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Cosentino torna libero, stop ai domiciliari. Revocata l’ultima misura cautelare

L'ex sottosegretario all'Economia e coordinatore campano del Pdl era ai domiciliari dal 26 luglio nell'ambito di un processo in cui è imputato per reimpiego di capitali illeciti aggravati dall'aver agevolato il clan dei Casalesi
Cosentino torna libero, stop ai domiciliari. Revocata l’ultima misura cautelare
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Torna in libertà l’ex sottosegretario del Pdl Nicola Cosentino, ai domiciliari dal 26 luglio scorso nella sua abitazione di Caserta. Lo ha deciso il collegio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Orazio Rossi, davanti al quale pende il processo in cui Cosentino è imputato. L’ordinanza revocata riguarda il processo noto come “Il Principe e la Scheda Ballerina” in cui Cosentino è imputato per reimpiego di capitali illeciti aggravati dall’aver agevolato il clan dei Casalesi in relazione alla costruzione, mai avvenuta, di un centro commerciale a Casal di Principe.

I giudici hanno accolto l’istanza di revoca, presentata qualche giorno fa dallo staff di legali dell’ex deputato (formato da Stefano Montone, Agostino De Caro e Nando Letizia), della misura agli arresti domiciliari disposta il 22 giugno scorso; tale provvedimento restrittivo era l’unico rimasto ancora efficace a carico di Cosentino, dopo la revoca dell’ordinanza firmata dal gip di Napoli Piccirillo decisa dall’altro collegio giudicante (presieduto da Giampaolo Guglielmo) davanti cui pende il processo che vede imputato Cosentino per il reato di concorso esterno in associazione camorristica.

L’ex coordinatore campano del Pdl era entrato in carcere a Secondigliano (Napoli) il 15 marzo scorso, e ne uscì dopo 131 giorni, il 26 luglio scorso, per andare a scontare i domiciliari in una villa di Sesto Campano (Isernia). Ma già prima di essere scarcerato, il 27 giugno, la Cassazione aveva spezzato una lancia a suo favore annullando con rinvio la decisione del Riesame di Napoli che nel marzo precedente aveva confermato le ordinanze di arresto; per i giudici, i magistrati partenopei non avevano motivato adeguatamente circa la sussistenza delle esigenze cautelari non tenendo conto della dismissione dalla cariche politiche.

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