Enrico Letta chiede al Pdl “un chiarimento alle Camere entro lunedì o martedì”, forte del pieno consenso del Quirinale, ma al primo banco di prova si riaccende lo scontro. Il teso consiglio dei ministri serale, durante il quale il presidente del consiglio ha minacciato di rovesciare il tavolo e di dimettersi lui prima che lo facciano i parlamentari Pdl, si risolve con lo stop al decreto sul rinvio dell’aumento Iva e su altri importanti provvedimenti economici. Con il ministro Delrio che uscendo da Palazzo Chigi afferma che a questo punto “l’Iva aumenterà, è inevitabile”.
Il consiglio dei ministri si è chiuso alle 22,40 con il via libera a una richiesta di fiducia alle Camere e un comunicato dai toni nettissimi: “Il presidente del consiglio ha manifestato in apertura l’esigenza ineludibile di ottenere un chiarimento politico e programmatico in Parlamento tra le forze della maggioranza che sostiene il governo. Senza questo “passaggio di chiarezza”, continua, “non sono disponibile ad andare oltre“. Perché l’azione di governo “è evidentemente incompatibile con le dimissioni in blocco dei membri di un gruppo parlamentare che dovrebbe sostenere quello stesso esecutivo”, chiarisce il premier riferendosi alle lettere di dimissioni raccolte ieri tra i parlamentari del Pdl come forma di pressione per evitare la decadenza del leader condannato Silvio Berlusconi. Mossa che ha fatto perdere le staffe per primo a Napolitano, protagonista di uno scontro frontale con il Pdl. “O si rilancia, e si pongono al primo posto il Paese e gli interessi dei cittadini, o si chiude questa esperienza“, avverte Letta. “Non ho alcuna intenzione – ha concluso – di vivacchiare o di prestare il fianco a continue minacce e aut aut. Quanto accaduto mercoledì scorso proprio mentre rappresentavo l’Italia all’assemblea generale delle Nazioni Unite – contestualità non casuale – è inaccettabile”.
E’ stato lo stesso premier a chiedere il rinvio del decreto Iva a dopo il chiarimento alle Camere, dopo che il Pdl ha messo sul tavolo del chiarimento medesimo la questione della “giustizia“, ovviamente legata ai guai giudiziari di Silvio Berlusconi. “In attesa del chiarimento”, spiega ancora il comunicato di palazzo Chigi, “si è reputato dunque inevitabile il blocco di ogni decisione governativa su temi, anche rilevanti, di natura fiscale ed economica. La sospensione è dovuta in particolare all’impossibilità di impegnare il bilancio su operazioni che valgono miliardi di euro senza la garanzia di una continuità nell’azione di governo e Parlamento”. Parole molto pesanti, nel giorno in cui il Fondo monetario internazionale attribuisce alle “tensioni tra partiti e governo” ulteriori rischi per la nostra economia, prevedendo uno sforamento del rapporto deficit/pil al 3,2% nel 2013.
Dopo il Cdm, i ministri del Pdl si sono riuniti insieme al vice premier Angelino Alfano nello studio di quest’ultimo e, a quanto si apprende, in contatto telefonico con Silvio Berlusconi e gli altri dirigenti del partito.
Il consiglio dei ministri è arrivato al termine di una giornata fitta di vertici e incontri. Nel tardo pomeriggio, Letta è salito al Quirinale per un colloquio con Giorgio Napolitano. “C’e’ il pieno consenso di Napolitano sul percorso che il presidente del Consiglio gli ha rappresentato intendendo seguirlo in sede di cdm questa sera e , successivamente, a breve, in sede di Parlamento”, è il sunto trapelato dall’incontro, concluso poco prima delle 19,30. A Skytg24 Letta ha poi chiarito al Pdl che sul governo deve ormai “prendere o lasciare”. Quindi la richiesta che il chiarimento alle Camere avvenga subito, “lunedì o martedì”. Perché “così non si va avanti”, ha spiegato il presidente del Consiglio, e la presa di posizione del Pdl sulla tenuta della maggioranza deve essere “inequivoca”.
La replica del segretario Pdl Angelino Alfano è arrivata, secondo le indiscrezioni, durante il teso consiglio dei ministri serale: “Il governo l’ha voluto il Pdl e il Pdl non si fa scaricare le responsabilità di un’eventuale crisi. Occorre”, ha aggiunto Alfano, “mettere la questione giustizia dentro il chiarimento. Senza questo, ogni chiarimento sarebbe ipocrita”. Risultato: provvedimenti economici molto attesi, come il rinvio dell’aumento Iva, i fondi ai Comuni per compensare la mancata Imu, i fondi per la Cassa integrazione, vsono stati inghiottiti dall’ennesimo scontro sulla “giustizia”. O più precisamente “sui problemi di Berlusconi”, come ha sottolineato Dario Franceschini in un momento di scontro a Palazzo Chigi. Alfano ha poi replicato: “Niente ipocrisie: non potremmo stare al governo se si aumentassero le tasse e non si tagliassero le spese”.
Ma qual è esattamente la “questione giustizia” posta dal Pdl? Un voto parlamentare che salvi il Cavaliere dalle conseguenze della legge Severino sulli’ncandidabilità dei condannati sembra ancora escluso. E caso mai il Cavaliere potrebbe riporre maggiori speranze nei ricorsi al Tar di diversi esclusi dalle elezioni amministrative, che potrebbero sfociare nell’agognato rinvio della legge alla Corte costituzionale. In Consiglio dei ministri, il ministro delle riforme Gaetano Quagliariello (pidiellino) ha fatto riferimento alle “riforme condivise e molto incisive” contenute nella relazione della commissione politico-istituzionale istituita dal Capo dello Stato dopo le elezioni. “Più condivise di così… Perché non partire da lì? Cosa ce lo impedisce?”. Tra i piatti dei saggi più ghiotti per il Pdl ci sono le limitazioni all’uso delle intercettazioni telefoniche e un maggiore controllo politico sui procedimenti disciplinari del Csm contro i magistrati.
Eppure, dopo il colloquio al Quirinale, Enrico Letta aveva chiarito che il cammino del governo non può andare avanti con “tensioni insostenibili” causate in particolare dalla mancata separazione del piano di governo dalle vicende personali di Silvio Berlusconi. A questo punto o, è la posizione di Letta, si mette fine “al logoramento, alle fibrillazioni o agli aut aut” del governo o non si va avanti perché prima viene il paese ed i suoi problemi.
Al Tg1 il presidente dei senatori Pdl Renato Schifani ha però ribadito: “Il Pd ha ancora alcuni giorni di tempo per evitare che il 4 ottobre (data della seduta aperta della giunta del Senato sulla decadenza di Berlusconi, ndr) si trasformi in una giornata di esecuzione politico-giudiziaria. Rispetti il sacrosanto principio della irretroattività della norma penale, anteponga il rispetto di questi valori agli interessi politici. Ecco, da ciò nasce la protesta dei nostri parlamentari”.
Prima di salire al Colle, il premier ha incontrato a palazzo Chigi lo zio Gianni Letta, consigliere di Silvio Berlusconi. Un giro febbrile per capire le sorti del governo dopo la minaccia di dimissioni in massa dei parlamentari Pdl se Silvio Berlusconi non sarà salvato politicamente dalla decadenza da senatore dovuta alla condanna definitiva per frode fiscale. Sul fronte del governo, Fabrizio Cicchitto prima del cdm ha comunque assicurato che “non esiste il rischio di dimissioni dei ministri del Pdl”.
Intanto è stata annullata la visita del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, prevista per lunedì prossimo a Bruxelles. Il ministro avrebbe dovuto incontrare il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, e il Commissario Ue al Mercato interno, Michel Barnier. Lo stesso Saccomanni si sarebbe sfogato durante il cdm, lamentando che il proprio impegno e il proprio dovere è stato quello di difendere i conti pubblici e di averlo cercato di fare al meglio. “Sono mesi – avrebbe però detto non nascondendo la propria amarezza – che vengo attaccato”.