“E’ ora che la presidente della Camera Laura Boldrini ci riceva, in Parlamento giacciono 70mila firme di cittadini italiani che vogliono una legge in materia di testamento biologico ed eutanasia legale”. E’ la voce di Mina Welby che commenta l’ultimo atto, per lei “dignitoso”, del regista Carlo Lizzani, suicidatosi il 5 ottobre scorso a Roma. La Welby, 76 anni, è la vedova di Piergiorgio Welby, artista e intellettuale affetto da distrofia muscolare, morto il 20 dicembre 2006 dopo che il dottor Mario Riccio, anestesista – prima imputato per omicidio del consenziente, poi definitivamente prosciolto da ogni accusa –  staccò il respiratore artificiale che teneva in vita Welby. Anche l’Ordine dei medici di Cremona riconobbe, il 1º febbraio 2007, che Riccio aveva agito nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti.

Ora i temi dell’eutanasia volontaria e del suicidio assistito tornano a essere al centro del dibattito pubblico dopo che il regista romano Lizzani si è tolto la vita gettandosi dal balcone di casa (“se avesse potuto, avrebbe scelto l’eutanasia”, ha spiegato il figlio). Prima di lui, il 29 novembre 2010, Mario Monicelli, lanciatosi dal quinto piano del balcone dell’ospedale dove era ricoverato; Franco Lucentini che, il 6 agosto 2002, si buttò dalla tromba delle scale all’età di 81 anni; e in modo diverso, ma sempre attinente, scegliendo proprio il suicidio assistito in una clinica svizzera il 29 novembre 2011 all’età di 79 anni, il fondatore de ‘Il manifesto’ Lucio Magri.

“Sono centinaia in Italia le persone che una morte così violenta per loro stesse come ha fatto Lizzani – racconta la Welby al ilfattoquotidiano.it – ed è indegno che si taccia su questo dato e che la Camera e il Senato non ne discutano: ora più che mai c’è bisogno di una legge che regolamenti l’eutanasia”. “In Italia la morte è ancora un tabù forte e radicato – prosegue – e dirò di più: fosse per me cercherei di convincere chi me lo chiede a non utilizzare lo strumento dell’eutanasia, ma sono totalmente rispettosa della scelta della persona che ritiene giusto farlo”.

“Non so se il nostro Paese sia pronto a discuterne, ma so per certo che il tema dell’eutanasia e di una morte dignitosa s’impone alla coscienza contemporanea”, afferma il teologo Vito Mancuso, autore, tra gli altri, insieme a Eugenio Scalfari, delle “Conversazioni con Carlo Maria Martini” (edito da Fazi nel 2012), cardinale, morto il 31 agosto 2012, contrario all’accanimento terapeutico anche nel suo caso personale. “E’ giusto che la classe politica non dico risolva la questione, ma che almeno si sviluppi una vera battaglia, nobile e culturalmente alta. Anche se io sostengo che sia meglio non suicidarsi, accettare la dimensione della sofferenza, senza però escludere o ostruire il ricorso alle cure palliative, in modo che a decidere della morte sia il ciclo biologico”.

“Attenzione però, se il dibattito politico in Italia non fa ancora molta strada non è una mera questione di matrice cattolica della società in cui viviamo: se così fosse non ci sarebbero state le leggi su divorzio e aborto”, spiega la sociologa dell’Università di Cassino, Alessandra Sannella, autrice di “Sulle orme di Endimione – Una riflessione sociologica sull’eutanasia” (edito da Franco Angeli nel 2003) – Semmai questa mancanza deriva dalla nostra incapacità di accettare culturalmente il fine vita e la morte. Legiferare sull’eutanasia significa, come in altri paesi europei come Olanda e Svizzera, legiferare su parte della vita”.

“Da credente penso che la vita sia un dono e lo schieramento al quale appartengo è politicamente trasversale tra centrodestra e centrosinistra – ricorda Isabella Bertolini, ex deputata Pdl, che alcuni anni fa con una mozione chiedeva che il governo introducesse il divieto assoluto di legiferare in materia di pratiche eutanasiche e morte indotta – Difficile se ne torni a discutere in Parlamento. Guardate al fallimento dei registri comunali, oltretutto simbolici, dei testamenti biologici”.

“Certo il Vaticano e anche Papa Francesco si sono già espressi in materia con un fermo ‘no’ – conclude la Welby – ma il buon Dio conosce la sincerità e le difficoltà degli uomini ed essendo venuto per calpestare il suolo credo che ora sia vicino alla nostra battaglia”.

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