Non disturbare il manovratore. Anzi, disturbatelo pure, tanto lui va avanti lo stesso. Lo sanno bene in casa Unipol, dove la maxi fusione con l’ex impero assicurativo dei Ligresti sta per andare in porto nonostante le continue problematiche emerse lungo il percorso di una delle più importanti e discusse operazioni finanziarie italiane degli ultimi anni che coinvolge, solo sul fronte Unipol, oltre 100mila piccoli risparmiatori e 5,6 milioni di soci coop che partecipano indirettamente all’azionariato del gruppo di via Stalingrado.
L’ultima risale a lunedì 21, quando insieme alla conclusione delle indagini preliminari relative all’inchiesta della procura di Torino sulla passata gestione di FonSai sotto la quale sarebbe stato occultato un buco da 600 milioni, è spuntata anche l’iscrizione dei revisori contabili della compagnia nel registro degli indagati. Stando all’ipotesi dell’accusa, i controllori della contabilità non avrebbero impedito la falsificazione dei conti 2010, “esprimendo un giudizio di conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione ed evidenziando, in particolare, che lo stesso rappresentava in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria, nonchè il risultato economico di Fondiaria Sai” e “avrebbero anche certificato la congruità delle riserve tecniche”, snodo centrale del buco.
La notizia è particolarmente delicata, visto che uno dei due indagati, il responsabile della revisione Ambrogio Virgilio socio della Reconta Ernst & Young, è la stessa persona che firma buona parte delle relazioni allegate al progetto di fusione Unipol-Premafin-FonSai-Milano Assicurazioni che sarà sottoposto all’approvazione dei soci a partire da venerdì 25. E, in particolare, quelle sui pro-forma consolidati a fine 2012 e al 30 giugno 2013, quella sui dati previsionali al 2015, nonché quella sul prezzo di emissione delle azioni a favore dell’aumento di capitale da 201,8 milioni per il prestito convertendo che sostituirà parte dei debiti Premafin con le banche, non senza nuovi effetti fortemente diluitivi. E’ invece di un altro socio, ma sempre della stessa casa, grazie all’incarico conferito a Ernst & Young dal tribunale di Torino, la relazione chiave della fusione, quella sui concambi, ovvero il prezzo a cui avverrà l’operazione.
Una novità che senz’altro non farà piacere al cosiddetto parco buoi, cioè i piccoli azionisti, già sul piede di guerra per l’azzeramento dei loro risparmi avvenuto con l’aumento di capitale del 2012 che ha consentito a Unipol di rilevare l’ex gruppo Ligresti. Alcuni risparmiatori, come si legge nel verbale dell’ultima assemblea Unipol, definiscono infatti le nozze un “gioco dell’oca” nel quale “Unipol avrebbe acquistato a costo zero, anche se purtroppo con il sacrificio dei suoi azionisti storici, il controllo di Premafin e FonSai”. Mentre i grandi creditori delle due compagnie, Unicredit e Mediobanca, hanno messo al sicuro quasi 1,5 miliardi di crediti.
Eppure il gruppo delle coop non la ritiene degna di nota tanto che da Bologna fanno sapere che tutto procede come previsto. Dal canto suo la Consob, che ha promosso l’indagine sui revisori con una segnalazione in procura, ha chiesto a FonSai un’integrazione del prospetto informativo dell’operazione. Che appare però come la più classica delle toppe, visto che la documentazione aggiuntiva consiste, tra il resto, nella pubblicazione di un rapporto sui pareri di congruità dei concambi affidato a un consulente della compagnia e nell’illustrazione dei motivi sottostanti al metodo usato per la definizione del prezzo delle azioni a favore dell’aumento di capitale riservato al convertendo. Non si può ancora escludere, però, che la Commissione, con uno scatto finale, formuli nuove richieste al gruppo da qui a venerdì.
Anche se per il momento ai piani alti non sembrano esserci dubbi sul fatto che la faccenda non meriti menzione nel prospetto che, prefigurando risparmi per 350 milioni, descrive i rischi per le parti coinvolte in 71 pagine. Un lungo elenco di punti deboli del matrimonio che parte dalla possibilità di una mancata fusione con FonSai-Premafin le quali, in tal caso, non potrebbero “beneficiare dell’apporto dell’eccesso di capitale dell’incorporanda Unipol Assicurazioni”, mentre per Unipol l’eventualità si tradurrebbe in un’“esposizione debitoria più elevata per il gruppo” e in una “dotazione patrimoniale inferiore” rispetto alla situazione post-fusione con un impatto negativo sul margine di solvibilità del nuovo gruppo delle Coop.
Nell’elenco, poi, i nodi irrisolti come gli accertamenti Consob, sollecitati dal pm di Milano Luigi Orsi nel 2012 e ancora in corso, sulle metodologie di identificazione del prezzo dei derivati in pancia ad Unipol senza poter escludere che possano essere “richiesti adeguamenti” con “impatti sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria consolidata della Società Risultante dalla Fusione”. A tal proposito, come emerso dalla documentazione supplementare pubblicata nella notte tra martedì e mercoledì su richiesta della Commissione di vigilanza, l’Ivass (la vigilanza delle assicurazioni) ha chiesto a Unipol “di semplificare e alleggerire il comparto dei titoli strutturati” di UnipolSai che al 30 giugno avevano un’esposizione su questi strumenti di quasi 6,5 miliardi di euro in gran parte (5,2 miliardi) portati in dote dal gruppo delle Coop.
Sullo sfondo, poi, il fatto che sono ancora pendenti gli esiti di alcune ispezioni dell’Ivass ancora pendenti, per non parlare dei potenziali impatti negativi correlati ai procedimenti penali in corso (oltre a quella di Torino, c’è da considerare l’inchiesta della Procura di Milano ancora aperta). Come dimostra anche solo il sequestro per equivalente della scorsa estate da 215 milioni a carico della compagnia che, benché annullato dal Riesame, ha aperto una finestra sull’incognita responsabilità amministrativa degli enti che potrebbe colpire FonSai. Senza contare che per il Movimento dei Consumatori e quello dagli Azionisti attivi, che stanno raccogliendo deleghe per votare contro l’operazione, il prospetto del progetto di fusione è ormai vecchio. “Il via libera dell’Ivass è arrivato con sette mesi di ritardo rispetto al piano – sottolinea l’ufficio legale del Movimento dei consumatori – La legge non prevede che ci sia una rivisitazione, ma riteniamo, a tutela degli interessi dei soci, sia necessario identificare un rischio correlato al fatto che siamo arrivati ad una fase decisiva del procedimento torinese a carico degli ex amministratori Fondiaria-Sai con la prima udienza del giudizio immediato fissata per il prossimo 4 dicembre”.
Dal Fatto Quotidiano del 23 ottobre 2013, aggiornato da redazione web alle 13.28