Il commissariamento per Parmalat è ormai un pericolo scampato, ma sull’operato degli amministratori del gruppo di Collecchio calano tante ombre. Non ci sarà nessuna revoca del consiglio di amministrazione per la società che da un anno è nel mirino della Procura per l’acquisizione dell’americana Lactalis American Group in conflitto d’interessi rispetto alla proprietà di Parmalat, il gruppo francese Lactalis al tavolo come acquirente indiretto e venditore al tempo stesso. Con un provvedimento depositato lunedì sera il Tribunale di Parma ha messo la parola fine sul procedimento civile aperto sulle presunte irregolarità dell’operazione. Il collegio di giudici presieduto Roberto Piscopo, pur riconoscendo “molteplici profili di irregolarità ascrivibili agli amministratori”, ha ordinato al consiglio di amministrazione la sola sostituzione del consigliere Marco Reboa, scongiurando così l’arrivo di un amministratore giudiziario a Collecchio.
Per quanto riguarda gli altri amministratori coinvolti nel procedimento ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile, il Tribunale ha condannato Antonio Sala e lo stesso Reboa, oltre ai componenti del collegio sindacale Mario Stella Richter, Alfredo Malguzzi e Roberto Cravero, in solido, “a rifondere le spese di assistenza e difesa” sostenute dal curatore speciale di Parmalat Alberto Guiotto quantificate in 90mila euro. Simile condanna anche per quanto riguarda il compenso destinato al commissario ad acta Angelo Manaresi, nominato il 28 marzo 2013, per cui sono stati obblicati a pagare Reboa e i componenti del collegio sindacale Malguzzi, Cravero e Stella Richter.
La Procura ha già annunciato il ricorso in appello sul decreto e su Parmalat rimane comunque aperta l’inchiesta penale che vede tra gli indagati per appropriazione indebita aggravata anche il presidente Francesco Tatò. Sul procedimento civile però, dopo oltre un mese di attesa dall’ultima udienza tenutasi a inizio ottobre, la decisione del Tribunale fa tirare un sospiro di sollievo ai vertici di Parmalat e a Lactalis, anche se porta alla luce pesanti responsabilità degli amministratori nell’operazione.
Marco Reboa, Antonio Sala e Yvon Guerin – Tra le irregolarità individuate dai giudici, vi sono quelle a carico dei consiglieri Sala e Reboa nell’operazione di acquisizione di Lag. I comportamenti del primo, come i suoi contatti e le pressioni sui funzionari di Mediobanca, l’advisor “indipendente” incaricato di stabilire una valutazione per la compravendita della società americana, vengono definiti “in conflitto con la disciplina normativa in materia di operazioni con parti correlate”, cioè in conflitto d’interesse. Secondo la ricostruzione del Tribunale però era Reboa a porre Sala “nelle condizioni di ingerirsi e perpetrare un interesse in conflitto con quello di Parmalat Spa”, quando invece, come presidente del Comitato per le operazioni con parti correlate, avrebbe dovuto svolgere un ruolo di garante della regolarità.
Anche Reboa del resto avrebbe operato più volte in contrasto con gli interessi di Parmalat, “in particolare quando assunse l’iniziativa in prima persona – scrivono i giudici – per forzare Mediobanca a una valutazione più prossima a quella di controparte, sollecitando direttamente il presidente dell’istituto di credito” Renato Pagliaro. Nel mirino anche l’atteggiamento dell’amministratore delegato Yvon Guerin, che pur essendo in conflitto d’interesse, per il Tribunale “violava il dovere di astensione, al di là di quanto formalisticamente affermato”, intervenendo sulle trattative e spingendo Mediobanca al rialzo del prezzo di vendita.
Reboa, i verbali contraffatti e lo Studio D’Urso Gatti Bianchi – Come già aveva riportato il commissario ad acta Angelo Manaresi, il Tribunale ha valutato congruo il compenso per l’incarico affidato allo studio legale Gatti – D’Urso, ma i giudici hanno acceso i riflettori sulla falsificazione dei verbali del Comitato per le Operazioni con parti correlate di Parmalat, che riguardano anche l’affidamento dell’incarico allo studio, che sarebbe stato deciso dal vertice di Parmalat “prima e a prescindere dal parere che il Comitato di controllo interno avrebbe dovuto rilasciare”.
Qui ritorna in scena Reboa, che dispone l’alterazione di alcuni verbali del Comitato, come dimostrato dai documenti presentati dalla Procura nell’udienza del 25 settembre. In particolare, visto che l’incarico allo studio era già stato affidato, Reboa fa togliere dal verbale del 2 aprile 2012 il riferimento alla presenza dei legali, così come i loro interventi, come se la ricerca per l’advisor legale fosse ancora in corso. Anche dal verbale del 21 maggio 2012 vengono eliminate le parti che si riferiscono alla bozza di fairness opinion già trasmessa da Mediobanca a Reboa e al fatto che Lag nel primo semestre del 2012 non avesse raggiunto i risultati previsti dal piano.
La bozza della fairness opinion, che come ricordano i giudici verrà poi commentata da Reboa insieme a Gatti e a Sala, viene utilizzata poi per redigere una prima stesura del parere che il Comitato sulla fairness opinion definitiva, “di fatto – si legge nel decreto – sminuendo notevolmente la dimensione collegiale della deliberazione e il ruolo di tale organismo societario”. I giudici parlano quindi di “una grave irregolarità”, individuando la responsabilità nell’amministratore Reboa, oltre che negli allora sindaci, che “avrebbero dovuto vigilare anche sulla regolarità della verbalizzazione”.
Il danno economico e i provvedimenti – Nelle conclusioni i giudici, tra le altre irregolarità nell’amministrazione della società, individuano anche la riduzione degli investimenti di marketing delle società acquisite, che potrebbe portare a danni futuriper le controllate americane, ma definiscono “dubbia la sussistenza di un danno attuale derivante dall’acquisizione” di Lactalis American Group. Sul danno economico per l’azienda i giudici ravvisano infatti che “l’acquisizione di Lag, Lactalis Brasile e Lactalis Messico ha comportato innegabili ricadute positive per Parmalat Spa, anche sotto il profilo patrimoniale, in particolare quanto all’apporto di reddito che queste società hanno fornito, realizzando un Ebitda effettivo per l’anno 2012 pari a 95,1 milioni di dollari”. Inoltre il Tribunale ricorda che Parmalat iscriverà a bilancio le società acquisite per un valore di 1,3 miliardi di dollari grazie a una rivalutazione effettuata sulla base di una perizia elaborata dal professor Buttignon che di fatto annulla gli effetti dannosi dell’operazione che sono comunque confermati seppure non più persistenti.
Il Tribunale ritiene che “non sussistono elementi ulteriori e diversi” da cui presumere la “dolosa alterazione dei dati o delle valutazioni sottese a tale stima”. Della stessa, sottolinea tra l’altro il Tribunale, gli autori e gli amministratori si assumono “la responsabilità civili e penali” in quanto finirà nel bilancio del gruppo di Collecchio. Innegabile però per il Tribunale è anche la condotta penalmente rilevante di Reboa, di cui infatti viene ordinata la sostituzione con il primo degli amministratori indipendenti non eletti, mentre il collegio sindacale rimane intatto, visto che i componenti attuali non sono più quelli che si occuparono dell’operazione Lag.
Il commento della Procura – “Un provvedimento pieno di contraddizioni, perché nelle motivazioni si riconoscono i reati, ma la sentenza va in un’altra direzione”. Così il procuratore capo Gerardo Laguardia ha definito il decreto del Tribunale di Parma, che nelle motivazioni punta il dito sull’operato degli amministratori, ma che poi li assolve (ad eccezione di Reboa) dalle responsabilità, condannandoli però al pagamento delle spese legali. Lo scorso settembre la Procura aveva chiesto l’azzeramento del cda della società di Collecchio, che avrebbe significato un commissariamento per Parmalat, ma il Tribunale ha respinto la richiesta. La Procura però ha già annunciato il ricorso in appello.