faceva sì che chi dei due avesse tagliato per prima il traguardo avrebbe vinto la Vuelta. Per questo il Nibali arrancante degli ultimi giorni avrebbe potuto controllare, salvare le energie e poi giocarsi tutto allo sprint. Avrebbe potuto, ma non lo ha fatto.
Nibali ha corso per vincere, senza calcoli. Come si faceva un tempo. E’ scattato la prima volta a 6,5 chilometri dal traguardo: Horner non ha risposto, ha ceduto fino a 10 secondi illudendo i tifosi italiani. Ma tutt’altro che allo sbando è andato su regolare e in breve tempo ha ricucito il buco. Nibali non si è arreso: nella foschia che calava sull’Angliru ha attaccato ancora, una, due, tre, quattro volte. Scatti di “cuore e anima” (come ha poi scritto lui stesso su Twitter), sempre nei punti più ripidi della salita, sempre tra smorfie di dolore e sofferenza. Horner ha traballato ma è rimasto a ruota. E a “saltare” alla fine è stato Nibali: all’ennesimo tornante le gambe hanno semplicemente smesso di girare, in poche centinaia di metri ha accumulato un ritardo di oltre trenta secondi. L’italiano ha dato tutto, superando i limiti di corridore regolarista e di una condizione ormai deficitaria. L’americano ha corso in maniera più intelligente. E ha avuto ragione.
Si potrebbe dire che ha vinto il più forte. E, al di là dell’epica prova di Nibali sull’Angliru, Horner indubbiamente lo è stato: imprendibile in montagna, tatticamente accorto, brillante nell’ultima settimana. Ma il “però” è dietro l’angolo. Christopher Horner, americano di origine giapponese, è nato a Okinawa nel 1971. Compirà 42 anni fra un mese. Nessuno a quell’età è mai stato in grado di vincere un grande giro, una corsa di tre settimane che a volte risulta insostenibile anche per il fisico di ventenni. Il più vecchio vincitore degli ultimi anni è stato Cadel Evans (Tour de France 2011 a 34 anni); Fiorenzo Magni ha vinto il Giro del ’55 a 35 anni; per i 36 anni di Lambot dobbiamo tornare indietro addirittura fino al Tour del 1922. Di over 40, neanche a parlarne. Horner, poi, prima di questa Vuelta non aveva mai vinto praticamente nulla: un paio di tappe fra Giro di Svizzera e di Romandia, classifiche finali di Tour della Georgia e della California. Un buon corridore di secondo piano. Che alle soglie dei 40 anni si è scoperto uomo da grandi giri: nono al Tour 2010, adesso addirittura vincitore della Vuelta 2013.
Di fronte alle sue prestazioni anche Nibali è rimasto incredulo: “Pazzesco andare così a 42 anni”. Tutto naturale? Sì, fino a prova contraria. Si potrebbe aggiungere anche che Horner dal 2009 al 2011 ha corso insieme a Lance Armstrong, che ha difeso pubblicamente dalle accuse di doping. E che tutti i corridori americani della sua generazione (da Armstrong, appunto, a Landis, Leipheimer, Hamilton e Hinacapie) sono reo confessi. Ma per il momento è solo dietrologia: “Nonno Horner” è il campione della Vuelta 2013.
Twitter: @lVendemiale
[foto da www.lavuelta.com]