Nella versione costituzionale dovrebbe essere il contrario: la legge come prerogativa del Parlamento. In tempi di larghe intese, soprattutto quando si parla di indulto e amnistia, argomenti sui quali il presidente della Repubblica ha speso il monito, è il ministro che mette fretta ai deputati. E detta le linee guida di quella che deve essere la legge. Anna Maria Cancellieri, in altri guai affaccendata, qualche giorno fa ha spedito alla commissione la relazione sulle carceri. Insostenibile, come ha ripetuto l’intero arco governativo, per chiudere con la più abusata delle affermazioni: “È l’Europa che ce lo chiede”. Prima di precisare: “Il ministero è al lavoro per una riforma della custodia cautelare”. Perché “spesso è una odiosa anticipazione della pena”.
Che la situazione sia critica lo dicono anche i numeri. Dicono anche che ci sono in carcere, a oggi, due persone per bigamia e nessuno per corruzione. Ce ne sono un’infinità per reati contro il patrimonio e nessuno per frode fiscale. Ma vediamo meglio il dettaglio e quello che scrive Cancellieri. I detenuti in carcere sono 64.564 e, tra questi, sottolinea il ministro, 38.625 quelli definitivi, con condanne passate in giudicato, 24.774 quelli in custodia cautelare, 1195 gli internati. E la politica è soprattutto sulla custodia cautelare che vuol lavorare. Con difficoltà visto che nei talk show la maggior parte degli esponenti di Pd e Pdl parlano di carcere preventivo, quando in realtà è la misura cautelare che il giudice applica se motivata dal pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato.
Dei detenuti oggi in carcere in attesa della condanna di primo grado, 8.657 sono dietro le sbarre per spaccio di droga (14.378 sono invece quelli con condanna definitiva). È il numero più alto. 3564 invece devono rispondere di rapina, 2.792 di omicidio volontario. E ancora: 1.982 sono per estorsione, 1.824 per furto, 1.107 per associazione di stampo mafioso, 809 per ricettazione, 709 per violenza sessuale, 356 per associazione per delinquere, 320 per maltrattamenti in famiglia, 137 per sequestro di persona, 100 per pedofilia, fino ai 33 per bancarotta, 26 per strage e 11 dentro per truffa. Ma questi sono quelli in attesa di giudizio, dove i politici vorrebbero lavorare per liberare le carceri e dove vuole che si lavori proprio il ministro Cancellieri. Tutti reati molto gravi e sui quali i giudici si sono espressi, spesso anche in seconda istanza grazie alla possibilità di ricorrere al tribunale della libertà.
Sulla validità dell’indulto è la stessa Cancellieri che fa una premessa: “Prima dell’indulto del 2006 in carcere c’erano 61.400 persone. Con il provvedimento di clemenza uscirono 26.000 persone, di cui 22.000 subito nei mesi successivi”. Ma nel 2009 i detenuti erano già 69mila. Dunque, spiega Cancellieri senza giri di parole, è sul ricorso alla custodia cautelare che si dovrebbe lavorare. Sullo specifico della popolazione carceraria definitiva, le percentuali riflettono le tipologie di reato di quelli che sono in custodia cautelare: droga, furti, violenza. Omicidi volontari, preterintenzionali e colposi, peculato (11 detenuti). Cambia invece la cifra dei fondi che all’amministrazione penitenziaria sono stati assegnati nel corso degli anni. Nel 2006, quando in carcere c’erano 59mila persone, il ministero assegnava all’amministrazione penitenziaria 71 milioni di euro circa. Oggi che i detenuti sono 65.564 il finanziamento è di poco superiore ai 49 milioni di euro. Vuol dire contare su 20 milioni di euro in meno, ma l’Europa su questo pare che non abbia detto niente. Oggi un detenuto costa mediamente 123,78 euro al giorno, rispetto ai 190,21 euro del 2007 (quando in carcere c’erano 48.693 persone).
La soluzione, dunque, alla commissione giustizia, che aveva fatto esplicita richiesta, l’aveva già prospettata il ministro: lavorare sulla custodia cautelare e sulle pene alternative. Si legge al punto 7 della relazione: “Sono in fase di studio avanzato proposte di interventi sulla legislazione processuale con specifico riferimento ai settori delle misure cautelari personali, delle impugnazioni e dei meccanismi diretti a deflazionare il carico di lavoro degli uffici inquirenti”. E poi entra nel dettaglio: “Il sistema delle misure cautelari personali sollecita una rinnovata considerazione, nella prospettiva di contenere gli eccessi di ricorso a dette misure che, se non adeguatamente calibrate sulle reali ed effettive esigenze legate all’accertamento processuale, rischiano di atteggiarsi a una mera, quanto odiosa, quanto indebita, anticipazione di pena”. Sul versante invece dell’ordinamento penitenziario, “le proposte innovative di un testo unico dovrebbero riguardare la riscrittura del sistema sanzionatorio, in modo che la sanzione definitiva in carcere sia contenuta e riservata ai casi in cui la finalità rieducativa della pena non possa prescindere dalla privazione della libertà”.
da Il Fatto Quotidiano del 3 novembre 2013