Telecom Italia parlerà spagnolo. E’ stato raggiunto nella notte l’accordo con cui la compagnia iberica Telefonica sottoscriverà un aumento di capitale di Telco, la società che detiene il 22,4% di Telecom. La ricapitalizzazione si attesta a quota 324 milioni di euro a 1,09 euro per azione. La percentuale di quote Telco in pancia a Telefonica, che oggi si ferma a quota 46,2%, è destinata a salire prima al 66% e poi al 70 per cento. Nell’accordo è prevista un’opzione per arrivare al 100% a gennaio 2014. La portata dell’operazione è però sminuita da Franco Bernabè, presidente del gruppo: “Telecom Italia non diventa spagnola perché l’operazione riguarda Telco”. Dello stesso avviso Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo Economico: “La Telco, che possiede un 20% di Telecom Italia, era già a maggioranza Telefonica. Mi pare che sia dura sostenere che Telecom diventi spagnola”. La notizia ha già fatto schizzare il titolo della compagnia telefonica a piazza Affari, che all’apertura di Borsa parte con un +4 per cento.

I soci italiani di Telecom – Assicurazioni Generali, Intesa e Mediobanca – nella notte hanno concluso con Telefonica un “accordo modificativo” del patto parasociale relativo a Telco. In una prima fase, la compagnia spagnola sottoscriverà un aumento di capitale per complessivi 324 milioni di euro. L’operazione, stando a quanto riporta Il Sole 24 Ore, prevede il passaggio di Telco, la società a cui fa capo il 22,4% di Telecom Italia, in due fasi. Gli spagnoli, azionisti con il 46,2% salirebbero in un primo momento intorno al 66%, per poi arrivare fino al 70% dopo circa un anno. Telefonica potrà esercitare un’opzione per arrivare al 100% di Telco a gennaio 2014. I nuovi titoli rilevati da Madrid sarebbero però senza diritto di voto. Telefonica avrebbe offerto 1,09 euro per le azioni in mano ai soci italiani: Generali e Intesa Sanpaolo le hanno in carico a 1,2 euro mentre Mediobanca le ha svalutate a 0,53 euro. Telefonica andrà a rilevare sia l’equity sia la quota parte di debito di Telco (2,7 miliardi).

Telco utilizzerà gli importi derivanti dalla ricapitalizzazione per rimborsare l’indebitamento bancario in scadenza a novembre 2013. Il residuo debito bancario di Telco sarà interamente rifinanziato fino a un massimo di 700 milioni di euro, da Mediobanca e Intesa Sanpaolo in parti uguali, attraverso un nuovo finanziamento a condizioni di mercato. A seguito dell’integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, il capitale sociale di Telco risulterà in mano a Telefonica per il 66%, al Gruppo Generali per il 19,32%, mentre Intesa Sanpaolo e Mediobanca controlleranno ciascuno il 7,34%. L’accordo prevede inoltre una possibilità di scissione di Telco, che potrà essere richiesta durante una prima finestra tra il 15 e il 30 giugno 2014 e una seconda finestra tra l’1 e il 15 febbraio 2015. “Ciascun socio di Telco – si legge nella nota – mantiene la possibilità di vedersi attribuire le azioni di Telecom Italia, uscendo così dal patto parasociale, attraverso la scissione di Telco”.

Il consiglio d’amministrazione di Telco continuerà a essere composto da dieci membri: i soci italiani nomineranno 5 consiglieri e Telefonica i restanti. I quorum assembleari rimarranno invariati. Quanto invece alle modalità di presentazione della lista per la nomina degli amministratori di Telecom Italia, le parti hanno concordato che il numero degli amministratori da eleggere non sia inferiore a 13 e che, al netto degli amministratori da riservare alle liste di minoranza, i soci italiani avranno la possibilità di indicare i primi due nominativi della lista mentre i restanti nominativi saranno indicati per metà dai soci italiani e per metà da Telefonica.

Sulla scia della notizia dell’accordo, il titolo di Telecom ha aperto in Borsa con un rialzo del +4%, che però si è ridotto con il passare delle ore. Intanto Telefonica, sulla piazza di Madrid, è stata protagonista di un’apertura fiacca, con il titolo che rimane sostanzialmente invariato. L’intesa raggiunta con telefonica è salutata con favore non solo dai mercati, ma anche dai soci italiani. “Siamo soddisfatti di aver concluso questo accordo, in linea con i nostri obiettivi di rafforzamento patrimoniale”, afferma Mario Greco, ceo di Generali. “Ci permette di guardare con ottimismo alla distribuzione di un dividendo soddisfacente a fine anno”. Gli fa eco Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo: “Credo che Telecom Italia, come tutte le società che hanno un contenuto reale, possa trarre giovamento dalla presenza rafforzata di un operatore internazionale tra i primi al mondo”. Intanto Mediobanca, in una nota, fa sapere di ridurre il prestito soci di pertinenza per 35 milioni (da 78 a 43 milioni), attraverso il concambio in azioni Telefonica, e realizza un utile di circa 60 milioni, registrato nel primo trimestre dell’anno. 

Il presidente Franco Bernabè ha incontrato Antonio Catricalà, viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, e nella giornata di mercoledì sarà ascoltato in audizione dalla Commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato sulle prospettive del gruppo. Intanto Luigi Zanda, capogruppo Pd a Palazzo Madama, chiede che l’esecutivo riferisca in Aula sui casi Telecom e Alitalia: “E’ necessario che il governo venga al più presto in Senato a riferire sul grave declino del sistema industriale italiano che coinvolge due imprese strategiche per i nostri servizi pubblici”. La stessa richiesta è stata fatta dal collega di partito Roberto Speranza alla Camera.

“Il governo deve intervenire per bloccare la vendita a Telefonica con l’acquisto della sua quota” propone Beppe Grillo sul suo blog. “E’ sufficiente dirottare parte dei miliardi di euro destinati alla Tav in Val di Susa che neppure il governo francese vuole più”. Il leader M5S definisce la cessione di Telecom “un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane”. E ricorda di avere preventivato la vendita della compagnia di telecomunicazioni. “In passato, anni fa, avevo previsto questa fine ingloriosa con la cessione a Telefonica”, scrive il comico genovese. “La morte di Telecom Italia è iniziata con la sua cessione a debito ai capitani coraggiosi da parte di D’Alema nel 1999, allora presidente del Consiglio. Lui, il merchant banker di palazzo Chigi, è il primo responsabile di questa catastrofe. Un’azienda senza problemi finanziari si ritrovò improvvisamente con più di 30 miliardi di euro di debito“. Il post si chiude con la richiesta di avviare una commissione di inchiesta parlamentare “per accertare le responsabilità e gli eventuali guadagni illeciti”. I capigruppo M5S alla Camera e al Senato, Alessio Villarosa e Nicola Morra, hanno confermato che avanzeranno la richiesta alle rispettive Aule.

Sulla questione Telecom interviene anche Matteo Colaninno, responsabile delle Politiche economiche del Pd, nonché figlio di Roberto, ex presidente e ad della compagnia telefonica. “Quando l’Italia resta priva di un pezzo industriale importante, è una perdita” dice l’esponente democratico. “A rischio c’è la garanzia dei dipendenti e del piano industriale. Viene meno un imprenditore che comunque risponde al Paese. In questi casi bisogna domandarsi se esiste un socio industriale in grado di garantire futuro”. Anche il centrodestra si dice allarmato per il passaggio della compagnia telefonica in mano spagnola. “La cessione di Telecom Italia agli spagnoli è un segnale preoccupante per il capitalismo italiano e per il nostro Paese”, sostiene Renato Schifani, capogruppo Pdl al Senato. “Quello che allarma sono i passaggi di proprietà, specie di asset strategici, sempre dall’Italia verso l’estero e mai viceversa. Ci auguriamo che quanto meno questa vendita non intacchi gli attuali e i futuri livelli occupazionali”.

Alla preoccupazione della politica fa seguito quella dei sindacati. “Non è una bella pagina economica per il Paese”, sostiene il segretario Cisl Raffaele Bonanni. “Mentre Enel, rimasta sotto controllo pubblico, ha acquisito aziende spagnole diventando uno dei primi gruppi mondiali dell’elettricità, Telecom privatizzata del tutto finisce in mano agli altri”. Sulla stessa linea Luigi Angeletti, leader della Uil. “E’ un altro duro colpo per noi”, spiega il sindacalista. “Così perderemo un’altra delle poche, grandi imprese che ancora restano sotto il controllo italiano. Questo accordo ha una ricaduta per noi negativa sul fronte occupazionale, non solo nell’immediato ma soprattutto per il futuro”.

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