Il Pdl bombarda il governo e minaccia la rivolta dei parlamentari: dimissioni di massa dalle Camere se il Senato voterà la decadenza di Silvio Berlusconi. Bluff o non bluff, questa volta Giorgio Napolitano non resta in silenzio. Il presidente della Repubblica interviene in tre tempi e sembra un crescendo che lo porta a dire alla fine che non c’è nessun colpo di Stato, come aveva detto il Cavaliere durante l’assemblea dei parlamentari del Pdl. Nessun colpo di Stato ed è “assurdo evocarlo” mette nero su bianco il capo dello Stato. Chi vuole può esprimere solidarietà a Berlusconi, “ma senza nuocere al Parlamento”. E basta alle “pressioni su di me per sciogliere la Camere”. Poi, come un epitaffio: “Le sentenze si rispettano”.
Ma dopo qualche ora arriva dal Pdl una controreplica altrettanto perentoria, che di fatto apre uno scontro con pochi precedenti tra il Pdl e il Quirinale. Sul caso Berlusconi, scrivono in una nota congiunta i capigruppo Schifani e Brunetta, “la definizione di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversiva’ non è ‘inquietante’ (così l’aveva definita stamattina il capo dello Stato, ndr), ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile“.
Il presidente Napolitano sembra voler dire una parola finale sul caso Berlusconi, con una nettezza senza precedenti. Prima ancora, in mattinata, nell’annunciare la defezione a un convegno, aveva parlato di “un fatto politico improvviso e istituzionalmente inquietante cui oggi devo dedicare la mia attenzione”. Il “fatto inquietante” era appunto l’assemblea dei parlamentari, durante la quale Berlusconi si è di nuovo presentato come un perseguitato dalla giustizia che non dorme “da 55 giorni”, cioè dalla condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale. E prima ancora, dopo la riunione degli eletti berlusconiani, aveva spiegato di dover “valutare bene” cos’era accaduto. Intanto il presidente del Consiglio Enrico Letta, secondo l’agenzia Ansa sarebbe intenzionato a chiedere un’immediata verifica di governo al suo rintro da New York.
LA NOTA DI NAPOLITANO. “L’orientamento assunto ieri sera dall’Assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica”, scrive Napolitano in una nota dirmata intorno alle 13. “Ma non posso egualmente che definire inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento – ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili – di tutti gli eletti nel PdL. Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere“. Non meno inquietante, aggiunge, sarebbe “il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere“.
Il presidente della Repubblica punta chiaramente a spezzare ogni nesso tra le sorti personali di Silvio Berlusconi e quelle della legislatura faticosamente avviata con le larghe intese. “C’è ancora tempo, e mi auguro se ne faccia buon uso per trovare il modo di esprimere – se è questa la volontà dei parlamentari del PdL – la loro vicinanza politica e umana al Presidente del PdL, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento”.
E se pochi giorni fa aveva invitato alla pacificazione tra politica e giustizia non risparmiando pesanti critiche alle toghe, ora il presidente riequilibra il tiro: “Non occorre poi neppure rilevare la gravità e assurdità dell’evocare un ‘colpo di Stato‘ o una ‘operazione eversiva‘ in atto contro il leader del PdL'”. La conclusione è ovvia ma dirompente per le speranze che forse Berlusconi ancora riponeva in una qualche “soluzione politica” ai suoi guai giudiziari: “L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria”.
Ieri sera il capo dello Stato non aveva ancora commentato le minacce pidielline, limitandosi a una gelida nota diffusa in serata: “Il presidente della Repubblica si riserva di verificare con maggiore esattezza quali siano state le conclusioni dell’assemblea dei parlamentari del Pdl”. Poi, di prima mattina, l’irritazione del Quirinale ha preso corpo nella lettera inviata agli organizzatori del convegno promosso dalla Fondazione De Gasperi sul rilancio dell’unità politica dell’Europa. Al cui tavolo sedeva tra gli altri il ministro dell’Interno e segretario del Pdl Angelino Alfano, nella veste di presidente della Fondazione Alcide De Gasperi.
LA CONTROREPLICA DI BRUNETTA E SCHIFANI. “Dopo la nota di Napolitano, il Pdl ha accusato il colpo, ma poi ha rilanciato. Prima diffondendo notizie su decine di lettere di dimissioni già inoltrate ai presidenti di Camera e Senato, poi cvon una nota congiunta dei capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani: “L ‘opinione unanime espressa ieri sera dai parlamentari del Popolo della Libertà-Forza Italia – scrivono – è quella dell’esistenza di un’operazione persecutoria da parte di una corrente della magistratura, al fine di escludere definitivamente dalla competizione politica il leader del centrodestra, a cui si aggiunge il voto della Giunta per le elezioni del Senato con l’applicazione retroattiva della legge Severino“. Il voto che ha bocciato la relazione pro Berlusconi del senatore pidiellino Augello, sottolineano i due capigruppo, “calpesta un principio fondamentale dello Stato di diritto, quello della ‘irretroattività delle leggi’, confermato dall’articolo 25 della nostra Costituzione e dall’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Da qui la conclusione che contraddice il Colle: “La definizione quindi di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversivà non è ‘inquietante’, ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile”.
I toni sono forti, ma le argomentazioni deboli. Alla condanna di Silvio Berlusconi hanno “contribuito” magistrati di vari orientamenti politici, e altri che non ne hanno mai espresso alcuno, quindi la tesi dell’azione “persecutoria” di una corrente (leggi Magistratura democratica) è smontata dai fatti. Proprio ieri, tra l’altro, una pratica a tutela contro il contenuto del videomessaggio di Berlusconi è stata chiesta al Csm (e ottenuta) da Unicost, la corrente centrista e maggioritaria delle toghe. Quanto alla questione della “retroattività” della legge Severino, al momento della sua entrata in vigore fu il segretario dello stesso partito di Brunetta e Schifani, Angelino Alfano, a chiarire che avrebbe colpito tutti “i condannati” (aggiungendo: “Tanto Berlusconi sarà assolto). Anche il comunicato Brunetta-Schifani, alla fine, fa intravedere un Pdl all’angolo, pur intenzionato a giocarsi il tutto per tutto.
Ma Daniela Santanchè va oltre. Oltre l’inimmaginabile: “Il comunicato del presidente Napolitano, per i toni arroganti e i contenuti espressi, configura una indebita interferenza del Quirinale nelle libere scelte di un partito e di singoli deputati e senatori – afferma – Non accetto lezioni di democrazia da un Presidente, che ancora una volta, si sta dimostrando uomo di parte, arbitro non imparziale e minaccioso nei confronti della libertà politica e di coscienza di una parte significativa del Parlamento”.
Come spesso accade negli ultimi tempi, Fabrizio Cicchitto si distingue per toni un po’ più morbidi rispetto ai colleghi “falchi”. La parola “golpe” in effetti evoca “assassinii e carri armati per strada”, concede, quindi meglio parlare di una “gravissima manipolazione della democrazia realizzata attraverso gli avvisi di garanzia, le custodie cautelari, le violazioni del segreto istruttorio, le stesse sentenze le quali non possono più essere valutate con i canoni normali se per esempio, come nel caso della legge Severino, essa è patentemente incostituzionale, perché retroattiva”.
Si ripropone però la frattura con l’ala “ministeriale” del Pdl: “Non condivido gli attacchi, anche violenti, di alcuni miei colleghi di partito al presidente Napolitano”, ha detto a Parigi il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi sottolineando di avere “un profondo rispetto non solo per la carica, ma anche per l’uomo che oggi rappresenta la presidenza della Repubblica e del quale a febbraio abbiamo chiesto tutti a grande maggioranza la riconferma”. Lupi ha ricordato “i tanti messaggi in cui il presidente ha richiamato l’attenzione sui problemi della giustizia”.
IL PDL CONTRO IL COLLE. Già il breve accenno di Napolitano nella lettera alla Fondazione De Gasperi ha messo a nudo lo scontro con il Pdl. Che immediatamente ha reagito. Prima di parlare, attacca Sandro Bondi, “il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto a mio parere ascoltare personalmente i presidenti dei nostri gruppi parlamentari per avere piena contezza delle nostre decisioni”. Così, “prima di rendere pubbliche dichiarazioni, che suonano inevitabilmente come giudizi di carattere politico”, avrebbe potuto “comprendere e riconoscere l’alto valore istituzionale, politico e etico del nostro gesto”. Per Daniele Capezzone, l’unica cosa “inquietante” è “il tentativo di colpire il diritto a una piena rappresentanza politica e istituzionale di milioni di elettori, e cioè di quella grande parte del Paese che ha votato per Silvio Berlusconi”. Non manca l’intervento di Daniela Santanchè: “Il presidente della Repubblica dovrebbe sì inquietarsi, ma per l’apertura da parte dell’Europa del procedimento d’infrazione sulla irresponsabilità dei giudici italiani” (in realtà il richiamo dell’Europa riguarda la responsabilità dello Stato negli errori giudiziari).
Dopo la nota di Napolitano, i toni si sono momentaneamente abbassati, lasciando però spazio alle trovate più fantasiose. La palma spetta al senatore Lucio Malan, secondo il quale “se non sono sotto forma di un messaggio alle Camere, le dichiarazioni di Napolitano possono essere considerate solo un’opinione personale”. Napolitano non ha mai mandato messaggi alle Camere, potere previsto dagli articoli 74 e 87 della Costituzione. Secondo il ragionamento di Malan, dunque, in oltre sette anni di (doppio) mandato si è limitato a chiacchierare amabilmente sulla situazione politica italiana. Per non parlare di Brunetta, che prima vergare il comunicato congiunto con Schifani spiegava al Tg1 che l’annuncio delle dimissioni è stata “una grandissima dimostrazione di amore per la democrazia parlamentare”.
DIMISSIONI: I COLONNELLI FRENANO, MA ARRIVANO LE LETTERE. Ma davvero i 97 deputati e 91 senatori del Pdl sono pronti a mollare la poltrona come un sol uomo per seguire la sorte del leader decaduto? “Le dimissioni si danno e non si annunciano”, afferma significativamente il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello. “Ieri comunque non abbiamo votato alcuna dimissione”. I capigruppo Brunetta e Schifani, che sarebbero i depositari delle decisioni dei parlamentari, hanno scelto il silenzio e fino al questo momento hanno evitato di rispondere alle domande sul tema. E l’ex presidente dei senatori pidiellini Maurizio Gasparri chiarisce: “Ieri sera non c’è stato un voto sulle dimissioni dei parlamentari, ma si è verificato un fatto politico, una condivisione”.
Intanto però agli uffici del gruppo Pdl di Palazzo Madama stanno già cominciando ad arrivare le prime lettere di dimissioni. Ottantasette senatori sui 91 del Pdl hanno consegnato le dimissioni nelle mani di Schifani, “tutte spontanee”. Il fac simile di una lettera di dimissioni fa peraltro esplicito riferimento ai “dubbi di costituzionalità” sulla legge Severino (guarda l’originale firmato da Brunetta).
LA MINACCIA ALLA STABILITA’. Oltre ai toni usati da Berlusconi contro le toghe, definite “eversive” pochi giorni dopo l‘esortazione dello stesso Napolitano a disinnescare il conflitto politica-magistratura, al Quirinale non va giù che la minaccia di Aventino sia arrivata proprio mentre il presidente del Consiglio Enrico Letta si trovava a New York per decantare alla comunità finanziaria le opportunità di investimento in Italia, garantite anche dalla “stabilità” del Paese. Che un pregiudicato possa semisvuotare il parlamento pur di scampare alla sua condanna non deve apparire affatto rassicurante. Certo, come tutti Napolitano mette in conto che possa trattarsi di un bluff, di un colpo di coda prima dell’inevitabile uscita di scena (almeno come parlamentare) di Berlusconi, e prima che il duo Letta-Napolitano blindi gli alleati riottosi in un documento vincolante salva-larghe intese . Ma l’impatto negativo sull’immagine del paese resta devastante.
Ogni margine di trattativa sembra a quetso punto scomparso. Dal 15 ottobre Silvio Berlusconi dovrà iniziare a scontare la sua pena, e i tempi per la decadenza – o in base la legge Severino o per l’interdizioni dai pubblici uffici – non possono essere dilatati in eterno. E’ veramente arduo, specie dopo lo scontro di oggi, che in questo lasso di tempo il presidente della Repubblica possa intervenire con un provvedimento di grazia o di commutazione della pena, o che possa pressare il Pd per una “soluzione politica” che passi da un voto anti-decadenza in Senato.
Politica
Berlusconi, Napolitano: “Assurdo parlare di golpe”. Il Pdl: “Definizione realistica”
Dopo l'assemblea in cui i parlamentari hanno annunciato le dimissioni di massa, il presidente della Repubblica diffonde una nota durissima: "Chi vuole dia solidarietà al Cavaliere, ma senza nuocere alle Camere. Basta pressioni su di me per scioglierle".La replica di Brunetta e Schifani: "Condanna e decadenza del leader sono eversive". Santanchè: "Napolitano arrogante e non imparziale"
Il Pdl bombarda il governo e minaccia la rivolta dei parlamentari: dimissioni di massa dalle Camere se il Senato voterà la decadenza di Silvio Berlusconi. Bluff o non bluff, questa volta Giorgio Napolitano non resta in silenzio. Il presidente della Repubblica interviene in tre tempi e sembra un crescendo che lo porta a dire alla fine che non c’è nessun colpo di Stato, come aveva detto il Cavaliere durante l’assemblea dei parlamentari del Pdl. Nessun colpo di Stato ed è “assurdo evocarlo” mette nero su bianco il capo dello Stato. Chi vuole può esprimere solidarietà a Berlusconi, “ma senza nuocere al Parlamento”. E basta alle “pressioni su di me per sciogliere la Camere”. Poi, come un epitaffio: “Le sentenze si rispettano”.
Ma dopo qualche ora arriva dal Pdl una controreplica altrettanto perentoria, che di fatto apre uno scontro con pochi precedenti tra il Pdl e il Quirinale. Sul caso Berlusconi, scrivono in una nota congiunta i capigruppo Schifani e Brunetta, “la definizione di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversiva’ non è ‘inquietante’ (così l’aveva definita stamattina il capo dello Stato, ndr), ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile“.
Il presidente Napolitano sembra voler dire una parola finale sul caso Berlusconi, con una nettezza senza precedenti. Prima ancora, in mattinata, nell’annunciare la defezione a un convegno, aveva parlato di “un fatto politico improvviso e istituzionalmente inquietante cui oggi devo dedicare la mia attenzione”. Il “fatto inquietante” era appunto l’assemblea dei parlamentari, durante la quale Berlusconi si è di nuovo presentato come un perseguitato dalla giustizia che non dorme “da 55 giorni”, cioè dalla condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale. E prima ancora, dopo la riunione degli eletti berlusconiani, aveva spiegato di dover “valutare bene” cos’era accaduto. Intanto il presidente del Consiglio Enrico Letta, secondo l’agenzia Ansa sarebbe intenzionato a chiedere un’immediata verifica di governo al suo rintro da New York.
LA NOTA DI NAPOLITANO. “L’orientamento assunto ieri sera dall’Assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica”, scrive Napolitano in una nota dirmata intorno alle 13. “Ma non posso egualmente che definire inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento – ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili – di tutti gli eletti nel PdL. Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere“. Non meno inquietante, aggiunge, sarebbe “il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere“.
Il presidente della Repubblica punta chiaramente a spezzare ogni nesso tra le sorti personali di Silvio Berlusconi e quelle della legislatura faticosamente avviata con le larghe intese. “C’è ancora tempo, e mi auguro se ne faccia buon uso per trovare il modo di esprimere – se è questa la volontà dei parlamentari del PdL – la loro vicinanza politica e umana al Presidente del PdL, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento”.
E se pochi giorni fa aveva invitato alla pacificazione tra politica e giustizia non risparmiando pesanti critiche alle toghe, ora il presidente riequilibra il tiro: “Non occorre poi neppure rilevare la gravità e assurdità dell’evocare un ‘colpo di Stato‘ o una ‘operazione eversiva‘ in atto contro il leader del PdL'”. La conclusione è ovvia ma dirompente per le speranze che forse Berlusconi ancora riponeva in una qualche “soluzione politica” ai suoi guai giudiziari: “L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria”.
Ieri sera il capo dello Stato non aveva ancora commentato le minacce pidielline, limitandosi a una gelida nota diffusa in serata: “Il presidente della Repubblica si riserva di verificare con maggiore esattezza quali siano state le conclusioni dell’assemblea dei parlamentari del Pdl”. Poi, di prima mattina, l’irritazione del Quirinale ha preso corpo nella lettera inviata agli organizzatori del convegno promosso dalla Fondazione De Gasperi sul rilancio dell’unità politica dell’Europa. Al cui tavolo sedeva tra gli altri il ministro dell’Interno e segretario del Pdl Angelino Alfano, nella veste di presidente della Fondazione Alcide De Gasperi.
LA CONTROREPLICA DI BRUNETTA E SCHIFANI. “Dopo la nota di Napolitano, il Pdl ha accusato il colpo, ma poi ha rilanciato. Prima diffondendo notizie su decine di lettere di dimissioni già inoltrate ai presidenti di Camera e Senato, poi cvon una nota congiunta dei capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani: “L ‘opinione unanime espressa ieri sera dai parlamentari del Popolo della Libertà-Forza Italia – scrivono – è quella dell’esistenza di un’operazione persecutoria da parte di una corrente della magistratura, al fine di escludere definitivamente dalla competizione politica il leader del centrodestra, a cui si aggiunge il voto della Giunta per le elezioni del Senato con l’applicazione retroattiva della legge Severino“. Il voto che ha bocciato la relazione pro Berlusconi del senatore pidiellino Augello, sottolineano i due capigruppo, “calpesta un principio fondamentale dello Stato di diritto, quello della ‘irretroattività delle leggi’, confermato dall’articolo 25 della nostra Costituzione e dall’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Da qui la conclusione che contraddice il Colle: “La definizione quindi di ‘colpo di Stato’ e di ‘operazione eversivà non è ‘inquietante’, ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile”.
I toni sono forti, ma le argomentazioni deboli. Alla condanna di Silvio Berlusconi hanno “contribuito” magistrati di vari orientamenti politici, e altri che non ne hanno mai espresso alcuno, quindi la tesi dell’azione “persecutoria” di una corrente (leggi Magistratura democratica) è smontata dai fatti. Proprio ieri, tra l’altro, una pratica a tutela contro il contenuto del videomessaggio di Berlusconi è stata chiesta al Csm (e ottenuta) da Unicost, la corrente centrista e maggioritaria delle toghe. Quanto alla questione della “retroattività” della legge Severino, al momento della sua entrata in vigore fu il segretario dello stesso partito di Brunetta e Schifani, Angelino Alfano, a chiarire che avrebbe colpito tutti “i condannati” (aggiungendo: “Tanto Berlusconi sarà assolto). Anche il comunicato Brunetta-Schifani, alla fine, fa intravedere un Pdl all’angolo, pur intenzionato a giocarsi il tutto per tutto.
Ma Daniela Santanchè va oltre. Oltre l’inimmaginabile: “Il comunicato del presidente Napolitano, per i toni arroganti e i contenuti espressi, configura una indebita interferenza del Quirinale nelle libere scelte di un partito e di singoli deputati e senatori – afferma – Non accetto lezioni di democrazia da un Presidente, che ancora una volta, si sta dimostrando uomo di parte, arbitro non imparziale e minaccioso nei confronti della libertà politica e di coscienza di una parte significativa del Parlamento”.
Come spesso accade negli ultimi tempi, Fabrizio Cicchitto si distingue per toni un po’ più morbidi rispetto ai colleghi “falchi”. La parola “golpe” in effetti evoca “assassinii e carri armati per strada”, concede, quindi meglio parlare di una “gravissima manipolazione della democrazia realizzata attraverso gli avvisi di garanzia, le custodie cautelari, le violazioni del segreto istruttorio, le stesse sentenze le quali non possono più essere valutate con i canoni normali se per esempio, come nel caso della legge Severino, essa è patentemente incostituzionale, perché retroattiva”.
Si ripropone però la frattura con l’ala “ministeriale” del Pdl: “Non condivido gli attacchi, anche violenti, di alcuni miei colleghi di partito al presidente Napolitano”, ha detto a Parigi il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi sottolineando di avere “un profondo rispetto non solo per la carica, ma anche per l’uomo che oggi rappresenta la presidenza della Repubblica e del quale a febbraio abbiamo chiesto tutti a grande maggioranza la riconferma”. Lupi ha ricordato “i tanti messaggi in cui il presidente ha richiamato l’attenzione sui problemi della giustizia”.
IL PDL CONTRO IL COLLE. Già il breve accenno di Napolitano nella lettera alla Fondazione De Gasperi ha messo a nudo lo scontro con il Pdl. Che immediatamente ha reagito. Prima di parlare, attacca Sandro Bondi, “il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto a mio parere ascoltare personalmente i presidenti dei nostri gruppi parlamentari per avere piena contezza delle nostre decisioni”. Così, “prima di rendere pubbliche dichiarazioni, che suonano inevitabilmente come giudizi di carattere politico”, avrebbe potuto “comprendere e riconoscere l’alto valore istituzionale, politico e etico del nostro gesto”. Per Daniele Capezzone, l’unica cosa “inquietante” è “il tentativo di colpire il diritto a una piena rappresentanza politica e istituzionale di milioni di elettori, e cioè di quella grande parte del Paese che ha votato per Silvio Berlusconi”. Non manca l’intervento di Daniela Santanchè: “Il presidente della Repubblica dovrebbe sì inquietarsi, ma per l’apertura da parte dell’Europa del procedimento d’infrazione sulla irresponsabilità dei giudici italiani” (in realtà il richiamo dell’Europa riguarda la responsabilità dello Stato negli errori giudiziari).
Dopo la nota di Napolitano, i toni si sono momentaneamente abbassati, lasciando però spazio alle trovate più fantasiose. La palma spetta al senatore Lucio Malan, secondo il quale “se non sono sotto forma di un messaggio alle Camere, le dichiarazioni di Napolitano possono essere considerate solo un’opinione personale”. Napolitano non ha mai mandato messaggi alle Camere, potere previsto dagli articoli 74 e 87 della Costituzione. Secondo il ragionamento di Malan, dunque, in oltre sette anni di (doppio) mandato si è limitato a chiacchierare amabilmente sulla situazione politica italiana. Per non parlare di Brunetta, che prima vergare il comunicato congiunto con Schifani spiegava al Tg1 che l’annuncio delle dimissioni è stata “una grandissima dimostrazione di amore per la democrazia parlamentare”.
DIMISSIONI: I COLONNELLI FRENANO, MA ARRIVANO LE LETTERE. Ma davvero i 97 deputati e 91 senatori del Pdl sono pronti a mollare la poltrona come un sol uomo per seguire la sorte del leader decaduto? “Le dimissioni si danno e non si annunciano”, afferma significativamente il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello. “Ieri comunque non abbiamo votato alcuna dimissione”. I capigruppo Brunetta e Schifani, che sarebbero i depositari delle decisioni dei parlamentari, hanno scelto il silenzio e fino al questo momento hanno evitato di rispondere alle domande sul tema. E l’ex presidente dei senatori pidiellini Maurizio Gasparri chiarisce: “Ieri sera non c’è stato un voto sulle dimissioni dei parlamentari, ma si è verificato un fatto politico, una condivisione”.
Intanto però agli uffici del gruppo Pdl di Palazzo Madama stanno già cominciando ad arrivare le prime lettere di dimissioni. Ottantasette senatori sui 91 del Pdl hanno consegnato le dimissioni nelle mani di Schifani, “tutte spontanee”. Il fac simile di una lettera di dimissioni fa peraltro esplicito riferimento ai “dubbi di costituzionalità” sulla legge Severino (guarda l’originale firmato da Brunetta).
LA MINACCIA ALLA STABILITA’. Oltre ai toni usati da Berlusconi contro le toghe, definite “eversive” pochi giorni dopo l‘esortazione dello stesso Napolitano a disinnescare il conflitto politica-magistratura, al Quirinale non va giù che la minaccia di Aventino sia arrivata proprio mentre il presidente del Consiglio Enrico Letta si trovava a New York per decantare alla comunità finanziaria le opportunità di investimento in Italia, garantite anche dalla “stabilità” del Paese. Che un pregiudicato possa semisvuotare il parlamento pur di scampare alla sua condanna non deve apparire affatto rassicurante. Certo, come tutti Napolitano mette in conto che possa trattarsi di un bluff, di un colpo di coda prima dell’inevitabile uscita di scena (almeno come parlamentare) di Berlusconi, e prima che il duo Letta-Napolitano blindi gli alleati riottosi in un documento vincolante salva-larghe intese . Ma l’impatto negativo sull’immagine del paese resta devastante.
Ogni margine di trattativa sembra a quetso punto scomparso. Dal 15 ottobre Silvio Berlusconi dovrà iniziare a scontare la sua pena, e i tempi per la decadenza – o in base la legge Severino o per l’interdizioni dai pubblici uffici – non possono essere dilatati in eterno. E’ veramente arduo, specie dopo lo scontro di oggi, che in questo lasso di tempo il presidente della Repubblica possa intervenire con un provvedimento di grazia o di commutazione della pena, o che possa pressare il Pd per una “soluzione politica” che passi da un voto anti-decadenza in Senato.
B.COME BASTA!
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Pdl, larghe estorsioni
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Dimissioni Pdl, Letta: “Il comportamento del Pdl ci umilia. In Italia non c’è un golpe”
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Mondo
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Politica
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Giustizia & Impunità
Il femminicidio diventa reato autonomo: cosa cambia. Meloni: “Avanti a tutela delle donne”. Roccella: “Svolta culturale”. La Lega in silenzio
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Lo scontro tra governo e toghe si arricchisce di un nuovo round, a pochi giorni dall'incontro tra la premier Giorgia Meloni e i vertici dell'Anm sulla riforma della separazione delle carriere. E questa volta il casus belli è la sentenza con cui la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da alcuni migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave della Guardia Costiera italiana Diciotti dal 16 al 25 agosto 2018, dopo essere stati soccorsi in mare.
Ma se su questo tema la coalizione di centrodestra è compatta nel criticare la decisione dei magistrati, sulla questione della difesa europea continuano a registrarsi dei distinguo, come dimostrano gli attacchi rivolti dal segretario della Lega Matteo Salvini al progetto di riarmo europeo avallato dal Consiglio Ue straordinario di Bruxelles e, soprattutto, nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron (un "matto" che parla di "guerra nucleare", l'affondo del vicepremier).
Intanto, però, è la diatriba con la magistratura sulla questione migranti a unire la maggioranza, sulla scia dello scontro consumatosi con le toghe sul protocollo d'intesa siglato con l'Albania.
La Suprema Corte ha stabilito che lo Stato dovrà risarcire i danni non patrimoniali subiti dai migranti durante i giorni di permanenza forzata a bordo della Diciotti, definendo "illegittima" la restrizione della loro libertà personale voluta dall'allora governo giallo-verde con ministro dell'Interno Salvini.
La sentenza scatena dura reazione del centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni, che esprime il suo disappunto con un tweet molto critico: è "assai opinabile", secondo la presidente del Consiglio, il principio risarcitorio della "presunzione del danno", in contrasto "con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale".
In sostanza, scrive nel post la leader di Fdi, "per effetto di questa decisione, il governo dovrà risarcire - con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse - persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano". "Non credo", insiste Meloni, "siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante".
Anche altri esponenti della maggioranza di governo criticano la decisione della Cassazione, parlando di una sentenza che rischierebbe di creare un precedente pericoloso e che minerebbe la sovranità dello Stato nella gestione dei flussi migratori.
Durissimo Matteo Salvini, che all'epoca dei fatti contestati era a capo del Viminale. "Mi sembra un'altra invasione di campo indebita", dice il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, che bolla la sentenza come "vergognosa" invitando i giudici della Cassazione a pagare di tasca loro: "Chiedere che siano i cittadini italiani a pagare per la difesa dei confini, di cui ero orgogliosamente protagonista, credo sia indegno".
Non ci sta la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, per la quale "sono inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto". "Di inaccettabile c'è solo una sentenza che obbliga gli italiani, compresi disoccupati e pensionati, a pagare chi pretende di entrare in Italia senza permesso", replica la Lega.
Al termine del Cdm che dà il via libera al disegno di legge sul femminicidio - presieduto da remoto dalla premier Meloni, di ritorno da Bruxelles dopo una tappa al Cern di Ginevra - anche i ministri dell'Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, vengono sollecitati sulla questione.
Il titolare del Viminale (che all'epoca del caso Diciotti era capo di gabinetto di Salvini) non nasconde il proprio dissenso verso la decisione dei giudici: "Con profondo rispetto eseguiremo in qualche modo questa sentenza, in quanto è una sentenza della Cassazione, ma non la condivido affatto", chiarisce Piantedosi, ricordando il voto con cui il Senato "stabilì l'inesistenza del reato in quanto si perseguiva un superiore interesse pubblico".
Netto anche il guardasigilli Nordio, che mette in guardia dagli effetti potenzialmente "devastanti" legati alla sentenza della Cassazione: "Sappiamo che in Africa ci sono centinaia di migliaia di potenziali migranti, forse addirittura milioni, gestiti da organizzazioni criminali... Se producessimo il principio che queste persone, anche entrando illegalmente, hanno diritto a dei risarcimento finanziari, le nostre finanze andrebbero in rovina".
In seno alla maggioranza, nel frattempo, si continua a discutere del progetto di difesa europeo che giovedì ha incassato il via libera del Consiglio Ue straordinario, con il sì dell'Italia (anche se accompagnato da qualche riserva). "La linea del governo è compatta", rimarca Salvini, "non c'è nessuna ipotesi di invio di militari italiani, non c'è nessuna ipotesi di usare i fondi di coesione invece che per sviluppare i territori per comprare armi". Ma c'è chi nelle file di Fdi critica la posizione del leader leghista, che continua a bocciare il piano di riarmo targato Ursula von der Leyen: "Meloni finora ha trovato una sintesi nella maggioranza" sul tema della difesa europea, e la sua "è una leadership molto rispettata nella Ue", osserva il capo delegazione di Fdi all'Europarlamento, Carlo Fidanza.
"Il ragionamento di Salvini - aggiunge - non mi convince, non è l'unico a farlo: è un po' demagogico contrapporre le spese sociali al tema delle armi". Fonti della delegazione di Fratelli d'Italia al governo, interpellate dall'Adnkronos sulle esternazioni di Salvini, invitano alla "prudenza". Tuttavia, fanno trapelare con un certo pragmatismo, "esprimere qualche critica può essere utile per evitare di lasciare all'opposizione il monopolio del 'no'...". Martedì a Parigi ci sarà un vertice con i capi di Stato maggiore, convocato da Macron. Ai lavori parteciperà anche il generale Luciano Portolano, ma solo in veste di osservatore, puntualizzano fonti italiane, ribadendo la contrarietà del governo di Roma all'invio di truppe in Ucraina.
Roma, 7 mar (Adnkronos) - La riforma dei criteri di acceso alla facoltà di medicina, la commemorazione di Fulco Pratesi e la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio sono alcuni dei temi al centro dei lavori parlamentari della prossima settimana.
Alla Camera si riprende lunedì 10 marzo, alle 13, con la discussione generale sul Ddl Giubileo, già approvato dal Senato; l'esame delle mozioni sull'uso delle Pfas e sulla reintroduzione del 'bonus Renzi' e quella sulla Convenzione sugli ausili marittimi (approvata dal Senato). Da martedì all'Odg dell'aula c'è, nel pomeriggio, l'esame della delega al governo sulla revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria già approvata dal Senato. Mercoledì, dalle 9,30, la Camera deve esaminare la relazione della Giunta delle elezioni sull’elezione contestata della deputata Anna Laura Orrico (M5s) in Calabria. Poi, alle 16,15, è in programma la commemorazione di Fulco Pratesi.
Tra gli altri argomenti in calendario nella settimana ci sono anche le mozioni sul caro energia; la Pdl sulle intercettazioni già approvata in Senato previo esame e voto delle pregiudiziali di costituzionalità e di merito e la sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio presentata dalle opposizioni. Al Senato si riprende martedì alle 17 con il Ddl sulle spoglie delle vittime di omicidio e, a seguire, con il Ddl sulla responsabilità dei componenti del collegio sindacale, già approvato dalla Camera, e il Ddl sulle prestazioni sanitarie. Confermati i tradizionali appuntamenti, sia alla Camera che al Senato, con il Question time e gli atti di sindacato ispettivo.
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Nders Odv nasce con l'intento di dare un luogo sicuro a persone che hanno avuto esperienze di pre-morte, dove potersi raccontare e confrontare con chi ha avuto lo stesso tipo di esperienza in un ambiente sicuro e non giudicante. La maggiore criticità è che chi l'ha vissuta ha problemi, viene rifiutato dalla società. Non se ne può parlare. La morte è un tabù e l'esperienza di pre-morte è un tabù del tabù". Lo ha detto Davide De Alexandris, fondatore e presidente Nders Odv, in occasione del convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti', che si è tenuto oggi a Roma presso il Centro Studi Americani.
"Sicuramente questo tabù è meno forte rispetto anni fa - prosegue De Alexandris - però il problema esiste. Nelle librerie, ad esempio, testi sulle esperienze di pre-morte sono al fianco a pubblicazioni su alieni e scie chimiche. Noi vorremmo che le esperienze di pre-morte fossero studiate e ci fosse un approccio scientifico orientato alla cura della persona".
Roma, 7 mar. (Adnkronos Salute) - "Oggi cerchiamo di trovare risposte scientifiche alle esperienze di pre-morte grazie a un gruppo multidisciplinare con fisici, medici e tutti quelli che possono dare una credibilità a questi fenomeni. Negli ultimi 10 anni 40mila persone hanno dichiarato di aver vissuto esperienze di pre-morte e la scienza deve fare la sua parte per dare concretezza a questi fenomeni, capirli e conoscerli. E' un obiettivo arduo, ma ci riusciremo". Lo ha detto Francesco Sepioni, medico di emergenza-urgenza della Asl Umbria 1 e autore del libro 'Al Confine con l'Aldilà', che ha moderato il convegno 'Le esperienze di pre-morte (Nde). Fenomenologia e cambiamenti'.
L'incontro, che si è tenuto a Roma presso il Centro Studi Americani, ha voluto affrontare un tema complesso e affascinante come quello delle esperienze di pre-morte (Near-death experiences, Nde), delle esperienze extracorporee (Out-of-Body experiences, Obe), non tralasciando la fenomenologia e i cambiamenti del soggetto successivamente all'esperienza in oggetto. Fenomeni che, pur essendo stati documentati in varie culture ed epoche storiche, continuano a suscitare grande interesse sia nel mondo scientifico che in quello religioso.
"Ci sono 3 casi documentati e comprovati a livello scientifico - spiega Sepioni - Uno, risalente al 2011, ha avuto come protagonista una persona intubata, priva di attività cardiaca e respiratoria, che incredibilmente ha visto e sentito la propria rianimazione. La persona, dopo essersi ripresa, ha raccontato le parole dei medici che lo rianimavano e ha perfino indicato dove era stata messa la protesi dentaria che un'infermiera aveva rimosso dalla sua bocca".
Roma, 7 mar (Adnkronos) - "È da leggere l"ordinanza n. 5992 depositata ieri dalle Sezioni Unite della Cassazione Civile. La restrizione della libertà personale avvenuta per giorni nell'agosto 2018 ai danni di 190 migranti che si trovavano a bordo della Nave Diciotti della Guardia Costiera italiana, per quanto possa non portare a una condanna penale, senz'altro rappresenta un illecito civile, avvenuto per colpa principalmente dell'allora ministro degli interni e vicepremier Matteo Salvini, urlatore ai quattro venti dello slogan dei "porti chiusi", portato avanti a spese dei diritti umani". Lo dice il senatore del Pd Dario Parrini.
"È per colpa delle scelte arbitrarie e disumane di Salvini che lo Stato deve pagare dei risarcimenti alle persone che hanno subito un danno. Eviti quindi Salvini, per il bene suo e nostro, di fare commenti-boomerang. E non sfugga alle sue responsabilità -prosegue Parrini-. E la Presidente del Consiglio impari a non calpestare una regola basilare della democrazia costituzionale: quella secondo la quale il potere esecutivo deve rispettare le sentenze del potere giudiziario, non attaccarle. Se non lo fa, commette un'indecenza".
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - A1 Charge, leader nella progettazione, produzione, installazione e assistenza per le infrastrutture di ricarica elettrica, presenta a Key Energy Expo 2025 una gamma di soluzioni all’avanguardia per la mobilità sostenibile, dalle Wallbox AC fino alle potenti stazioni di ricarica ultra-fast da 400 kW. Tra le novità in esposizione: Wallbox AC 1/3ph, perfette per installazioni domestiche e commerciali; Tower Ac Dc dual 20/30/60 kW, una soluzione flessibile per diverse necessità di ricarica; PoleBox, il rivoluzionario dispositivo di EVywhere, startup di Corporate Hangar del Gruppo Prysmian, che trasforma l’illuminazione pubblica esistente in un’infrastruttura di ricarica intelligente; stazioni di ricarica ultra-fast da 90 kW fino a 400 kW, disponibili sia in versione all-in-one che con dispenser, con accumuli da rinnovabili o dalla rete, con il supporto di StarCharge leader mondiale nel settore degli accumuli.
A1 Charge non si limita alla fornitura di soluzioni di ricarica, ma supporta i clienti con programmi di formazione e teaching per installatori e utenti finali. I sistemi sono connessi via Ocpp e Bus proprietari, permettendo il controllo da remoto e sfruttando le potenzialità dell’IoT per una gestione intelligente ed efficiente. L’impegno di A1 Charge per la sostenibilità si concretizza nell’offerta di servizi di remanufacturing, garantendo riparabilità, rigenero e riutilizzo delle apparecchiature, in linea con i target europei accedendo al futuro passaporto digitale dei prodotti.
A1 Charge è orgogliosa di avere tra i partner della propria Technology Valley un’eccellenza italiana come Barilla Group, con cui condivide valori di qualità, innovazione e sostenibilità. Tutto ciò si sposa con i concetti di Cer Comunità energetica atti a creare e generare opportunità.
Roma, 7 mar (Adnkronos) - "A chi continua a chiedermi come posso esser certo che l’articolo 25 sia stato scritto su misura per Musk la risposta è semplice. Perché lo ha ammesso lui stesso, condividendo questo tweet. Avanti a testa alta per difendere interesse nazionale e dignità del Parlamento. Ddlspazio". Lo scrive sui social il deputato del Pd Andrea Casu rilanciando un tweet di Elon Musk.