Bonaria Manca, 88 anni, ha narrato la sua vita con la pittura, il pennello è passato su ogni angolo di casa. Un gigantesco murales autobiografico per raccontare una storia straordinaria, fuori dal comune. Fiera, a dorso del suo cavallo governava le greggi di pecore, quando ancora la donna era relegata a mettere al mondo figli e a fare la calza. Figli non ne ha avuti, ha provato anche a sposarsi, ma non era la sua vita. Ha cucito vestiti che poi indossa, ha ricamato arazzi con trame che raccontano ancora di lei. Sempre con colori vivi, che rappresentano i toni accesi di una vita trascorsa come piaceva a lei, senza badare ai pettegolezzi e ai conformismi di ogni tempo. Ha sfidato le convenzioni. E sorprende ancora oggi alla soglia dei novant’anni: d’improvviso smette di parlare e comincia a cantare. Ha vissuto a modo suo contro ogni conformismo, ma non chiamatela femminista.
Bonaria Manca vive a Tuscania, ma è nata a Orune, nel Nuorese, in Sardegna, penultima di tredici figli. La famiglia fu costretta a lasciare l’isola e a vivere nella Tuscia. Di studiare non se ne parla, le donne a quel tempo debbono lavorare e pensare a mettere su casa. Quel luogo di natura aspra, di memorie etrusche e di resti archeologici richiama un po’ la sua Sardegna. Continua a fare la pastora, ma dentro casa libera la vena artistica. Su quel cavallo la gente la vede passare, la ricordano ancora altera, orgogliosa ma non si fa avvicinare troppo. Storcono il naso giù in paese, e molti la considerano “strana”. Succede a chi va controcorrente. Ma lei non è una in mezzo a tanti altri. Ci prova a mettersi in riga. Alla soglia dei quarant’anni si sposa, ma nel volgere di qualche anno il matrimonio naufraga. Infatti il marito non accetta quella donna di uno spirito così libero. Non è quel fallimento che la manda in crisi, ma morte in pochi anni della madre e del fratello con cui ha un rapporto molto affettuoso. E, come racconta una sua amica, “la compagnia migliore diventa a questo punto l’arte nelle sue diverse forme, usata sempre come strumento di auto narrazione”. Arte che sconfina nella musica: “Ho iniziato a cantare quando ho cominciato a essere sola”, racconta Bonaria Manca.
Il suo è modo di comunicare, lo fa anche con canti d’amore del nuorese, i cosiddetti “mutos”. Proprio agli inizi degli anni ’80 prende in mano i pennelli e dipinge. Narra la sua vita, la natura, e quelle pietre simbolo di una storia che unisce la sua terra d’origine e la terra dove ora vive. Passato e presente in un intreccio inestricabile. Le pareti si coprono di colori e immagini e dove non ci sono pitture è appeso un suo quadro o un arazzo, come nella camera da letto, dove racconta la sua vita da bambina, quando andava alla fonte a prendere l’acqua.
Mentre su un’altra parete della stessa camera si scopre una “maternità con Madonna emancipata, che, lontana dall’uomo non è soggiogata, non tiene il capo chino, ma alza la testa con fierezza”, come fa notare Bonaria. E l’arte che salva questa donna dalla tristezza e dalla solitudine. Ricorrono a volte immagini sacre e mitiche, ma anche i taccuini diventano fonte di narrazione.
Anticonformista, ribelle, custode dei segreti della vita e della natura, ha trascorso gli anni a testa alta. E ripete: “Io che ne sapevo di essere diventata l’artista di me stessa”.