“Nessuna resa dei conti, si lavora all’unità” aveva appena finito di dire Altero Matteoli. Sì, buonanotte. Per parlare di scissione sarà forse presto, ma che nel Pdl sia iniziata la guerriglia è difficile da negare. La miccia del cannone che dà inizio alle ostilità l’ha accesa Fabrizio Cicchitto. All’ex capogruppo di Montecitorio non è piaciuta l’ulteriore accelerazione di chi vuole la cancellazione del Popolo delle Libertà e il ritorno a Forza Italia: l’anticipazione del consiglio nazionale dall’8 dicembre al 16 novembre, la cui convocazione è stata controfirmata da Silvio Berlusconi. “E’ una partita tutta da vedere – spiega Cicchitto ai giornalisti che gli chiedono se i governativi non si presenteranno alla maxi assemblea – La riunione è prevista per il 16, c’è tutto il tempo per riflettere e per decidere”. E’ la radiografia dello stato di salute del partito che il Cavaliere vorrebbe gettare nel macero, rispolverando la vecchia Forza Italia. Cicchitto ribadisce che non entrerà mai in una “Forza Italia estremista”, anche perché una crisi di governo “sarebbe un autogol per il Pdl, perché avremmo un governo di scopo senza di noi e contro di noi che farebbe una nuova legge elettorale”.

 

Scontro tra ex presidenti. Formigoni chiede il voto segreto, Polverini: “Si vergogni”
A quel punto nel Pdl ricomincia il tutti contro tutti. Una “guerriglia”, la chiama il ministro Nunzia De Girolamo, che fa usare toni malinconici a Sandro Bondi: “Qui finisce male”. Tra i berlusconiani continuano, dunque, a volare gli stracci. Anna Maria Bernini risponde a Cicchitto: “Le sue lezioni di politica sono irricevibili”. Si arriva perfino al duello a male parole tra i due più importanti presidenti della Regione della storia recente del centrodestra. Da una parte Roberto Formigoni pare quasi entusiasta: “Consiglio Nazionale Pdl il 16 novembre – scrive su Twitter – Nostro documento è ufficiale e le firme (tante!) stanno arrivando. Ovviamente si dovrà votare a scrutinio segreto”. Dall’altra Renata Polverini gli risponde: “Formigoni si vergogni. Si doveva attivare qualche giorno fa per il voto segreto che coinvolgeva Berlusconi”.

Il consiglio nazionale e la guerra dei delegati
Perché tanta agitazione per un organismo di un partito che di assemblee e riunioni si è sempre fregato? Il consiglio nazionale, infatti, dovrà ratificare l’addio al partito del predellino. Ed è stato citato proprio dai governativi (
Angelino Alfano, Cicchitto, Formigoni e gli altri) come sede ideale per la discussione finale sulla questione perché è una maxi-assemblea da circa 800 persone e non una struttura oligarchica come l’ufficio di presidenza (che propose all’unanimità la “sospensione” del Pdl), che peraltro il vicepresidente del Consiglio e gli altri già disertarono. Maurizio Lupi cerca di stemperare i toni: “Quando si pensa a lavorare seriamenteper l’unità del nostro partito, riconoscendo la leadership di Berlusconi e per costruire un grande partito, non si pensa a disertare” dice.

Ma non rinuncia al confronto finale che si annuncia tra 10 giorni: “Non ci sono traditori, non ci sono lealisti più lealisti del re, ma persone che vogliono bene al Paese, alla storia del partito e al presidente Berlusconi. E – prosegue Lupi – vogliono con Berlusconi lanciare una grande sfida per il futuro. Vedo che qualcuno continua a tirare la giacca al presidente Berlusconi, noi non siamo tra questi”.

I governativi a caccia di firme e adesioni
Ma quelli che si definiscono “innovatori” hanno bisogno di tempo per raccogliere ancora firme e cercare adesioni alla mozione alternativa a quella di Berlusconi che vorrebbe andare dritto come un treno verso Forza Italia (il che vorrebbe dire che il partito finirebbe sempre di più in mano ai cosiddetti “falchi”). E infatti proprio per questo la Polverini provoca: “Se gli amici al governo hanno raccolto le firme, di cui parlano oggi alcuni giornali, non vedo perchè tante polemiche, interviste risentite e farisaiche lettere per stigmatizzare la convocazione di assise delle quali sentiamo tutti il bisogno per dimostrare non solo l’umana vicinanza al nostro leader, ma il suo ruolo centrale e non di testimonianza in questa e nelle prossime legislature”. 

Summit dei governativi del Senato con Quagliariello
Mentre Lupi si esibisce nei tentativi di peacekeeping i filo-governativi del Senato si sono riuniti a Palazzo Madama. Assente Angelino Alfano, ma c’era il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello. Al centro dell’incontro la raccolta firme in calce al documento da presentare prima del Consiglio nazionale e il documento, che dovrebbe essere di otto punti e non è stato ancora ultimato. Sul tavolo resta anche l’ipotesi di disertare il Consiglio nazionale. Ma a decidere sarà lo stesso Alfano.

La Gelmini vede magistrati ovunque, perfino dentro il consiglio nazionale
E’ tale il caos che Mariastella Gelmini vede i magistrati anche dentro la partita – l’unica – di apertura democratica del dibattito interno al Pdl. “Sarà solo un caso, per carità – dichiara l’ex ministro dell’Istruzione – ma ieri, in Sardegna, a fronte di un’inchiesta che coinvolge tutto il Consiglio regionale sono finiti in carcere esclusivamente due consiglieri del Pdl; in Campania è toccata oggi la stessa sorte ad un altro consigliere, sempre del Pdl. Girano strane voci di un’escalation giudiziaria da qui al Consiglio nazionale del partito che appare troppo puntuale per rappresentare un caso fortuito”. La Gelmini aggiunge: “Non vorremmo che, come troppo spesso è accaduto in questo Paese, certa magistratura voglia mettere naso e becco nelle vicende di un partito, cercando di condizionarne l`attività in un momento così delicato per la sua vita e i suoi assetti interni. Se mai dovesse succedere, siamo certi che tutti, in questo caso davvero uniti, saremo pronti a denunciare in modo chiaro e netto l`ennesima invasione di campo di precisi settori della magistratura”. 

La corrispondenza incrociata a mezzo giornali tra gli ex amici Bondi e Cicchitto 
In mattinata le divisioni erano emerse ben visibili con la corrispondenza incrociata a mezzo giornali. “Mi dispiace dirtelo – scrive Cicchitto sul Corriere della Sera in una lettera aperta al capo del partito – ma tu (e il Pdl-Fi con te) rischi di diventare prigioniero dei ‘falchi’ su una linea del tutto sbagliata, in alcuni casi frutto di estremismo, in altri di cinismo”. Anzi, “nella difficile posizione in cui siamo per il bombardamento giudiziario contro di te”, una figura come Alfano “se già non ci fosse, dovresti inventarla”. E contemporaneamente aveva concesso un’intervista a Repubblica in cui definiva la convocazione anticipata del Consiglio nazionale un “rovesciamento” che “rischia di mettere in moto un meccanismo dirompente che o è stato programmato in anticipo per una rottura freddamente perseguita, oppure può sfuggire di mano a chi continua a sottovalutare la gravità della situazione”. Ad ogni modo, aggiunge, “nessuno può pensare di intimidire chi il 2 ottobre scorso, votando la fiducia al governo Letta, ha già compiuto una scelta di per sé coraggiosa”.

E dall’altra parte Bondi, l’ultimo irriducibile, l’unico a non essersi pentito di non aver votato la fiducia al governo Letta a inizio ottobre dopo quell’intervento durissimo al Senato. L’ex sindaco di Fivizzano scrive pure un intervento di suo pugno pubblicato dalla Stampa: la posizione assunta dai “filogovernativi” del Pdl è “priva di una convincente e maturata prospettiva politica. Anche oggi senza la leadership umana e politica del presidente Silvio Berlusconi non vi sarebbe unità né del Pdl né tantomeno dell’intero centrodestra”. “La visione più aperta e moderna di partito” è “sempre stata quella del presidente Berlusconi, ispirata al modello americano, mentre anche fra i filogovernativi prevale ancora un modello di partito novecentesco, burocratico e centralista”, scrive il coordinatore del partito. 

Bondi: “Qui finisce male. Ma senza Berlusconi non sarebbero stati niente”
U
sa invece espressioni con tinte quasi crepuscolari sul Foglio di Ferrara: “Questa storia è finita” dice a Salvatore Merlo che lo intervista. E poi: “Dietro Berlusconi non c’era niente”. E ancora: “In questi anni non abbiamo costruito nulla di umanamente e politicamente solido o autentico. Finisce male”. Dunque ecco lo spettro del tradimento in tutti coloro “che senza Berlusconi non sarebbero stati niente. Almeno Fini e Casini avevano il coraggio di affrontare il Dottore (Berlusconi, ndr) nel fulgore dei suoi anni migliori, oggi è facile… Ma si illudono, spariranno anche loro, spariremo tutti”. Tale è lo shock che Bondi arriva ad accostare le parole Berlusconi e fallimento: “Li ha scelti lui questi uomini, li ha scelti e promossi Berlusconi. Sono il suo fallimento”, perché “sono pronti ad accettare con una scrollata di spalle la decadenza dell’uomo cui devono tutto. Cosa sarebbero senza di lui? Forse nemmeno consiglieri comunali”. Quindi non voterà la legge di stabilità. “A sinistra c’è Matteo Renzi noi cosa abbiamo prodotto? Un movimentismo doroteo che cerca il potere per il potere”. 

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