Il generale dell’Esercito Domenico Rossi, deputato di Scelta civica, viene salvato dai colleghi parlamentari e vince così la sua battaglia per l’eleggibilità: resterà alla Camera. Ed è una battaglia vinta con il consenso unanime di maggioranza e opposizione. Persino il M5S ha deposto le armi, anche se solo per il momento: quando il caso approderà alla Giunta delle elezioni, spiegano i deputati pentastellati, voteranno contro la sua eleggibilità. Quello del generale, infatti, è uno degli otto casi valutati dal Comitato per l’incompatibilità, ineleggibilità e decadenza della Camera: prima di candidarsi, secondo la legge, Rossi avrebbe dovuto chiedere l’aspettativa dall’Esercito. Nessuna aspettativa: aveva chiesto soltanto una licenza straordinaria. Non si tratta di un dettaglio: la norma è prevista per scindere il ruolo pubblico del candidato dalla sua campagna elettorale. Rossi, al momento della candidatura, era sottocapo di Stato maggiore e quindi – solo per fare un esempio – membro della Commissione superiore di avanzamento dell’Esercito: sotto il suo controllo anche l’ufficio amministrazione e cinque reparti dello Stato maggiore. Prima di approdare alla Giunta per le elezioni, la partita di Rossi s’è giocata nel Comitato, e qui l’ha vinta con il consenso di tutti. “Per noi Rossi è eleggibile – rivela una fonte del comitato – ed è una posizione condivisa all’unanimità”. Ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare l’esito dell’istruttoria del Comitato che, sotto l’aspetto politico, profila una situazione rara: persino il M5S condivide l’orientamento della maggioranza.
“Apriremo un caso politico”
“Il caso di Rossi è border line – spiega Mara Mucci del M5S – ma in questa sede siamo dei giudici: dobbiamo essere obiettivi e far rispettare la legge, anche se questa norma non ci convince e, secondo noi, va cambiata. In giunta, a partire dalla posizione di Rossi, apriremo un caso politico: in realtà, secondo noi, non dovrebbe essere eleggibile. Ma finché questa è la legge in vigore, all’interno del comitato non possiamo farci nulla”. Il passaggio in Giunta, che prevede la ratifica della decisione, presa dal Comitato, è previsto nelle prossime settimane. Si prevede un voto favorevole anche da Sel. Fonti interne al partito di Nichi Vendola confermano che la vicenda si concluderà con la vittoria del generale. Eppure un fatto è certo: l’aspettativa non è stata richiesta nei tempi previsti dalla norma, poiché Rossi in campagna elettorale si è avvalso soltanto di una licenza straordinaria, e ha lasciato il suo incarico solo il 4 marzo scorso. E allora com’è possibile sostenere l’eleggibilità di Rossi? Tutto ruota su un punto: il suo caso non è espressamente disciplinato dalle leggi in vigore. Ed ecco l’esito dell’istruttoria che nei prossimi giorni sarà presentata alla Giunta delle elezioni, che dovrà soltanto ratificarla.
La relazione del Comitato
Dopo la denuncia di Luca Comellini, segretario per la tutela dei diritti dei militari, il caso è stato affrontato dalla Giunta delle elezioni che ha aperto un’istruttoria. Rossi ha presentato al comitato la sua documentazione. Dopo averla letta il Comitato ha stabilito che il generale “non svolgerebbe funzioni di ‘direzione’ e di ‘comando’ e quindi non sarebbe un ‘comandante‘ in senso tecnico”. Dalla documentazione acquisita risulterebbe che “per l’espletamento delle funzioni ad esso attribuite, il Sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito si avvarrebbe, alle sue dirette dipendenze, di un numero estremamente limitato di unità di personale”. Soprattutto, Rossi non è “un “comandante territoriale” ed è proprio questa definizione che orienta la decisione verso la sua l’eleggibilità. Il deputato è stato eletto nella circoscrizione elettorale Lazio 1 e la sua competenza da generale, secondo il comitato, non è focalizzata su un territorio circoscritto ma, al contrario, si estende su tutto il territorio nazionale: “Non si potrebbe fare riferimento a una circoscrizione di competenza territoriale dello Stato maggiore dell’Esercito”.
Un caso unico
E proprio questo è il punto chiave della vicenda: non siamo dinanzi a una “ineleggibilità relativa, ossia nella sola circoscrizione di effettivo esercizio della funzione, come nel caso degli ufficiali superiori delle Forze armate”. Il caso Rossi è più vicino alla “ineleggibilità assoluta” ma nessuna legge disciplina con certezza l’esempio in questione e quindi: “Non s’è ritenuto possibile interpretare in modo estensivo tale disposizione normativa”. E il fatto che Rossi non abbia chiesto l’aspettativa, come invece previsto dalla legge? Non è più importante: “Una volta adottata questa interpretazione, la questione ha perso rilevanza. Per Rossi non si pone più un problema d’incompatibilità tra le cariche”.