Sembra ormai decisa la cacciata di Enrico Cucchiani dal vertice di Banca Intesa Sanpaolo e la Borsa saluta la guerra al vertice con un sonoro -3,78 per cento del titolo Intesa, che si trascina dietro molti titoli bancari. Durante la prima Repubblica l’espressione di moda era “liti da ballatoio”, come ricorda bene l’ottantenne presidente di Intesa Giovanni Bazoli, che a quei tempi eleganti era già banchiere di rilievo. Non sembra esserci oggi definizione migliore per lo scontro al vertice della prima banca italiana. Una vera lite da ballatoio che si svolge naturalmente dietro le cortine di silenzio e di sussiegosi “no comment” bancari. E pagata dai piccoli azionisti: quando gli strapagati manager si intrattengono nelle loro lotte di potere e non si fanno scrupolo di farle finire sulla prima pagina del Financial Times, i cosiddetti mercati finanziari (cioè i colleghi di Cucchiani e Bazoli che capiscono al volo il senso della rissa in corso) scappano.
Hanno capito che Bazoli, spalleggiato da un altro banchiere giurassico, il presidente della Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, vuole cacciare l’amministratore delegato Cucchiani, nominato meno di due anni fa e confermato nell’assemblea di bilancio della primavera scorsa. Hanno capito che Cucchiani resiste e, com’è tradizione nel capitalismo di relazione italiano, si sta battendo come un leone per portare a casa almeno una liquidazione consolatoria. Nel 2010 Alessandro Profumo fu fatto fuori da Unicredit dopo molti anni di regno con una buonuscita di 40 milioni di euro. Cucchiani, che era allora nel consiglio d’amministrazione di Unicredit, conosce bene la storia del siluramento di Profumo, a cui partecipò attivamente, e vuole, come l’attuale presidente di Mps, vendere cara la pelle. Com’è d’uso in situazioni del genere, gli spin doctor delle due fazioni in lotta fanno circolare versioni flautate della contesa. Ci sarebbe addirittura una differenza di vedute sul sistema duale attualmente in vigore (un consiglio di sorveglianza e un consiglio di gestione) che piace ai vecchi dinosauri della spartizione perché moltiplica le poltrone e che Cucchiani il modernista vorrebbe riportare alla normalità del consiglio d’amministrazione unico.
Nessuno pronuncia invece il nome di Romain Zaleski, che è forse il vero nodo della contesa, ma proprio per questo viene tenuto coperto. Non deve finire sui giornali sennò si depotenziano le capacità di pressione (o ricatto) dei contendenti. Ma il quadro è ormai chiaro. Intesa, negli anni del boom finanziario, ha prestato 1,8 miliardi al finanziere franco-polacco Romain Zaleski per giocare in Borsa, dove ha comprato pacchetti decisivi delle principali banche che gli prestavano i soldi, tra cui Intesa stessa. Pare che qualche genio della finanza di stanza negli uffici di Intesa abbia dato a Zaleski una cifra tra 800 milioni e un miliardo senza nessuna garanzia. Quei soldi sono ormai pressoché persi, tanto che nell’ultima semestrale Intesa ha passato 800 milioni nella colonna degli “incagli” che sono l’anticamere dalla perdita secca.
Zaleski è amico per la pelle di Bazoli che però fa sapere un giorno sì e l’altro pure che lui non c’entra niente nella sciagurata operazione. Cucchiani, che è arrivato da un altro pianeta a fine 2011 per sostituire Corrado Passera passato al governo Monti, non vuole mettere la sua faccia sull’operazione Zaleski quando lo scandalo inevitabilmente esploderà. Il punto è che nella primavera scorsa, quando Cucchiani è stato confermato, i vertici di Intesa non avevano capito che il caso Zaleski sarebbe esploso poche settimane dopo. Quando cioè, il numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni (che deve la poltrona all’operazione anti-Profumo di cui Cucchiani fu parte), ha fatto sapere a Bazoli di essere stufo di rinviare all’infinito la resa dei conti con le insolvenze del suo amico Zaleski. Lì Cucchiani ha scelto di andare dritto nel senso della pulizia, per non farsi mettere in conto una porcheria epocale. E tutto il sistema Intesa si è spaventato e ha cominciato a progettare la cacciata. Che appare sempre più probabile, visto che Cucchiani non sembra avere il fisico per mettere in piedi una battaglia moralizzatrice.