Undicimilacento euro lordi, per dodici mesi, per cinque anni di legislatura, sono troppo pochi. Almeno per i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana, che dall’inizio dell’anno si riuniscono per tentare di tagliarsi lo stipendio. Un taglio minimo, di appena duemila euro lordi al mese, come previsto dal decreto Monti, ma che evidentemente deve essere sembrato troppo corposo ai parlamentari siciliani. “Come si permettono da Roma a mettere il naso nella nostra busta paga?” si saranno chiesti i deputati della commissione sulla spending review, creata appositamente per recepire il decreto legge numero 172 del 2012, che impone un taglio agli stipendi di tutti gli amministratori.
Autotassarsi però è sempre difficile, soprattutto in periodo di crisi, anche se attualmente in Sicilia i deputati regionali non sono esattamente al verde, dato che portano a casa ben 13 mila euro lordi al mese. La commissione per la spending review ha avuto quindi vita difficile. E il presidente, il deputato del Pd Antonello Cracolici, ha ben pensato di dimettersi, evitando di prestare la faccia alla cupidigia dei colleghi. “Qualcuno voleva traccheggiare, si riunivano prima della seduta della commissione e cercavano il rinvio” ha detto il parlamentare democratico. A far saltare il tavolo è stato, come spesso capita sull’isola, il nodo della famosa Autonomia della Regione Sicilia. Concetto troppo spesso levato a mo’ di scudo per difendere prebende e privilegi che in altre regioni semplicemente non esistono. In Sicilia, infatti, una legge del 1965 equipara l’Assemblea parlamentare al Senato della Repubblica, e anche lo stipendio dei deputati è equiparato a quello dei senatori: che tra diaria, gettoni e indennità possono arrivare a guadagnare anche 15 mila euro lordi al mese.
Potevano gli onorevoli deputati rinunciare a tutto ciò, accontentandosi di “appena” undicimila euro e spiccioli? Ovvio che no. “La casta sta solo aspettando che l’opinione pubblica si stanchi di affrontare i temi riguardanti gli sprechi della politica. E intanto, anche in questo caso stavolta ha pensato bene di conservare i propri privilegi” ha stigmatizzato Giancarlo Cancelleri, capogruppo del Movimento Cinque Stelle all’Ars. In commissione il Movimento di Beppe Grillo aveva avanzato ben due proposte di riduzione: la prima tagliava gli stipendi dei deputati fino a duemilacinquecento euro netti al mese, ovvero la stessa cifra percepita dai parlamentari dei Cinque Stelle, che restituiscono alla Regione una parte dello stipendio. “Ma ci siamo resi conto – spiega l’altro deputato dei Cinque Stelle Salvo Siragusa – che la nostra prima proposta non sarebbe mai passata. Così, ne abbiamo avanzata una un po’ più ‘morbida’: 5mila euro lordi, una diaria di 2.600 euro e 3.600 euro per le spese legate all’attività parlamentare”.
Anche lì però gli altri deputati hanno risposto picche. “Io ho avanzato l’ipotesi che il deputato regionale siciliano guadagnasse quanto un consigliere regionale della Lombardia o dell’Emilia Romagna. Altrimenti sarebbe passato solo il messaggio che lo Statuto siciliano è fonte unicamente di privilegi” ha spiegato Cracolici, che si è dimesso dopo che ieri pomeriggio era arrivato sul suo tavolo un emendamento firmato dall’onorevole Riccardo Savona, recentemente migrato dai banchi dell’opposizione a quelli della maggioranza di Rosario Crocetta. Oggetto dell’emendamento di Savona era la proposta di sganciare la riforma sul taglio degli stipendi dal decreto Monti, facendo invece riferimento proprio alle buste paga del Senato. In pratica i deputati erano d’accordo ad abbassarsi lo stipendio fino a undicimila euro, ma rimanendo sempre agganciati alla situazione di Palazzo Madama. Un taglio momentaneo dato che, passato questo periodo di vacche magre, a Roma gli stipendi potrebbero ricominciare a salire. E così anche a Palermo. Dove undicimila euro al mese sono pochi e i parlamentari hanno imparato a salvaguardarsi il futuro anche quando debbono tagliarsi lo stipendio.
Politica
Casta, i deputati siciliani non si tagliano lo stipendio: 11mila euro? Troppo pochi
Il deputato regionale Pd Cracolici si dimette da presidente della commissione che dovrebbe applicare la spending review di Monti: "I colleghi puntano sempre al rinvio". Impossibile finora far passare un piccolo taglio da 2mila euro al mese. Nel nulla anche due proposte del M5S per ridurre prima a 2.500 e poi a 5mila la retribuzione
Undicimilacento euro lordi, per dodici mesi, per cinque anni di legislatura, sono troppo pochi. Almeno per i deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana, che dall’inizio dell’anno si riuniscono per tentare di tagliarsi lo stipendio. Un taglio minimo, di appena duemila euro lordi al mese, come previsto dal decreto Monti, ma che evidentemente deve essere sembrato troppo corposo ai parlamentari siciliani. “Come si permettono da Roma a mettere il naso nella nostra busta paga?” si saranno chiesti i deputati della commissione sulla spending review, creata appositamente per recepire il decreto legge numero 172 del 2012, che impone un taglio agli stipendi di tutti gli amministratori.
Autotassarsi però è sempre difficile, soprattutto in periodo di crisi, anche se attualmente in Sicilia i deputati regionali non sono esattamente al verde, dato che portano a casa ben 13 mila euro lordi al mese. La commissione per la spending review ha avuto quindi vita difficile. E il presidente, il deputato del Pd Antonello Cracolici, ha ben pensato di dimettersi, evitando di prestare la faccia alla cupidigia dei colleghi. “Qualcuno voleva traccheggiare, si riunivano prima della seduta della commissione e cercavano il rinvio” ha detto il parlamentare democratico. A far saltare il tavolo è stato, come spesso capita sull’isola, il nodo della famosa Autonomia della Regione Sicilia. Concetto troppo spesso levato a mo’ di scudo per difendere prebende e privilegi che in altre regioni semplicemente non esistono. In Sicilia, infatti, una legge del 1965 equipara l’Assemblea parlamentare al Senato della Repubblica, e anche lo stipendio dei deputati è equiparato a quello dei senatori: che tra diaria, gettoni e indennità possono arrivare a guadagnare anche 15 mila euro lordi al mese.
Potevano gli onorevoli deputati rinunciare a tutto ciò, accontentandosi di “appena” undicimila euro e spiccioli? Ovvio che no. “La casta sta solo aspettando che l’opinione pubblica si stanchi di affrontare i temi riguardanti gli sprechi della politica. E intanto, anche in questo caso stavolta ha pensato bene di conservare i propri privilegi” ha stigmatizzato Giancarlo Cancelleri, capogruppo del Movimento Cinque Stelle all’Ars. In commissione il Movimento di Beppe Grillo aveva avanzato ben due proposte di riduzione: la prima tagliava gli stipendi dei deputati fino a duemilacinquecento euro netti al mese, ovvero la stessa cifra percepita dai parlamentari dei Cinque Stelle, che restituiscono alla Regione una parte dello stipendio. “Ma ci siamo resi conto – spiega l’altro deputato dei Cinque Stelle Salvo Siragusa – che la nostra prima proposta non sarebbe mai passata. Così, ne abbiamo avanzata una un po’ più ‘morbida’: 5mila euro lordi, una diaria di 2.600 euro e 3.600 euro per le spese legate all’attività parlamentare”.
Anche lì però gli altri deputati hanno risposto picche. “Io ho avanzato l’ipotesi che il deputato regionale siciliano guadagnasse quanto un consigliere regionale della Lombardia o dell’Emilia Romagna. Altrimenti sarebbe passato solo il messaggio che lo Statuto siciliano è fonte unicamente di privilegi” ha spiegato Cracolici, che si è dimesso dopo che ieri pomeriggio era arrivato sul suo tavolo un emendamento firmato dall’onorevole Riccardo Savona, recentemente migrato dai banchi dell’opposizione a quelli della maggioranza di Rosario Crocetta. Oggetto dell’emendamento di Savona era la proposta di sganciare la riforma sul taglio degli stipendi dal decreto Monti, facendo invece riferimento proprio alle buste paga del Senato. In pratica i deputati erano d’accordo ad abbassarsi lo stipendio fino a undicimila euro, ma rimanendo sempre agganciati alla situazione di Palazzo Madama. Un taglio momentaneo dato che, passato questo periodo di vacche magre, a Roma gli stipendi potrebbero ricominciare a salire. E così anche a Palermo. Dove undicimila euro al mese sono pochi e i parlamentari hanno imparato a salvaguardarsi il futuro anche quando debbono tagliarsi lo stipendio.
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "I continui rinvii del governo Meloni sembravano indirizzati a portare a compimento qualcosa di più della semplice propaganda, ma invece si va verso il nulla. Tre miliardi rispetto alla marea di aumenti sulle bollette sono davvero poca cosa, quasi una presa in giro. Milioni di cittadini stanno subendo rincari di quasi il 40%, migliaia di aziende rischiano la chiusura e altrettanti lavoratori il proprio posto. Ma d'altronde sbagliamo noi a stupirci. Per il governo Meloni il modello d'imprenditoria è quello della ministra Santanchè. Sbaglia chi si spacca la schiena come i cittadini che cercano di far quadrare i conti a fine mese o le imprese che fanno di tutto per stare sul mercato. Per Giorgia Meloni la cosa migliore è cercare qualche santo in paradiso o, meglio ancora, qualche amicizia che conti". Così in una nota Riccardo Ricciardi, capogruppo M5S alla Camera.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Ci sono modalità diverse con le quali ci si rapporta a Trump. Credo che la presidente Meloni senta la responsabilità di essere un ponte fra l'Europa e l'America dati i suoi buoni rapporti con Trump". Lo ha detto l'eurodeputata di Fi, Letizia Moratti, a Otto e mezzo su La7.
"Sul tema dei dazi, credo che Trump sia uno shock per l'Europa, uno stimolo positivo perché l'Ue può mettere in atto le riforme richieste nel rapporto Draghi e Letta che chiedono un'Europa più competitiva, più favorevole agli investimenti, con una transizione energetica sostenibile e quindi in grado di sostenere il welfare."
"Siamo alleati storici degli Usa - continua Moratti - e in questo momento dobbiamo avere la consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un presidente eletto ed anche amato dai cittadini americani. L'Europa non può permettersi di non avere un dialogo con Trump. Sono moderata e liberale e il suo stile non mi appartiene ma nell'ambito del mio ruolo di parlamentare europea credo sia dovere rispondergli con fermezza e immediatezza ma cercando sempre il dialogo che porta vantaggi reciproci, come ha detto oggi la presidente Metsola."
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Nel momento in cui Donald Trump "fa saltare l'ordine internazionale basato sul multilateralismo" e "mette a rischio l'unità europea", è importante non far mancare "il nostro sostegno all'Ucraina" parallelamente ai negoziati che "non potranno coinvolgere Europa e Ucraina". Così Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare, alla Direzione del Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Il giorno in cui Eni annuncia un utile di 14,3 miliardi di euro, la maggioranza presenta un decreto truffa che non affronta la vera questione di come ridurre il peso delle bollette. Il Governo Meloni per aiutare veramente le famiglie italiane avrebbe dovuto tassare gli extraprofitti, rivedere la decisione di trasferire 4,5 milioni di famiglie dal mercato tutelato a quello libero, e puntare sulle rinnovabili invece che sul gas". Così Angelo Bonelli, Co-Portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
"La realtà dei fatti resta una sola: il governo di Giorgia Meloni ha favorito i grandi colossi energetici, che hanno accumulato extraprofitti per oltre 60 miliardi di euro, mentre le famiglie italiane hanno visto raddoppiare le bollette e molte sono costrette a non riscaldarsi per paura di non poterle pagare".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - “Benissimo il governo sulle bollette: previsti tre miliardi che andranno a sostegno di imprese e almeno 8 milioni di famiglie. Dalle parole ai fatti”. Così Armando Siri, Consigliere per le politiche economiche del Vicepremier Matteo Salvini e coordinatore dipartimenti Lega.
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Alcune veloci considerazioni a partire dalle cose che credo vadano meglio precisate. La prima: non siamo stati e non siamo di fronte a postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della ue. È stato Putin a rifiutare sempre ogni dialogo, quel dialogo che oggi riconosce a Trump perché lo legittima come suo alleato", Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.
"Occorre spingere con forza per un’autonomia strategica e politica dell’Europa, iniziando subito il percorso di cooperazione sulla difesa perché non saranno le buone intenzioni a rendere forte l’Unione Europea ma la capacità di imporsi e esercitare deterrenza, non escludendo nessuna opzione che sarà necessario adottare e che sarà stabilita in quadro di solidarietà europea".
"Per noi, democratici e europei, è il tempo di decidere - aggiunge Picierno- se essere solo un pezzetto di un Risiko in cui altri tirano i dadi o se essere un continente libero e forte. E va chiarito tanto ai nemici della democrazia quanto ai nostri alleati, senza perdere altro tempo e senza cincischiare noi: l’unica lotta che definisce il nostro tempo e il campo della politica, oggi, è quella dell’europeismo e in difesa delle democrazie liberali e delle libertà dei popoli".
"Siamo noi tutti in questo campo? Pensiamo ad un'alternativa alla destra che parta da questo campo? A me onestamente non è ancora chiaro. Sarei felice di essere smentita, ovviamente. Ma servono parole chiare che vanno pronunciate senza più giocare a nascondino. Crediamo tutti in un’Europa competitiva, con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano politico e militare? Perchè questa è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Non domani, oggi".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni, "nell’incontro di Parigi c’era in ritardo e di malavoglia. Intanto partecipa con trasporto e passione agli incontri della destra mondiale che considera l’Europa un incidente della storia. A Kyiv alle celebrazioni per il terzo anno della resistenza, non c’era proprio. A dir il vero ero sola proprio come italiana, ma con tanti colleghi progressisti e socialisti, c’era il mondo libero, i leader e parlamentari progressisti consapevoli della sfida che abbiamo di fronte e che il tempo di agire è ora". Lo ha detto la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, alla Direzione del Pd.