Dopo il tentativo fallito di Mario Monti, Enrico Letta vara il suo piano per attrarre investimenti. “Questa è la prima pagina di un piano di attrazione degli investimenti esteri in Italia che si chiamerà Destinazione Italia“, ha spiegato il presidente del Consiglio. “Il governo vuole dare un segnale molto forte al mondo per fare investimenti economici e finanziari nel nostro Paese”, ha aggiunto. Per poi precisare: “Cominceremo un road show nelle principali piazze finanziarie, il cui inizio sarà la settimana prossima a New York, dove incontreremo gli operatori finanziari per presentare Destinazione Italia”. Il tutto dopo avere cominciato “una consultazione pubblica con i soggetti istituzionali e pubblici”.
Dopo il viaggio negli Stati Uniti, Letta si recherà nei Paesi del Golfo tra il 7 e il 9 ottobre. Il piano Destinazione Italia è un”modo per agevolare e semplificare” gli investimenti stranieri nel nostro Paese e prevede “50 misure molto secche e semplici per risolvere i problemi più grossi” che le imprese incontrano venendo in Italia. Gran parte degli interventi, ha aggiunto, riguardano la “burocrazia, i problemi del fisco e le questioni infrastrutturali“, come il piano per gli aeroporti e le questioni delle bonifiche. Il testo del piano sarà diffuso nel pomeriggio perché vi sono state apportate alcune modifiche. “E’ una specie di versione 0.5 che va alla consultazione pubblica per due o tre settimane”, ha spiegato Letta, “affinché tutti quelli che vogliono dare contributi pubblici abbiano il tempo di farlo”.
Con il piano Destinazione Italia inizierà il più volte annunciato percorso di privatizzazioni di cui si parlerà anche nella nota di aggiornamento del Def. Il premier ha precisato che il percorso riguarderà “cose che è giusto privatizzare perché non sempre privato è meglio del pubblico”, come si è visto in esempi passati. “Credo sia importante dare un segno molto forte al mondo per fare investimenti”, ha aggiunto il presidente del Consiglio. “Il piano vuole attrarre gli investimenti secondo un modello che non vuole essere quello dell’outlet che svende o quello di Fort Apache in difesa”.
Letta ha giustificato l’approvazione del piano con la penuria di investimenti in Italia: “Il nostro Paese ha un drammatico bisogno di investimenti diretti esteri. Abbiamo cifre troppo basse” in questo campo. Una bocciatura di fatto, benché indiretta, dei risultati ottenuti sul campo da Invitalia, l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti controllata al 100% dallo Stato che a livello di gruppo tra il 2008 e il 2011 ha raddoppiato il rosso di bilancio portandolo da 2,89 a 5,9 milioni di euro.
Cionostante non più tardi di un mese fa il Tesoro ha confermato sulla tolda di comando l’amministratore delegato Domenico Arcuri che tra l’altro è stato tra i recordman degli stipendiati pubblici con un emolumento che nel 2011, l’ultimo che è stato ufficializzato, ha raggiunto quota 792mila euro, di cui 175mila euro come stipendio, 361mila come compenso fisso e 254mila come compenso variabile. In quella sede il vicepresidente del gruppo Pdl al Senato, Paolo Romani, aveva tradotto la riconferma come un riconoscimento del valore e delle capacità dei massimi vertici dell’Agenzia che “declina la propria attività, su mandato dell’esecutivo, fra politiche industriali e di coesione, attrazione di investimenti esteri, crescita e occupazione, con particolare riguardo alle aree deboli del Paese”. Il nuovo piano del governo vedrà il “coordinamento dalla presidenza del Consiglio” dei vari ministeri coinvolti e di “una governance unitaria affidata a Invitalia”, come ha dichiarato il ministero dello Sviluppo, Flavio Zanonato.