Domenica 1 settembre alla festa provinciale del PD di Modena, è stato proiettato il film Trashed con Jeremy Irons; è un film che denuncia l’invasione della spazzatura, l’uso incontrollato delle discariche ed i danni alla salute degli inceneritori; è inoltre una forte denuncia della società dei consumi e dell’usa e getta; in un passaggio, in particolare, si segnala come ben l’8% del petrolio venga trasformato in materie plastiche che per il 30% avranno una vita non più lunga di un anno; le immagini sono agghiaccianti, sia che provengano da paesi del terzo mondo, sia che provengano dai paesi più avanzati.

Ripetiamo che la proiezione è avvenuta alla festa del PD.

Il 14 agosto, quindi pochi giorni prima, la Provincia di Modena, con una propria determina e nonostante le perplessità della Regione (sarà una coincidenza, ma dopo pochi giorni Vasco Errani ha revocato la delega a Sabrina Freda, Assessore regionale all’Ambiente), aveva stabilito che l’inceneritore di Modena da impianto di smaltimento rifiuti, diventa produttore di energia. Del resto già da tempo questo mostro ecologico qualcuno lo chiama “Termovalorizzatore”; termine quanto mai improprio, inesistente nel vocabolario. Altrettanto, inappropriato è, fisicamente parlando, parlare di “trasformare i rifiuti in energia”.

Ma torniamo al nodo della questione: le conseguenze? Potranno arrivare rifiuti da altre province.

Sono seguite, nei giorni successivi, ampie rassicurazioni del Sindaco e del Presidente della Provincia (ambedue in scadenza ravvicinata) sul fatto che mai e poi mai arriveranno rifiuti da fuori e che, comunque, si è trattato di un atto dovuto date le caratteristiche dell’ impianto. Del resto, l’impianto è decisamente sovradimensionato per la provincia di Modena: 240.000 t sono ben più dei rifiuti indifferenziati della nostra provincia, e per “sfamarlo” e soprattutto coprirne i costi, va da se che si cerchino strade “sporche”, vuoi rifiuti speciali, vuoi rifiuti importati da altrove.

Il tema dello smaltimento dei rifiuti è uno di quelli (dei pochi) che ancora riesce ad appassionare i cittadini, o almeno quella sempre più esigua parte che ha ancora la forza ed il coraggio di impegnarsi nonostante la generalizzata sfiducia nella classe politica e degli impegni che essa si assume.

Sabato 31 agosto, vi era stata una manifestazione di protesta a cui aveva aderito un centinaio scarso di persone; ciò nonostante, i mezzi di comunicazione avevano dato ampio risalto all’ evento, cosa che aveva fatto imbestialire l’assessore all’ ambiente del Comune che si era scagliata contro la stampa che enfatizza eventi di scarso peso.

Resta comunque il fatto che il problema dello smaltimento dei rifiuti sia sempre più complesso; i rifiuti pro capite sono cresciuti ben più del PIL e anche se negli ultimi anni, complice la crisi, non crescono più o perfino calano, ma restano comunque troppi.

Cresce la raccolta (più o meno) differenziata, crescono le contestazioni alle discariche ed agli inceneritori. Al di là di campanilismi e di “sindrome di Nimby” (comunque da non demonizzare), l’aumento dei conflitti ambientali è un chiaro segno di “superamento dei limiti”; i rifiuti sono troppi, anche perché quelli che vediamo e di cui discutiamo sono solo la punta dell’iceberg: i rifiuti urbani. Pochi parlano invece del problema dei rifiuti speciali, di origine industriale, ben maggiori come quantità e ben peggiori come qualità, ma che possono essere esportati non solo di provincia ma anche all’estero. Se poi non si riesce, magari si delocalizza l’intera azienda, esportando conflitti sindacali, ambientali e fiscali.  

Nei giorni precedenti un altro fatto di grande impatto comunicativo era accaduto; vicino a Carpi, un impianto di raccolta e separazione della plastica proveniente dalla raccolta differenziata era andato a fuoco; è venuto così alla luce che il presidente di quella azienda era il presidente del consiglio provinciale, nonché ex sindaco di Carpi. Le analisi ARPA sono poi apparse rassicuranti, ma la gente, a torto o a ragione, non si fida; ad di là se c’era o meno diossina, il fumo nero e acre, alto che si è sprigionato non era certo aria pura di montagna. Al di là di questo,   si è capito che la raccolta differenziata e il riciclaggio non sono così ecologici come dice chi sostiene la “greeneconomy” . Certo, meglio che incenerire o portare in discarica, ma resta il problema dei problemi: produciamo troppi rifiuti.

Dunque che fare, oltre a contestare? Dovremmo essere pronti non solo a fare i virtuosi negli acquisti e nella raccolta differenziata, ma non basta; occorre imporre serie regole alle aziende per ridurre i rifiuti alla fonte. Una per tutte? Una bella legge che vieti l’usa e getta quando non è necessario, come, ad esempio per le bottiglie di plastica. E’ tabù riparlare di riduzione del consumismo?

O va contro alla teoria della crescita a tutti i costi? E’ forse un tabù, parlare di un nuovo e diverso modello di sviluppo, più rispettoso dell’ ambiente e delle risorse della terra e che vada, se necessario, anche contro interessi ed abitudini consolidati? Ma qui dovrebbe entrare in campo la politica con le sue idee del futuro… se ci sono.

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