Bisogna vederlo da vicino Roberto Vecchioni. Come l’hai visto in tv o seguito ad un concerto fin dagli anni Settanta e Ottanta con addosso jeans, maglione largo, camicia possibilmente fuori dai pantaloni e magari un sigaro. Riduci la distanza ed è sempre lui: fisico nervoso, mani robuste, quella voce morbida e penetrante che l’ha reso celebre. Il professore progressista viene acclamato da almeno un centinaio di persone immerse in un ascolto empatico delle sue parole allo spazio Feltrinelli di Bologna, che festeggia i 50 anni dello storico store di piazza Ravegnana, per presentare il nuovo disco, Io non appartengo più.
Lui che da nemmeno un mese è stato inserito nella lista dei possibili Nobel per la Letteratura (poi assegnato a Alice Munro) assieme a Bob Dylan e Leonard Cohen frena gli entusiasmi: “L’ho già spiegato che mi fa piacere quello che è successo, ma altro che Nobel per Vecchioni, l’unico Nobel che ha senso in questo momento sarebbe quello per la Pace da assegnare all’isola di Lampedusa”.
E’ un Vecchioni sempre combattivo quello che ripercorre 40 anni di carriera e fa una carrellata dettagliata sui nuovi 12 brani di un album che ha uno di quei titoli, Io non appartengo più, che sanno di politico: “E’ sottinteso però che io ci sono dentro fino all’osso, c’è sempre qualcosa a cui si appartiene. Poi certo non mi ritrovo più nella frenesia, nella mediocrità e ipocrisia dell’oggi. E non mi ritrovo nemmeno più nella massima di Voltaire: ‘Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee’”. “La democrazia per me oggi, e lo dico anche per chi si vergogna di ammetterlo, non significa ascoltare tutti – continua – Io certa gente come cretini e fascisti non li voglio proprio sentire”.
Vecchioni ce l’ha però anche coi giornali e con Twitter: “Il 90 per cento dei tweet sono inutili e antidemocratici, chi li scrive si nasconde e non attende mai la risposta: non posso estrapolare un concetto, sbatterlo lì e poi spegnere tutto. E’ lo stesso meccanismo dei titoli dei giornali che spesso per semplificare cambiano il senso di ciò che si è detto”.
Il tono cambia quando il cantautore milanese parla della Bologna degli “orchestrali”, quella di Dalla e di Guccini (“Lucio era uno che non si dava mai delle arie”, “Francesco non si è più ripreso dalla morte di Renzo Fantini”), dell’osteria da Vito, quando si mangiava in compagnia e si abbondava, come un video del 1977 su Youtube testimonia, in vino, fumo e libagioni: “Che tempi meravigliosi. Quella è la Bologna vera, viva, piacevole che mi resta nel cuore. Non ci sono più gli sfottò di una volta, davvero, e non è nostalgia la mia ma la constatazione di un fatto vero”. A Bologna Vecchioni tornerà il 29 novembre per una delle tappe del nuovo tour che inizia con il doppio debutto di Milano del 13 e 14 novembre. E a chi gli chiede consigli su cos’è importante insegnare alle generazioni che verranno: “Non prendetemi come un santone, ma se proprio volete una massima dico di essere brave ed oneste persone”.