Uscita lampo di Enrico Cucchiani dal vertice di Intesa Sanpaolo. Nemmeno due anni di sua gestione e l’ex numero uno di Allianz, come ventilato nelle ultime due settimane, è stato accompagnato alla porta della banca. Una parabola che si è consumata in fretta e con un’accelerazione nelle battute finali, durata soltanto cinque giorni da quando sono uscite le prime indiscrezioni su diversi siti, riprese e ampliate poi anche dal Financial Times.

Le previsioni indicavano che la partita si sarebbe chiusa martedì 1 ottobre con le riunioni dei consigli (sorveglianza e gestione) già convocati. Ma i vertici capitanati dal presidente Giovanni Bazoli hanno capito che bisognava fare in fretta, anche perché le incertezze sulla guida della banca sono costati cari in Borsa, dove il gruppo ha bruciato 2 miliardi di capitalizzazione in poche sedute in un momento difficile per il settore, complicato dalla crisi politica che ha pesato sull’andamento dei Btp copiosamente in pancia all’istituto.

E così la scelta di cambiare il vertice, legata soprattutto alle tensioni sorte all’interno degli organi di comando, e che peraltro dovrebbe portare nelle tasche di Cucchiani circa 7 milioni di euro tra stipendi mancati e buonuscita, è stata varata in tempi lampo. L’ormai ex consigliere delegato, tornato sabato da New York, ha incontrato nel pomeriggio di domenica Bazoli e Gian Maria Gros-Pietro (presidente del consiglio di gestione) per un chiarimento e per la consegna della lettera di dimissioni. A seguire, i consigli si sono riuniti in seduta straordinaria per prendere atto del passo indietro e nominare il nuovo consigliere delegato.

Scelta che è ricauta su Carlo Messina, il direttore generale vicario e numero uno della rete di Intesa Sanpaolo, nota all’interno del gruppo col nome di Banca dei territori. Un manager che ha maturato la sua esperienza a Bnl e al Banco Ambrosiano, prima di arrivare a Intesa, nella quale dal 2008 ricopre anche il ruolo di direttore finanziario. Non si è invece concretizzato il ritorno di Corrado Passera, già artefice delle operazioni Telecom e Alitalia, di cui si era parlato nei giorni scorsi.

Due gli scogli che hanno causato la caduta di Cucchiani. Dall’area anti bazoliana si punta il dito sulla miccia accesa dei prestiti concessi in passato da Intesa a Romain Zaleski, la cui vicinanza a Bazoli è nota. Il totale è di 1,8 miliardi di euro, 800 milioni dei quali senza alcuna garanzia che nell’ultima semestrale della banca sono passati nella colonna del bilancio riservata ai crediti incagliati da quella dei prestiti in ristrutturazione. Un tema che, come comprensibile, avrebbe causato dei vigorosi attriti tra lo stesso Cucchiani e il suo presidente

Emblematico della situazione, l’ultimo commento pubblico del manager sul caso: “Zaleski è stato finanziato non soltanto da noi ma anche da altre banche. Io nel 2008 non ero neanche in Italia ma il punto fondamentale è quello di assicurarsi il miglior recupero di tutte le posizioni con rigore e sano pragmatismo“, aveva detto Cucchiani il 6 settembre scorso aggiungendo: “Certamente andiamo avanti e ragionevolmente troveremo un accordo, una soluzione ragionevole. Per chi fa il mio mestiere l’importante è andare avanti e non giudicare il passato“.

Più sottotraccia e ancora più delicato, poi, l’altro oggetto del contendere e cioè l’attivismo di Cucchiani che, stando a quanto riportato dalla stampa nazionale, forte della sua lunga esperienza in gruppi tedeschi come Allianza, avrebbe cercato di mettere a segno la fusione di Intesa SanPaolo con un importante gruppo bancario tedesco del calibro di Deutsche Bank o Commerzbank. Un progetto che avrebbe messo in allarme i grandi azionisti di Intesa per il rischio della perdita del controllo sull’istituto. 

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