In Italia quasi due milioni di famiglie, cinque milioni di persone, sono in povertà assoluta. Non hanno cioè accesso a un paniere di beni e servizi (cibo, alloggio, riscaldamento, vestiti) considerato il minimo accettabile nella nostra società. Eppure, quando si parla dell’introduzione di una misura di contrasto alla povertà in Italia parte subito il fuoco di sbarramento conservatore: la gente si sdraierebbe al sole a fare la siesta anziché lavorare; si sovvertirebbe l’ordine costituito, in cui le prestazioni di welfare devono essere guadagnate attraverso il lavoro; non servirebbe a nulla, se non a fare un po’ di carità. Questi argomenti non provengono tutti dalla stessa parte politica, ma hanno contribuito a impedire che, unico tra i paesi dell’Europa occidentale assieme alla Grecia, l’Italia non abbia una misura generalizzata contro la povertà.
Eppure qualcosa si muove. Parte del merito è del Movimento 5 Stelle, che ha posto la questione di un qualche sostegno al reddito sull’agenda politica. Parte è del governo Letta, con il premier, il ministro Enrico Giovannini e il viceministro Cecilia Guerra che hanno rivitalizzato un’idea sepolta nel decennio del berlusconismo (dopo che il primo colpo le era stato inferto dai governi di centrosinistra all’inizio degli anni Duemila). Parte, infine, è dell’associazionismo, della società civile, ma anche di Comuni ed enti locali alle prese con un fenomeno dalle proporzioni ormai ciclopiche. Nei mesi scorsi, le Acli e la Caritas hanno lanciato una proposta molto articolata di reddito di inclusione sociale, che sta raccogliendo adesioni da vari soggetti del terzo settore e istituzionali. Il ministro Giovannini ha presentato i risultati di un gruppo di lavoro, che ha fornito delle linee guida per l’introduzione di un reddito minimo chiamato Sia, Sostegno per l’inclusione attiva.
Una misura nazionale e universale. I cardini di questa proposta, che non è immediatamente operativa e che richiede delle scelte da parte dei decisori politici prima di diventarlo, sono facilmente riassumibili. Il Sia è una misura nazionale e universale, data a tutti quanti versino in condizione di bisogno e non, come è invece la regola nel welfare italiano, solo ad alcune categorie (gli anziani, i disabili). Il Sia non è però un reddito di cittadinanza, dato a tutti indistintamente, ma un reddito minimo, dato a solo a chi è povero, secondo un accertamento svolto attraverso l’Isee e altri indicatori di reddito, di ricchezza e di consumi effettivi. Soprattutto, il Sia non è un’elargizione ai poveri, ma una politica di inclusione sociale.
Assieme al trasferimento monetario, c’è un vero e proprio contratto tra beneficiario e amministrazione pubblica. Chi è abile al lavoro deve cercare un lavoro, partecipare a programmi di inserimento lavorativo, di formazione, di riqualificazione professionale. Deve accettare le offerte di lavoro, pena la perdita del beneficio. Per tutti, il contratto prevede dei programmi di inserimento sociale, che riguardano anche la cura dei minori e dei familiari non autosufficienti, il rispetto dell’obbligo scolastico, l’adozione di comportamenti di base che sono richiesti ad ogni altro cittadino. Se il patto prevede dei doveri, e delle sanzioni per i beneficiari che non lo rispettino, prevede anche il diritto a ricevere servizi da parte dell’amministrazione pubblica, e l’obbligo di questa a erogarli.
Sulla scorta di ipotesi ragionevoli il Sia potrebbe costare circa 7-8 miliardi di euro all’anno. Un costo che pare enorme di questi tempi, certo, ma che forse non lo è così tanto se pensiamo che nel 2011 le sole pensioni di invalidità civile sono costate quasi il doppio: 13,5 miliardi. E comunque, nel panorama europeo, l’Italia spende poco, pochissimo per la lotta alla povertà. Nonostante il suo costo imponente, il Sia può essere finanziato in vari modi, e il finanziamento dovrebbe attingere a più fonti. La proposta di Acli e Caritas fornisce idee per una provvista di finanziamento pari al doppio di quanto servirebbe per introdurre uno schema simile al Sia. Non è ancora chiaro cosa verrà proposto nel disegno di legge di Stabilità, e soprattutto quanto di ciò che verrà proposto riuscirà, in tempi di simili ristrettezze di bilancio, a diventare operativo a dicembre e nei mesi a seguire. È ovviamente impensabile che si possa partire con un intervento che metta a bilancio il costo del Sia a regime. Con 1,5 miliardi però si colmerebbe metà del divario dalla linea di povertà assoluta. Anche questa sembra una cifra enorme, di questi tempi, ma le ricerche citate mostrano come si possa trovare senza grandi sconvolgimenti nelle pieghe della spesa pubblica italiana. Certo, occorre volerlo. Ma il momento per una grande coalizione contro la povertà è questo. Nei prossimi mesi, e purtroppo nei prossimi anni, gli individui e le famiglie senza occupazione e senza risorse resteranno tante, troppe. Troppo grave e profonda sarà stata questa crisi per poter pensare che le ferite che ha causato si rimarginino in poco tempo. Occorre agire adesso, con una misura che attacchi la povertà più estrema, per poi estenderla gradualmente sino a colmare il ritardo con gli altri paesi europei. Procrastinare non servirebbe né al governo, né all’Italia.
di Stefano Sacchi*
*Professore all’Università di Milano. Ha fatto parte del Gruppo di lavoro che ha elaborato la proposta di Sostegno per l’inclusione attiva presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ha inoltre fatto parte del gruppo che ha elaborato una proposta di Reddito di inclusione sociale. Le opinioni espresse sono
personali
da Il Fatto Quotidiano del 16 ottobre 2013
Economia
Crisi, 5 milioni di poveri in Italia. Il governo lavora a un progetto di reddito minimo
Il Sia (sostegno per l'inclusione attiva), appoggiato dal Movimento 5 Stelle e dal ministro Giovannini, prevede un trasferimento monetario a chi dimostra il proprio stato di indigenza. Ma include anche l'obbligo di cercare lavoro e programmi di inserimento sociale. Potrebbe costare 8 miliardi l'anno
In Italia quasi due milioni di famiglie, cinque milioni di persone, sono in povertà assoluta. Non hanno cioè accesso a un paniere di beni e servizi (cibo, alloggio, riscaldamento, vestiti) considerato il minimo accettabile nella nostra società. Eppure, quando si parla dell’introduzione di una misura di contrasto alla povertà in Italia parte subito il fuoco di sbarramento conservatore: la gente si sdraierebbe al sole a fare la siesta anziché lavorare; si sovvertirebbe l’ordine costituito, in cui le prestazioni di welfare devono essere guadagnate attraverso il lavoro; non servirebbe a nulla, se non a fare un po’ di carità. Questi argomenti non provengono tutti dalla stessa parte politica, ma hanno contribuito a impedire che, unico tra i paesi dell’Europa occidentale assieme alla Grecia, l’Italia non abbia una misura generalizzata contro la povertà.
Eppure qualcosa si muove. Parte del merito è del Movimento 5 Stelle, che ha posto la questione di un qualche sostegno al reddito sull’agenda politica. Parte è del governo Letta, con il premier, il ministro Enrico Giovannini e il viceministro Cecilia Guerra che hanno rivitalizzato un’idea sepolta nel decennio del berlusconismo (dopo che il primo colpo le era stato inferto dai governi di centrosinistra all’inizio degli anni Duemila). Parte, infine, è dell’associazionismo, della società civile, ma anche di Comuni ed enti locali alle prese con un fenomeno dalle proporzioni ormai ciclopiche. Nei mesi scorsi, le Acli e la Caritas hanno lanciato una proposta molto articolata di reddito di inclusione sociale, che sta raccogliendo adesioni da vari soggetti del terzo settore e istituzionali. Il ministro Giovannini ha presentato i risultati di un gruppo di lavoro, che ha fornito delle linee guida per l’introduzione di un reddito minimo chiamato Sia, Sostegno per l’inclusione attiva.
Una misura nazionale e universale. I cardini di questa proposta, che non è immediatamente operativa e che richiede delle scelte da parte dei decisori politici prima di diventarlo, sono facilmente riassumibili. Il Sia è una misura nazionale e universale, data a tutti quanti versino in condizione di bisogno e non, come è invece la regola nel welfare italiano, solo ad alcune categorie (gli anziani, i disabili). Il Sia non è però un reddito di cittadinanza, dato a tutti indistintamente, ma un reddito minimo, dato a solo a chi è povero, secondo un accertamento svolto attraverso l’Isee e altri indicatori di reddito, di ricchezza e di consumi effettivi. Soprattutto, il Sia non è un’elargizione ai poveri, ma una politica di inclusione sociale.
Assieme al trasferimento monetario, c’è un vero e proprio contratto tra beneficiario e amministrazione pubblica. Chi è abile al lavoro deve cercare un lavoro, partecipare a programmi di inserimento lavorativo, di formazione, di riqualificazione professionale. Deve accettare le offerte di lavoro, pena la perdita del beneficio. Per tutti, il contratto prevede dei programmi di inserimento sociale, che riguardano anche la cura dei minori e dei familiari non autosufficienti, il rispetto dell’obbligo scolastico, l’adozione di comportamenti di base che sono richiesti ad ogni altro cittadino. Se il patto prevede dei doveri, e delle sanzioni per i beneficiari che non lo rispettino, prevede anche il diritto a ricevere servizi da parte dell’amministrazione pubblica, e l’obbligo di questa a erogarli.
Sulla scorta di ipotesi ragionevoli il Sia potrebbe costare circa 7-8 miliardi di euro all’anno. Un costo che pare enorme di questi tempi, certo, ma che forse non lo è così tanto se pensiamo che nel 2011 le sole pensioni di invalidità civile sono costate quasi il doppio: 13,5 miliardi. E comunque, nel panorama europeo, l’Italia spende poco, pochissimo per la lotta alla povertà. Nonostante il suo costo imponente, il Sia può essere finanziato in vari modi, e il finanziamento dovrebbe attingere a più fonti. La proposta di Acli e Caritas fornisce idee per una provvista di finanziamento pari al doppio di quanto servirebbe per introdurre uno schema simile al Sia. Non è ancora chiaro cosa verrà proposto nel disegno di legge di Stabilità, e soprattutto quanto di ciò che verrà proposto riuscirà, in tempi di simili ristrettezze di bilancio, a diventare operativo a dicembre e nei mesi a seguire. È ovviamente impensabile che si possa partire con un intervento che metta a bilancio il costo del Sia a regime. Con 1,5 miliardi però si colmerebbe metà del divario dalla linea di povertà assoluta. Anche questa sembra una cifra enorme, di questi tempi, ma le ricerche citate mostrano come si possa trovare senza grandi sconvolgimenti nelle pieghe della spesa pubblica italiana. Certo, occorre volerlo. Ma il momento per una grande coalizione contro la povertà è questo. Nei prossimi mesi, e purtroppo nei prossimi anni, gli individui e le famiglie senza occupazione e senza risorse resteranno tante, troppe. Troppo grave e profonda sarà stata questa crisi per poter pensare che le ferite che ha causato si rimarginino in poco tempo. Occorre agire adesso, con una misura che attacchi la povertà più estrema, per poi estenderla gradualmente sino a colmare il ritardo con gli altri paesi europei. Procrastinare non servirebbe né al governo, né all’Italia.
di Stefano Sacchi*
*Professore all’Università di Milano. Ha fatto parte del Gruppo di lavoro che ha elaborato la proposta di Sostegno per l’inclusione attiva presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ha inoltre fatto parte del gruppo che ha elaborato una proposta di Reddito di inclusione sociale. Le opinioni espresse sono
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da Il Fatto Quotidiano del 16 ottobre 2013
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Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".