Se quello che è avvenuto il 4 giugno del 1989 è passato alle cronache cinesi come “l’incidente di Piazza Tiananmen”, quello del 28 ottobre forse passerà alla storia come “l’incidente automobilistico di Tiananmen”. Poco dopo mezzogiorno una jeep lanciata a tutta velocità ha rotto le barricate di fronte alla Città Proibita e si è incendiata proprio sotto il ritratto di Mao Zedong. Il bilancio è di 5 morti e 38 feriti. Diversi elementi fanno pensare a uno schianto deliberato della vettura contro l’antico palazzo imperiale e la polizia è sulle tracce di due uomini che appartengono alla minoranza musulmana degli uiguri, da tempo in contrasto col governo di Pechino.

Secondo i media ufficiali sono decedute tutte e tre le persone che si trovavano all’interno dell’auto e due turisti. Si tratta di una donna filippina e un cinese della regione meridionale del Guangdong. La polizia ha identificato due dei tre occupanti dell’auto, che sono  residenti della turbolenta regione dello Xinjiang e i loro nomi fanno ritenere che appartengano alla minoranza islamica turcofona degli uiguri. Stessa minoranza a cui appartengono le persone sospettate. Uno di loro, identificato nell’avviso della polizia come Yusupu Wumaierniyazi, vive nella stessa città dello Xinjiang in cui lo scorso 26 giugno in un attacco erano rimaste uccise 37 persone fra poliziotti, civili e militanti.  Gli uiguri hanno cultura, religione e lingua diverse rispetto alla maggioranza cinese Han e da tempo ci sono contrasti fra loro e il governo di Pechino. Inoltre, gli uiguri radicali turcofoni portano avanti da anni un’insorgenza di bassa intensità contro il governo comunista cinese e l’estate appena terminata ha visto un insolito aumento degli episodi di violenza nello Xinjiang. La polizia cinese ha reagito incrementando la sorveglianza anche nelle zone esterne alla provincia.

Il luogo e la dinamica dell’incidente hanno fatto immediatamente pensare alla possibilità di un attentato, anche se dal governo non è arrivata nessuna conferma ufficiale. L’autista infatti è uscito di strada entrando nella zona pedonale ed evitando alberi, lampioni e almeno un checkpoint di sicurezza prima di fermare la sua corsa contro un ponte in pietra all’ingresso della Città proibita. Tuttavia, finora non è arrivata nessuna conferma ufficiale dal governo cinese. Dei giornali dell’ex impero di mezzo solo il Global Times in lingua inglese sposa esplicitamente l’ipotesi dell’attentato.

Secondo quanto riportato dal quotidiano, lunedì sera la polizia avrebbe avvisato tutti gli alberghi della capitale di informarla su eventuali “ospiti e veicoli sospetti”. Nello stesso comunicato si leggono i nomi di due sospetti e quattro numeri di targa da tenere d’occhio. La provenienza di persone e macchine sarebbe la stessa: la regione autonoma dello Xinjiang, la provincia dell’estremo occidente cinese a maggioranza musulmana spesso teatro di “attentati” indipendentisti. Altre fonti hanno confermato la pista islamica alla Reuters, la quale, peraltro, riporta che un testimone oculare avrebbe visto nella macchina uno striscione bianco con caratteri neri. L’incidente, oltre che in un luogo sensibile, è accaduto mentre si aspettano le date definitive del terzo plenum del Pcc. Il meeting che dovrebbe tenersi nel mese di novembre è importante perché indicherà le linee guida in materia economica e sociale della nuova era presieduta da Xi Jinping. Inoltre tutti e sette i membri del Comitato permanente del Politburo, il gotha del Partito, erano riuniti nella Grande Sala del popolo che si affaccia anch’essa su piazza Tian’anmen, a qualche centinaia di metri da dove è avvenuto l’incidente.

L’agenzia di stampa Xinhua riporta anche che un funzionario di alto grado del governo centrale ha ispezionato la scena. Il dipartimento della polizia di Pechino ha comunicato dal suo account Weibo, il twitter cinese, che l’incidente è avvenuto alle 12:05 di lunedì e che per le 13:09 “il traffico era tornato alla normalità”. Le informazioni della polizia di Pechino e quelle dell’agenzia di stampa Xinhua sono ormai le uniche a circolare sul web cinese. Immediatamente dopo il tragico evento la stazione della metropolitana è stata chiusa e i turisti sono stati allontanati. Una squadra di addetti alle pulizie ha ripulito la scena e due giornalisti della France Press sono stati costretti a cancellare le foto che avevano fatto sul luogo. Online i censori sono stati rapidi ed efficaci. Scomparse fotografie e commenti. Impossibili le ricerche a cui al nome di Tiananmen si aggiungono termini come suicidio, attacco a sorpresa, incendio, incidente stradale o esplosione. Perfino un primo resoconto del Quotidiano del Popolo – considerato il megafono della voce del Partito – sembra essere stato cancellato. I tg della televisione di stato delle 19 non hanno per ora fatto menzione dell’accaduto. Stando alla cronaca del New York Times ai turisti che chiedevano spiegazioni sulla chiusura del tratto di marciapiede di fronte alla città proibita la polizia avrebbe fornito la seguente risposta: “Si tratta di un’attività speciale di cui non conosciamo i dettagli. Ma domani sarà tutto finito.”

di Cecilia Attanasio Ghezzi

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