“Non dobbiamo vergognarci di essere populisti. L’impeachment ad esempio, è una finzione politica per far capire da che parte stiamo”. Beppe Grillo parla ai suoi in un’aula della Camera. È una conversazione che nessuno conosce, quella che il Fatto ha in esclusiva, tra il leader e i deputati. Lui, il grande capo, in piedi, spalle al muro, la voce pacata e i toni concilianti. Gesticola, ride poco e dà pacche sulle spalle. E parla. “Sono qui per sostenervi”. Non alza mai la voce. Il Grillo a porte chiuse non è nemmeno parente del comico sul palco, quello che urla e lancia parole come spade. C’è da spiegare la scomunica ai senatori Cioffi e Buccarella, colpevoli di aver presentato un emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina. C’è da spiegare chi comanda. Che non è lui, ma il Movimento. Perché forse gli eletti se lo sono dimenticati, ma i voti vengono dal basso e seguono le emozioni: “Con la presentazione dell’emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina, abbiamo perso voti a iosa. Il post del blog, forse un po’ duro, siamo stati costretti a farlo”.

Una decisione obbligata per evitare di perdere troppi voti: “Noi parliamo alla pancia della gente. Siamo populisti veri. Non dobbiamo mica vergognarci. Quelli che ci giudicano hanno bisogno di situazioni chiare. Ad esempio prendete l’impeachment di Napolitano. Molti di voi forse non sono d’accordo, lo capisco. Ma è una finzione politica. E basta. Non possiamo dire che ha tradito la Costituzione. Però diamo una direttiva precisa contro una persona che non rappresenta più la totalità degli italiani. Noi siamo la pancia della gente”. Perché il rischio era molto grosso: “Abbiamo raddrizzato la situazione, siamo stati violenti per far capire alla gente. Se andiamo verso una deriva a sinistra siamo rovinati”.

Gli errori, “l’andazzo” e i sondaggi mai visti – Lo ascoltano, affollati come sotto il palco, ma questa volta Grillo parla a volto scoperto e dice di capire. “Questa cosa non deve più accadere. C’è stato un errore di comunicazione. È brutto. Perché l’emendamento è stato un mese lì e non ne sapevamo nulla. Io posso darvi un parere, ma non devo decidere io. Però avreste dovuto avvisare”. Qualcuno risponde: “Dobbiamo prendere decisioni in poco tempo, a volte è difficile”. Ma Grillo dice di sapere già tutto: “Per questo abbiamo presentato l’applicazione per la partecipazione diretta. Così quando c’è qualche proposta che non avevamo nel programma, la mettiamo online e vediamo l’andazzo”. Ai suoi Grillo dice di aver fatto un sondaggio online: il 75% ha votato per mantenere il reato di immigrazione clandestina. Qualcuno scuote la testa: “Non l’abbiamo mai visto”. Ma oltre le giustificazioni il leader ripete come un ritornello che il potere resta alla maggioranza: se il Movimento vuole riformare la Bossi-Fini si voterà su quello. E così sullo ius soli: “Vorrei che fossimo uniti. Stanno sfruttando il tema per fini elettorali. Siamo tutti convinti che lo ius soli vada bene, ma con certi paletti”.

I deputati sono spiazzati. Lo guardano in piedi con le mani sudate per cercare di dire ad alta voce i malumori covati per giorni. Ma Grillo è comprensivo e i dissidenti non osano parlare. Qualcuno trova il coraggio di chiedere più chiarimenti. Giulia Sarti, subito fermata da Roberto Fico e Carla Ruocco. Poi Silvia Chimienti: “A me questa cosa dei voti lascia perplessa. Bastava spiegare alle persone che era una cosa di buon senso”. Qualcuno azzarda: “Non è che per non finire nell’ala di sinistra scivoliamo a destra? Restiamo oggettivi”. Alza la mano Stefano Vignaroli: “Prima non era così. Andavamo sul palco e ci dicevi di parlare delle cose che ci appassionano”. Grillo risponde a tutto: “Io lo so cosa vi ha dato fastidio, la frasetta dell’articolo dove si diceva che con posizioni come quella sull’immigrazione avremmo preso risultati da prefisso telefonico. Lo so, ma dovete capire che il Movimento sono 9 milioni di persone che ci hanno votato”. I brusii crescono quando si passa alle questioni pratiche. Se per ogni difficoltà bisogna chiedere l’autorizzazione e il parere dall’alto, si perde troppo tempo. “Tanto vale allora astenersi su tutto”, dice Luigi Gallo. Così Girolamo Pisano: “Io chiedo, vale più un ragionamento fatto da 100 persone su base di dati tecnici. O un’opinione di Grillo e Casaleggio?”. E su questo il leader sbotta.

Parlano da oltre un’ora e il punto è sempre quello: “L’opinione è del Movimento. Abbiamo 9 milioni di persone che ci hanno dato il voto su un programma. Noi siamo le punte delle persone. Io sono per il dialogo sempre. Non datemi dei super poteri. Non ne ho. Io mi sento in imbarazzo. Ne sapete molto più di me. La prossima settimana viene qui Casaleggio e parlerete con lui. Verrà un giorno o due alla settimana. Si alternerà con me”.

I post, il residence e la penale anti-traditori – Grillo la pazienza la perde sul finale. Gli chiedono di avvisare prima di scrivere un post sul blog contro una persona. Chiedono di ricevere un avviso. “Ma così si crea un canale preferenziale con ognuno. Poi io non vivo più. Ad esempio la settimana scorsa ho chiesto, ci incontriamo in un residence per parlare? Voi l’avete messa ai voti. Così abbiamo fatto una figura di merda. La notizia l’avete creata voi. Bastava non fare nulla. Chi voleva venire veniva”. Si rabbuia un attimo, ma subito torna a incoraggiarli. “Avete fatto un miracolo. Pensate al futuro adesso. È nostro. Questi politici sono finiti. State facendo grandi cose. Adesso io e Casaleggio scenderemo più spesso, perché bisogna alzare delle barriere di protezione. Tutti cercano di salire sul nostro carro. Non possiamo permettere di farci corrodere il lavoro. Per le elezioni locali, faremo firmare una cosa che se cambi il partito paghi una penale”. Ci sono le regionali in Basilicata e le europee nel programma del leader. Nessun accenno al voto anticipato. A porte chiuse la campagna elettorale può aspettare.

da Il Fatto Quotidiano del 30 ottobre 2013

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