La stampella al governo Letta arriva dal vertice dei vescovi italiani. Dal consiglio episcopale permanente della Cei arriva inaspettato il richiamo alle forze politiche a “evitare inutili litigiosità impegnandosi a non perdere il treno della ripresa”. I vescovi del Paese rilevano “debolezza sul piano politico dove – scrivono – proprio la famiglia, capitale che genera ricchezza per la società intera, non riscontra l’impegno e la mediazione di risposta alcuna. In questa direzione – prosegue la Cei – il richiamo dei vescovi ai rappresentanti del bene comune si è esteso alla necessità di evitare in ogni modo inutili divisioni, destinate unicamente ad allontanare il treno della ripresa economica”.
Una presa di posizione che arriva al termine dei tre giorni di lavori della sessione autunnale del consiglio episcopale permanente che si è aperto lunedì scorso con la fredda e sintetica prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco. Un solo accenno alla politica nel testo dell’arcivescovo di Genova per richiamare le direttive che Papa Francesco aveva dato ai vescovi italiani durante l’assemblea del maggio scorso: “Dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche che il Papa ha confermato essere compito di noi vescovi”. Un tema che era stato oggetto di un duro monito, nel 2007, da parte del Segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, che in una lettera inviata al neo presidente della Cei Bagnasco aveva chiarito che spettava unicamente a lui come “premier” del Papa la cura dei rapporti tra la Chiesa e la politica italiana. Bagnasco non aveva ribattuto nonostante sapesse bene che quella competenza spettava alla Cei anche perché, come ha affermato qualche mese fa, “è una regola mai abrogata”.
I più stretti collaboratori di Bagnasco, però, precisano che i vescovi italiani stanno attraversando una fase di profonda incertezza sulle loro competenze e sul modo in cui calibrare i loro interventi sullo scenario politico. “C’è uno stato di caos dovuto alla totale incomprensione dei rapporti tra Papa Francesco e la Cei. Non è ancora chiaro cosa Bergoglio vuole dalla Conferenza episcopale italiana”. Stato di incertezza che si è concretizzato nella prolusione di Bagnasco di lunedì scorso e nel comunicato finale in cui, se da un lato i vertici della Cei offrono ben più di una stampella alla sopravvivenza del governo guidato da Letta, dall’altra lo fanno senza quell’interventismo che ha caratterizzato gli anni della Chiesa italiana guidata dal cardinale Camillo Ruini.
Del resto Giovanni Paolo II aveva demandato completamente al suo fedelissimo “don Camillo” i rapporti con la politica italiana che, invece, l’allora cardinale Ratzinger seguiva con grande attenzione fin dal 1981, anno in cui si era trasferito da Monaco a Roma. Negli anni del pontificato di Benedetto XVI Bertone era spesso ospite a cena a casa di Bruno Vespa insieme a Silvio Berlusconi e al gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta. È stato proprio lo zio dell’attuale premier, molto legato al segretario particolare del Papa tedesco monsignor Georg Gänswein, a ricucire più volte gli strappi tra Berlusconi e Bertone. Con Mario Monti, invece, Benedetto XVI aveva creato un rapporto di solida amicizia fondato sulla comune visione delle radici cristiane dell’Europa. Bergoglio, al contrario, non è per niente appassionato alla politica e per questo vuole che siano le conferenze episcopali nazionali a trattare con i governi dei singoli Paesi.
Lo scenario, però, potrebbe cambiare a partire dal 15 ottobre quando il “premier” di Francesco, Pietro Parolin, entrerà in carica. In quel momento si potrà capire quale sarà la regia del Segretario di Stato vaticano nei rapporti tra i vescovi e la politica. In quel caso i vertici della Cei dovranno confrontarsi direttamente con Parolin per allineare i loro interventi alla linea diplomatica della Santa Sede.
Cronaca
Crisi governo Letta, il richiamo della Cei: “Evitare inutili litigiosità”
La stampella all'esecutivo arriva dal vertice dei vescovi italiani. Dal consiglio episcopale permanente arriva inaspettato il richiamo alle forze politiche a "non perdere il treno della ripresa". I prelati rilevano "debolezza sul piano politico", la prolusione di Bagnasco è stata fredda e sintentica
La stampella al governo Letta arriva dal vertice dei vescovi italiani. Dal consiglio episcopale permanente della Cei arriva inaspettato il richiamo alle forze politiche a “evitare inutili litigiosità impegnandosi a non perdere il treno della ripresa”. I vescovi del Paese rilevano “debolezza sul piano politico dove – scrivono – proprio la famiglia, capitale che genera ricchezza per la società intera, non riscontra l’impegno e la mediazione di risposta alcuna. In questa direzione – prosegue la Cei – il richiamo dei vescovi ai rappresentanti del bene comune si è esteso alla necessità di evitare in ogni modo inutili divisioni, destinate unicamente ad allontanare il treno della ripresa economica”.
Una presa di posizione che arriva al termine dei tre giorni di lavori della sessione autunnale del consiglio episcopale permanente che si è aperto lunedì scorso con la fredda e sintetica prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco. Un solo accenno alla politica nel testo dell’arcivescovo di Genova per richiamare le direttive che Papa Francesco aveva dato ai vescovi italiani durante l’assemblea del maggio scorso: “Dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche che il Papa ha confermato essere compito di noi vescovi”. Un tema che era stato oggetto di un duro monito, nel 2007, da parte del Segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone, che in una lettera inviata al neo presidente della Cei Bagnasco aveva chiarito che spettava unicamente a lui come “premier” del Papa la cura dei rapporti tra la Chiesa e la politica italiana. Bagnasco non aveva ribattuto nonostante sapesse bene che quella competenza spettava alla Cei anche perché, come ha affermato qualche mese fa, “è una regola mai abrogata”.
I più stretti collaboratori di Bagnasco, però, precisano che i vescovi italiani stanno attraversando una fase di profonda incertezza sulle loro competenze e sul modo in cui calibrare i loro interventi sullo scenario politico. “C’è uno stato di caos dovuto alla totale incomprensione dei rapporti tra Papa Francesco e la Cei. Non è ancora chiaro cosa Bergoglio vuole dalla Conferenza episcopale italiana”. Stato di incertezza che si è concretizzato nella prolusione di Bagnasco di lunedì scorso e nel comunicato finale in cui, se da un lato i vertici della Cei offrono ben più di una stampella alla sopravvivenza del governo guidato da Letta, dall’altra lo fanno senza quell’interventismo che ha caratterizzato gli anni della Chiesa italiana guidata dal cardinale Camillo Ruini.
Del resto Giovanni Paolo II aveva demandato completamente al suo fedelissimo “don Camillo” i rapporti con la politica italiana che, invece, l’allora cardinale Ratzinger seguiva con grande attenzione fin dal 1981, anno in cui si era trasferito da Monaco a Roma. Negli anni del pontificato di Benedetto XVI Bertone era spesso ospite a cena a casa di Bruno Vespa insieme a Silvio Berlusconi e al gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta. È stato proprio lo zio dell’attuale premier, molto legato al segretario particolare del Papa tedesco monsignor Georg Gänswein, a ricucire più volte gli strappi tra Berlusconi e Bertone. Con Mario Monti, invece, Benedetto XVI aveva creato un rapporto di solida amicizia fondato sulla comune visione delle radici cristiane dell’Europa. Bergoglio, al contrario, non è per niente appassionato alla politica e per questo vuole che siano le conferenze episcopali nazionali a trattare con i governi dei singoli Paesi.
Lo scenario, però, potrebbe cambiare a partire dal 15 ottobre quando il “premier” di Francesco, Pietro Parolin, entrerà in carica. In quel momento si potrà capire quale sarà la regia del Segretario di Stato vaticano nei rapporti tra i vescovi e la politica. In quel caso i vertici della Cei dovranno confrontarsi direttamente con Parolin per allineare i loro interventi alla linea diplomatica della Santa Sede.
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Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.