Capace di intendere e di volere. Questo è l’esito della perizia psichiatrica effettuata su Adam Kabobo, il cittadino ghanese che l’11 maggio scorso uccise tre persone a colpi di piccone in zona Niguarda, a Milano. Il rapporto disposto dal gip titolare delle indagini spiega che l’omicida potrà essere processato: l’uomo era in grado di volere e la sua capacità di intendere, benché “grandemente scemata”, non era totalmente assente. Il killer era affetto da un disturbo mentale, sentiva delle voci che gli dicevano di uccidere. Ma al tempo stesso, era anche consapevole delle proprie azioni.
A richiedere la perizia psichiatrica su Kabobo, disposta dal gip con la formula dell’incidente probatorio, era stato il pm Isidoro Palma. Il collegio dei periti è formato dallo psichiatra Ambrogio Pennati e dalla criminologa Isabella Merzagora, nominati dal gip di Milano Andrea Ghinetti. Nel documento, si legge che l’uomo “è capace di partecipare coscientemente al procedimento”. Nella loro relazione, gli esperti scrivono che, al momento dei fatti, l’indagato aveva una “capacità di intendere” che era “grandemente scemata ma non totalmente assente”. La capacità di volere, invece, “era sufficientemente conservata”. Per altro, il ghanese potrà partecipare al processo anche perché, “dopo la somministrazione dei farmaci antipsicotici che i curanti del carcere assicurano continui ad assumere, ha evidenziato un rimarchevole miglioramento delle sue condizioni rispetto al momento dei delitti”. Per altro, l’omicida avrebbe la “consapevolezza di dovere subire un giudizio”.
In sostanza, Kabobo era malato, ma anche cosciente di ciò che faceva. “Non può dirsi che la malattia ha agito al suo posto anche se la patologia ha avuto un ruolo importante”, scrivono Isabella Merzagora e Ambrogio Pennati. Per i periti, il killer è “affetto da un disturbo mentale di natura psicotica grave”, che si può inquadrare come “una malattia dello spettro schizofrenico”, ma “non ha commesso gli omicidi in totale assenza di coscienza, del tutto travolto dalla malattia”. Anche perché il ghanese “ricorda la numerosità delle vittime, il loro genere, le sequenza degli atti e le armi usate”. Infine, gli esperti nominati dal gip parlano anche di una “pericolosità sociale, psichiatrica” che è presente “in forma elevata”: “E’ ragionevole ipotizzare che sia significativamente probabile che il soggetto, a causa della sua patologia, possa commettere nuovi reati”.
Nel colloquio con i periti, è emerso come la follia omicida di Kabobo sia stata scatenata da alcune voci che l’uomo sentiva nella sua testa. “Queste voci – ha spiegato l’aggressore – mi dicevano che la popolazione africana, la parte del Nord, anche loro stavano uccidendo le persone a picconi quindi mi sono sentito anche io di fare la stessa cosa”. Il ghanese ha raccontato che nessuno tentò di fermarlo durante le sue aggressioni, ma ha aggiunto: “Ho capito che quello che facevo non era una bella cosa, quindi ho smesso”. I periti riportano un altro particolare del racconto di Kabobo: quando era in Ghana, le voci gli dicevano che era il creatore del mondo. “Visto che sono io il creatore – ha spiegato l’indagato – e poi dormivo in mezzo alla strada, avevo freddo, non avevo da mangiare… Tutti questi problemi li ho accumulati e mi hanno condotto a fare quello che ho fatto”.
Nella perizia, si propone l’interpretazione degli omicidi come una “perversa richiesta d’aiuto, in un mondo in cui nessuno gli dava retta”. Gli esperti aggiungono che Kabobo “avrebbe voluto essere catturato ‘così finiva tutto’, intendendo il freddo e le sofferenze causate dalle voci”. Il killer si trovava “in condizioni di lotta per la sopravvivenza, non avendo le capacità ne la possibilità di organizzarsi per soddisfare i bisogni primari (cibo, igiene, luogo sicuro ove riposare, persone cui fare riferimento)”. “Tale condizione di stress – hanno rilevato i periti – non può che avere gravemente esacerbato la patologia di base, aggravando la sintomatologia delirante ed allucinatoria e la compromissione cognitiva”. E hanno concluso: “E’ diventato giusto per lui, sofferente creatore del mondo, eseguire ciò che le voci gli suggerivano/imponevano di fare: uccidere con l’occasione si farsi catturare per soddisfare i propri bisogni primari”.
L’esito della perizia è stato accolto con favore dai familiari delle vittime. Il primo a commentare il lavoro dei periti è Domenico Musicco, legale del fratello di una di loro, Daniele Carella. “Esprimo soddisfazione per le risultanze della consulenza tecnica di ufficio da cui si evidenzia che Kabobo al momento dei fatti aveva una capacità di volere sufficientemente conservata”. Sulla base di questa perizia, dunque, secondo il legale di parte civile, “ci sarà un processo a carico di Kabobo che arriverà ad una sentenza e ad una pena certa”.