Ha chiuso con un avanzo positivo di oltre 18 milioni di euro il bilancio della Siae – la società italiana autori ed editori – relativo all’esercizio 2012. Un risultato straordinario – il 2011 si era chiuso con un attivo che non raggiungeva neppure un milione di euro – che giustifica l’ottimismo dell’ormai ex Commissario straordinario della Siae, Gian Luigi Rondi e la sua gratitudine verso i sub commissari straordinari che lo hanno accompagnato nella missione di risanamento dell’Ente e del Direttore Generale, Gaetano Blandini.
Tuttavia, a leggere tra le pieghe, del bilancio della società emerge un dato preoccupante. La Società italiana autori ed editori nata dalle intuizioni e convinzioni di alcuni tra i più grandi ingegni della cultura italiana come Verdi, Carducci, De Amicis o De Santis sembra ormai divenuta un Gran Bazar nel quale, peraltro, la raccolta e la gestione dei diritti d’autore è il reparto meno efficiente e più dissestato. Nel 2012, infatti, la Siae, ha incassato – a titolo di diritti d’autore – oltre 25 milioni di euro in meno rispetto a quanto incassato nel 2011.
E’ un dato preoccupante che diventa allarmante se si considera che la Società, nel 2012, ha visto assottigliarsi ulteriormente anche i già esigui risultati relativi ai diritti incassati in ambito multimediale in assoluta controtendenza rispetto a quanto accade nel resto del mondo. Una società di raccolta e gestione dei diritti d’autore che, nell’era di Internet, vede contrarre gli incassi per le utilizzazioni online è una società dal futuro almeno incerto.
Ma non basta. Persino la rete territoriale della Siae – sin qui autentico fiore all’occhiello della società – comincia a perdere colpi e nel 2012 ha raccolto oltre 10 milioni di euro di diritti d’autore in meno rispetto a quanti ne aveva raccolti nel 2011. Tutto questo mentre i costi della produzione sono – benché marginalmente – aumentati.
E allora come si spiegano gli eccellenti risultati di bilancio ottenuti nell’esercizio 2012? La verità – raccontata in modo inequivoco ed incontestabile dai numeri – è che, nel 2012, la Siae ha compensato i deludenti risultati ottenuti sul fronte della raccolta dei diritti d’autore con i ricavi percepiti da una serie di attività che nulla o quasi hanno a che vedere con le finalità e gli scopi principali della società.
A ripianare le perdite, nel 2012, infatti, ci hanno pensato la montagna di soldi incassata quale corrispettivo dei servizi che la Siae ha erogato all’Agenzia delle Entrate ed a quella dei Monopoli di Stato, gli straordinari proventi finanziari percepiti grazie alla lentezza nel riparto tra gli aventi diritto di quanto di loro competenza e, infine, attraverso le enormi plusvalenze generate dal conferimento straordinario del proprio patrimonio immobiliare nel Fondo Norma.
Oltre 29 milioni di euro, solo il corrispettivo incassato dall’Agenzia delle Entrate per lo svolgimento di attività ispettive che nulla hanno a che vedere con il diritto d’autore e oltre 5 milioni di euro quelli incassati dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Oltre 34 milioni di euro, insomma, che sono finiti nelle casse della Siae ma ben avrebbero potuto finire nelle casse di un qualsiasi altro fornitore dei medesimi servizi che, peraltro – se l’appalto per la loro esecuzione fosse stato posto in gara – avrebbe potuto, magari, garantire allo Stato condizioni più favorevoli.
Oltre 31 milioni di euro, incassati nel 2012, a titolo di interessi sulla montagna di denaro – in media quasi 900 milioni di euro – depositata sui conti correnti della Siae in attesa di essere ripartita tra gli aventi diritto. Oltre 8 milioni di euro il risultato della gestione straordinaria ovvero delle plusvalenze e sopravvenienze attive generate da operazioni non ripetibili negli esercizi che verranno. Il conto è presto fatto: oltre settanta milioni di euro di quelli che hanno consentito alla Siae di chiudere il bilancio con un attivo record, provengono da “reparti” del Gran Bazar che non c’entrano nulla con i diritti d’autore.
Ciascuno, naturalmente, tragga le proprie conclusioni ma non può negarsi che esiste un “caso Siae” del quale è urgente che Governo e Parlamento si occupino perché un ente pubblico economico chiamato a svolgere importanti funzioni pubblicistiche nel settore dei diritti d’autore, evidentemente, non può tenere i propri conti a galla grazie a attività e soluzioni finanziarie che non hanno niente a che vedere con il diritto d’autore.