La crisi economica che attanaglia il Paese non è solo dati economici e statistiche allarmanti. La difficoltà contingente, infatti, sta avendo un effetto collaterale non di poco conto: condiziona i comportamenti delle persone. E’ questa la fotografia scattata dal Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) nel suo rapporto annuale sul mercato dell’occupazione, le cui performance interne sono ancora condizionate in maniera determinante dalla recessione. Tradotto: domanda di lavoro in continuo mutamento, italiani che si adattano alla congiuntura cambiando il loro stile di vita. Come? Il Cnel disegna un quadro allarmante. E’ aumentata la partecipazione al mercato del lavoro, che però è andata ad alimentare la disoccupazione, soprattutto nel Mezzogiorno: più componenti della famiglia si attivano per compensare i redditi in deterioramento. Tuttavia le crescenti difficoltà sui bilanci frenano i giovani nel proseguire gli studi e la mancanza di lavoro e di formazione impoveriscono il capitale umano già accumulato. Il morale della favola è un dato preoccupante: un giovane su quattro non studia né lavora. Ciononostante, a fronte della contrazione della domanda (dovuta alla crisi economica e all’aumento della pressione fiscale), il Rapporto quest’anno registra un aumento significativo della forza lavoro, conseguenza della perdita del potere d’acquisto delle famiglie e della diminuzione dei salari reali. Il fenomeno, già avviato nel 2012, vede un generale incremento del tasso di attività che coinvolge tutte le fasce d’età.
INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE ATTIVA
Cresce la partecipazione degli over 55, soprattutto per effetto delle riforme pensionistiche, con le inevitabili ripercussioni sul turn over del circuito produttivo: quasi 277mila persone in più rispetto al 2011, dei quali la maggior parte occupati (+ 6,8% rispetto al 2011). Cresce anche il tasso di disoccupazione “matura” (dal 3,5 al 4,9%), nella quale rientrano gli “esodati“.
FEMMINILIZZAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO
L’offerta di lavoro da parte delle donne è in aumento, sia rispetto agli anni passati che nei confronti della componente maschile: le donne “attive” sono ora più del 42% delle forze lavoro (40,5% nel 2007); e soprattutto sono aumentate le “occupate”: il tasso di occupazione femminile è salito al 41.6% dal 39.7% del 2007, con una crescita dell’1.2% rispetto al 2011, pari a 109 mila occupate in più. Tuttavia continua a persistere il fenomeno della segmentazione di genere, che caratterizza ampiamente il nostro mercato del lavoro: le professioni in cui si concentra la presenza femminile sono poche e poco qualificate.
LA QUESTIONE GIOVANILE
In aumento il tasso di attività dei giovani (15-29 anni), nonostante rappresentino meno del 7% degli attivi, laddove i “maturi” (over 55) sono ormai più del 12%. Non si arresta il fenomeno dei Neet (“not in employment, education or training”): la quota di ragazzi che non hanno un’occupazione e al tempo stesso non sono a scuola o in formazione si attesta al 23,9% della popolazione giovanile, con punte di 35% nelle regioni del Mezzogiorno. Più attivi sul mercato, ma più disoccupati o sottoinquadrati rispetto ai livelli di istruzione conseguiti, i giovani confermano ancora una volta il vuoto che esiste tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro ed il progressivo incremento del fenomeno dell’over-education. I giovani sono inoltre più frequentemente working poor, lavoratori a basso salario, che accettano condizioni lavorative, che li espongono al rischio di indigenza, pur di entrare nel circuito produttivo. Peraltro, la maggiore disponibilità a prestazioni saltuarie e non inquadrate ha determinato la crescita del lavoro nero in tutto il Paese.
PRECARIETÀ E MOBILITÀ
L’attuale recessione ha cambiato la morfologia del mercato del lavoro anche dal punto di vista delle caratteristiche contrattuali. Cresce, infatti, il numero dei part-time involontari (lavoratori che non hanno trovato un impiego a tempo pieno pur desiderandolo), ma soprattutto dei precari: quasi 3 milioni di persone, tra dipendenti a tempo determinato e parasubordinati, circa il 12.6% dell’occupazione complessiva. In particolare, il rischio di precarietà per i giovani è aumentato di circa 6 punti percentuali dal 2007. I dati suggeriscono un aumento del numero di italiani che scelgono di andare a lavorare all’estero, a fronte di una simmetrica diminuzione dei flussi in ingresso di lavoratori immigrati
DIVARIO TRA NORD E SUD DEL PAESE
Tutto ciò si registra in misura più intensa al Sud Italia, che, avendo maggiormente risentito delle difficoltà della domanda interna, espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla. Anche la crescita della partecipazione al mercato del lavoro è stata più marcata nelle regioni del Mezzogiorno: in buona misura si è però trattato di un passaggio dall’inattività alla disoccupazione, data la debolezza della domanda. L’incremento della popolazione attiva si è sostanzialmente tradotto in una significativa espansione dell’area della difficoltà occupazionale: se, oltre ai disoccupati, si considerano anche gli inattivi disponibili a lavorare, coloro che non ricercano attivamente e i sottoccupati (cassaintegrati e occupati a tempo parziale involontari), tale area di disagio è aumentata di circa due milioni di persone in un anno. Si tratta di uno spreco di risorse ingente, sostiene il Cnel, di un progressivo impoverimento del capitale umano, che rischia di generare conseguenze sociali allarmanti, soprattutto perché le più colpite sono le nuove generazioni.
L’Italia si trova fra i Paesi dell’area euro che nel corso degli ultimi anni hanno mostrato una buona capacità di resistenza del mercato del lavoro alla crisi: la riduzione delle ore lavorate per occupato, così come la stessa flessione della produttività del lavoro, ha contribuito a contenere l’entità delle perdite occupazionali. Ciononostante, se l’economia italiana non si riporterà su un sentiero di crescita sarà molto difficile, afferma il Cnel, una inversione di tendenza rispetto all’attuale crisi. Nel Rapporto si stima che per riportare il tasso di disoccupazione all’8% entro il 2020, il tasso di crescita del Pil dovrà superare il 2% all’anno negli anni a venire. A rendere più complessa la sfida sono i vincoli della finanza pubblica, che limitano le risorse per le politiche del lavoro (l’Italia è fra i Paesi che meno spendono per le politiche attive), e l’eccessivo carico fiscale che grava sul lavoro e sull’impresa.
Lavoro & Precari
Disoccupazione, la fotografia del Cnel: un giovane su quattro non studia e non lavora
Nel rapporto annuale sul mercato dell'impiego, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro ha rilevato come la crisi economica stia cambiando i comportamenti delle persone. Dati allarmanti, specie per la questione giovanile e per il Mezzogiorno
La crisi economica che attanaglia il Paese non è solo dati economici e statistiche allarmanti. La difficoltà contingente, infatti, sta avendo un effetto collaterale non di poco conto: condiziona i comportamenti delle persone. E’ questa la fotografia scattata dal Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) nel suo rapporto annuale sul mercato dell’occupazione, le cui performance interne sono ancora condizionate in maniera determinante dalla recessione. Tradotto: domanda di lavoro in continuo mutamento, italiani che si adattano alla congiuntura cambiando il loro stile di vita. Come? Il Cnel disegna un quadro allarmante. E’ aumentata la partecipazione al mercato del lavoro, che però è andata ad alimentare la disoccupazione, soprattutto nel Mezzogiorno: più componenti della famiglia si attivano per compensare i redditi in deterioramento. Tuttavia le crescenti difficoltà sui bilanci frenano i giovani nel proseguire gli studi e la mancanza di lavoro e di formazione impoveriscono il capitale umano già accumulato. Il morale della favola è un dato preoccupante: un giovane su quattro non studia né lavora. Ciononostante, a fronte della contrazione della domanda (dovuta alla crisi economica e all’aumento della pressione fiscale), il Rapporto quest’anno registra un aumento significativo della forza lavoro, conseguenza della perdita del potere d’acquisto delle famiglie e della diminuzione dei salari reali. Il fenomeno, già avviato nel 2012, vede un generale incremento del tasso di attività che coinvolge tutte le fasce d’età.
INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE ATTIVA
Cresce la partecipazione degli over 55, soprattutto per effetto delle riforme pensionistiche, con le inevitabili ripercussioni sul turn over del circuito produttivo: quasi 277mila persone in più rispetto al 2011, dei quali la maggior parte occupati (+ 6,8% rispetto al 2011). Cresce anche il tasso di disoccupazione “matura” (dal 3,5 al 4,9%), nella quale rientrano gli “esodati“.
FEMMINILIZZAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO
L’offerta di lavoro da parte delle donne è in aumento, sia rispetto agli anni passati che nei confronti della componente maschile: le donne “attive” sono ora più del 42% delle forze lavoro (40,5% nel 2007); e soprattutto sono aumentate le “occupate”: il tasso di occupazione femminile è salito al 41.6% dal 39.7% del 2007, con una crescita dell’1.2% rispetto al 2011, pari a 109 mila occupate in più. Tuttavia continua a persistere il fenomeno della segmentazione di genere, che caratterizza ampiamente il nostro mercato del lavoro: le professioni in cui si concentra la presenza femminile sono poche e poco qualificate.
LA QUESTIONE GIOVANILE
In aumento il tasso di attività dei giovani (15-29 anni), nonostante rappresentino meno del 7% degli attivi, laddove i “maturi” (over 55) sono ormai più del 12%. Non si arresta il fenomeno dei Neet (“not in employment, education or training”): la quota di ragazzi che non hanno un’occupazione e al tempo stesso non sono a scuola o in formazione si attesta al 23,9% della popolazione giovanile, con punte di 35% nelle regioni del Mezzogiorno. Più attivi sul mercato, ma più disoccupati o sottoinquadrati rispetto ai livelli di istruzione conseguiti, i giovani confermano ancora una volta il vuoto che esiste tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro ed il progressivo incremento del fenomeno dell’over-education. I giovani sono inoltre più frequentemente working poor, lavoratori a basso salario, che accettano condizioni lavorative, che li espongono al rischio di indigenza, pur di entrare nel circuito produttivo. Peraltro, la maggiore disponibilità a prestazioni saltuarie e non inquadrate ha determinato la crescita del lavoro nero in tutto il Paese.
PRECARIETÀ E MOBILITÀ
L’attuale recessione ha cambiato la morfologia del mercato del lavoro anche dal punto di vista delle caratteristiche contrattuali. Cresce, infatti, il numero dei part-time involontari (lavoratori che non hanno trovato un impiego a tempo pieno pur desiderandolo), ma soprattutto dei precari: quasi 3 milioni di persone, tra dipendenti a tempo determinato e parasubordinati, circa il 12.6% dell’occupazione complessiva. In particolare, il rischio di precarietà per i giovani è aumentato di circa 6 punti percentuali dal 2007. I dati suggeriscono un aumento del numero di italiani che scelgono di andare a lavorare all’estero, a fronte di una simmetrica diminuzione dei flussi in ingresso di lavoratori immigrati
DIVARIO TRA NORD E SUD DEL PAESE
Tutto ciò si registra in misura più intensa al Sud Italia, che, avendo maggiormente risentito delle difficoltà della domanda interna, espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla. Anche la crescita della partecipazione al mercato del lavoro è stata più marcata nelle regioni del Mezzogiorno: in buona misura si è però trattato di un passaggio dall’inattività alla disoccupazione, data la debolezza della domanda. L’incremento della popolazione attiva si è sostanzialmente tradotto in una significativa espansione dell’area della difficoltà occupazionale: se, oltre ai disoccupati, si considerano anche gli inattivi disponibili a lavorare, coloro che non ricercano attivamente e i sottoccupati (cassaintegrati e occupati a tempo parziale involontari), tale area di disagio è aumentata di circa due milioni di persone in un anno. Si tratta di uno spreco di risorse ingente, sostiene il Cnel, di un progressivo impoverimento del capitale umano, che rischia di generare conseguenze sociali allarmanti, soprattutto perché le più colpite sono le nuove generazioni.
L’Italia si trova fra i Paesi dell’area euro che nel corso degli ultimi anni hanno mostrato una buona capacità di resistenza del mercato del lavoro alla crisi: la riduzione delle ore lavorate per occupato, così come la stessa flessione della produttività del lavoro, ha contribuito a contenere l’entità delle perdite occupazionali. Ciononostante, se l’economia italiana non si riporterà su un sentiero di crescita sarà molto difficile, afferma il Cnel, una inversione di tendenza rispetto all’attuale crisi. Nel Rapporto si stima che per riportare il tasso di disoccupazione all’8% entro il 2020, il tasso di crescita del Pil dovrà superare il 2% all’anno negli anni a venire. A rendere più complessa la sfida sono i vincoli della finanza pubblica, che limitano le risorse per le politiche del lavoro (l’Italia è fra i Paesi che meno spendono per le politiche attive), e l’eccessivo carico fiscale che grava sul lavoro e sull’impresa.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".