La corruzione del giudice Metta per il Lodo Mondadori costerà a Silvio Berlusconi 494 milioni di euro, al netto degli interessi su quanto aveva già pagato in più. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha messo la parola fine sulla guerra di Segrate respingendo il ricorso della Fininvest contro la Cir dei De Benedetti per il risarcimento del Lodo. Che rimane quindi confermato, ma con un ritocco al ribasso: il taglio è di circa 23 milioni di euro rispetto ai 564,2 milioni di euro che il Biscione aveva già versato nel 2011. Alla somma da restituire, che fissa quindi il risarcimento in 541,2 milioni, vanno poi aggiunti interessi e rivalutazioni, che portano il totale da sottrarre a quanto già pagato da Fininvest a circa 70 milioni di euro e l’esborso complessivo di Berlusconi a favore di De Benedetti a quasi 500 milioni. La decisione è emersa dalle motivazioni sul Lodo depositate dalla Terza sezione civile della Cassazione relativamente all’udienza svoltasi lo scorso 27 giugno.

Si tratta di un verdetto monumentale di 185 pagine nelle quali si legge tra il resto che “la valutazione complessiva degli elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini civilistici, di ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo imputabile anche al dott. Berlusconi risulta correttamente motivata”. La Cassazione sottolinea inoltre che la vicenda penale del Lodo Mondadori si è ormai “irrevocabilmente” conclusa per Berlusconi, che è stato prosciolto per prescrizione.

Corretta, sempre ad avviso della Cassazione, anche la “conclusione in diritto” cui è arrivata la Corte d’appello, alla luce della quale “l’avvocato Previti doveva ritenersi organicamente inserito nella struttura aziendale della Fininvest e non occasionalmente investito di incarichi legali conseguenti alle incombenze demandategli”. Tra queste rientravano “anche l’attività di corruzione di alcuni magistrati, allo scopo di conseguire illeciti vantaggi” per la Fininvest. In proposito, i supremi giudici bocciano come inconferente la tesi della difesa Fininvest sulla “pretesa impredicabilità del necessario rischio tipico connaturato al conferimento di incarichi legali, con riferimento all’attività di corruzione”, in quanto “ben altro” è risultato “il rischio tipico cui volontariamente e consapevolmente” Previti “si era andato esponendo nello svolgere tale illecita attività, nell’evidente e non dubitabile interesse della Fininvest”.

Entrando nel dettaglio della sentenza, poi, la Suprema Corte, ha accolto solo, e in parte, uno dei motivi della difesa Fininvest, il tredicesimo, inerente il reclamo per l’eccessiva valutazione delle azioni del gruppo L’Espresso. Sul punto i supremi giudici hanno “cassato senza rinvio il capo della sentenza di appello contenente la liquidazione del danno in via equitativa, come stimata nella misura del 15% del danno patrimoniale già liquidato” e subìto con l’annullamento, nel 1991 da parte della Corte d’Appello di Roma, del lodo arbitrale favorevole a De Benedetti sul controllo della Mondadori.

In secondo grado, per i giudici, era stato stabilito che se il relatore non fosse stato corrotto, la Mondadori sarebbe andata a De Benedetti. In primo grado, il giudice Raimondo Mesiano aveva fissato un risarcimento di 749,9 milioni(poi ridotto di peso in appello) sostenendo che la Cir aveva subìto un danno patrimoniale da perdita di chance. Secondo la Cassazione (in linea con la Corte d’appello) invece, la corruzione da parte dellaFininvest del giudice romano Vittorio Metta, ha privato la Cir di De Benedetti “non tanto della chance di una sentenza favorevole, ma, senz’altro, della sentenza favorevole, nel senso che, con Metta non corrotto, l’impugnazione del Lodo sarebbe stata respinta”. Nel motivo di ricorso di Fininvest che la Cassazione ha accolto si denunciava falsa applicazione del criterio equitativo sul danno patrimoniale ulteriore.  Confermata nel resto l’impugnata sentenza.

A favore della Cir, la Cassazione haanche liquidato 900.200 euro per le spese del giudizio innanzi alla Suprema Corte. E la cifra poteva essere pari al doppio se la Corte non avesse deciso di dimezzarle per “la complessità e la novità delle questioni trattate (che emergono anche dalla operata correzione della motivazione della sentenza di appello) e l’accoglimento di uno dei 15 motivi di ricorso” della Fininvest. Il verdetto è firmato dal presidente del collegio della Terza sezione civile, Francesco Trifone, e dal consigliere Giacomo Travaglino.

La notizia ha fatto fare un balzo in Borsa al titolo della holding dei De Benedetti che viaggiava in parità ed è balzato del 6,89 per cento. A seguito della sentenza della Corte d’appello di Milano depositata il 9 luglio 2011 che aveva condannato Fininvest al risarcimento del danno causato da corruzione giudiziaria nella vicenda del Lodo Mondadori, Cir aveva ricevuto da Fininvest il pagamento di 564,2 milioni, comprensivi di spese legali ed interessi.

“Tale importo, secondo quanto previsto dai principi contabili internazionali (IAS 37), non ha avuto e non avrà impatti sul conto economico del gruppo fino all’ultimo grado di giudizio – si legge nell’ultimo bilancio di Cir -. Le maggiori disponibilità, iscritte a bilancio a fronte di un debito finanziario di pari importo, non comportano alcun mutamento nella strategia cui si ispira la gestione finanziaria del gruppo”, che ora invece, fatte le debite sottrazioni, ne potrà disporre liberamente. Effetto opposto, ma più contenuto, per Mediaset che da un andamento positivo è passata a uno negativo e ha ceduto lo 0,59 per cento, mentre Mondadori dopo un iniziale sbandamento ha chiuso in semi parità a +0,09 per cento.

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