Venite che vi racconto una favoletta. Immaginatevi che il Parlamento di un Paese che fu antisemita fino a ieri stia approvando, dopo tanto estenuato dibattere, una legge sull’antisemitismo. Evviva, finalmente!, direte voi. Al tempo.
Chiaro: non la migliore legge possibile, nemmeno secondo il suo relatore di maggioranza, di origine ebraiche, – cui daremo l’immaginario e casuale nome di Adolf Scalfarotten – per il semplice motivo che la stanno approvando coi voti di partiti più o meno apertamente antisemiti. Non che fosse l’unica opzione: esisteva in Parlamento una maggioranza fatta da partiti non antisemiti. Ma sapete come va il mondo: è una legge che riflette un governo delle larghe intese con quella che potremmo definire banalmente “gentaglia”. Realpolitik, cari miei, che volete farci? La vita dei parlamentari è dura, ma qualcuno la deve pur fare, anche nelle favolette.
Quindi questa nuova legge offre tanti bei principi di senso comune, frenati però dalla mancanza di un quid fondamentale: la specificazione, nella legge e nell’ordinamento di quel Paese che fu antisemita fino a ieri, di cosa si intenda precisamente per “antisemitismo”. Senza quella specificazione, hai voglia a trovare un giudice che si arrischi a stabilire da sé ciò che la legge non definisce, quindi cosa sia un contenuto antisemita, e cosa non lo sia. Tuttavia, dicono i sostenitori ebraici della legge: almeno si comincia a parlare di questi concetti!
Poi però, nel bel mezzo del testo, la maggioranza parlamentare fatta da buoni & cattivi, approva un sub-emendamento proposto da un deputato fra i più cattivi, Joseph Gitten, che recita come segue:
“Non costituiscono discriminazione aggravata dall’antisemitismo le opinioni assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attivita’ di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni.”
Ohibò. A questo punto tutti capirebbero che quest’aggiuntina qui sopra vanificherebbe il senso intero di una legge contro l’antisemitismo. Di più: quest’aggiuntina stabilirebbe – in modo favolosamente paradossale – che tutte le opinioni antisemite espresse da partiti (mettete: un partito di hitleriani nostalgici, o magari Forza Nuova, in Italia), sindacati (un sindacato nazional-socialista), associazioni culturali (chessò, una Militia Christi, o il capitolo italiano del Ku Klux Klan statunitense, o qualche gruppo di templari antisemiti), associazioni sanitarie (qui si accontenterebbe l’Associazione Medici per l’Eugenetica Antisemita, che sostiene che l’essere ebrei o di razza non ariana sia una malattia da curare), associazioni d’istruzione ovvero di religione o di culto (i cardinali lefebvriani della Chiesa cattolica, magari, ma anche i Talebani musulmani d’Italia) non rappresentano esempi di antisemitismo sanzionabili dalla legge. Sarebbe una patente, una licenza a esprimere concetti antisemiti per salvaguardare la sacra “libertà d’espressione” di chi, nei fatti, considera gli ebrei come inferiori rispetto a tutti gli altri. E vuole continuare a dirlo liberamente.
Non tarderebbero le reazioni di tutte le associazioni per i diritti delle persone di origine ebraica. Un mare di proteste e di dichiarazioni ufficiali avvelenate. I cittadini ebrei si dividerebbero fra coloro che emigrano, coloro che decidono di resistere a qualunque costo, e qualche persona più debole, magari adolescente, che si suiciderebbe, vessato da un bullismo scolastico e ora anche istituzionale.
Bene, adesso svegliatevi dalla mia favoletta.
Sostituite al termine “antisemitismo” il termine “omofobia“. Sostituite al nome del deputato di fantasia Joseph Gitten, il nome dell’onorevole di Scelta Civica, Gregorio Gitti. Sostituite al nome del relatore di fantasia, Adolf Scalfarotten, il nome dell’onorevole del Partito Democratico, Ivan Scalfarotto, che nella realtà ha anche difeso la bontà del subemendamento Gitti: “E’ una norma di garanzia“, ha detto, “che protegge omosessuali e transessuali e chiarisce che nessuno vuole punire la libertà di opinione“. Sostituite al mondo delle associazioni e dei blogger per i diritti delle persone ebraiche, i partiti e le associazioni e i blogger per i diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (M5S, SeL, Mario Mieli, ArciGay, Rete Lenford, Rete Agatergon, GayNet, Elfo Bruno, Cristiana Alicata). Benvenuti nel Parlamento della Repubblica italiana, dove il 19 settembre 2013 è passata alla Camera dei Deputati (228 sì, 57 no, 108 astenuti) la prima Legge sull’omofobia che ha la deliziosa peculiarità di essere omofobica.
Un record mondiale.
Da festeggiare, a mio personale parere, con le dimissioni immediate dell’On. Ivan Scalfarotto.