Si devono alla strage di Viareggio i provvedimenti adottati in questi anni per migliorare la sicurezza ferroviaria. Pochi ancora e evidentemente non sufficienti ad evitare incidenti che scivolano nei silenzi della cronaca solo perché non si concludono come quello del 29 giugno 2009: con i morti. Esiste un dispositivo in particolare che avrebbe potuto evitare quell’ecatombe, ma ancora oggi nessun treno che trasporta merci in Italia, anche pericolose e infiammabili, ha l’obbligo di possederlo come conferma l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie. E’ il rilevatore di deragliamento (dispositivo “antisvio“) che arresta immediatamente il convoglio se una ruota del vagone perde il contatto con la rotaia, anche se il macchinista non se ne accorge. Assomiglia ad una bombola da campeggio, costa intorno ai 1.000 euro. Quaranta giorni prima della strage di Viareggio, l’Agenzia Ferroviaria Europea (l’Era, European Railway Agency) aveva infatti deliberato di non renderli obbligatori ed è rimasto tutto così. Prevederli, infatti, limiterebbe la competitività. Non solo. Già nel settembre del 2009 tre mesi dopo l’esplosione del carico di gpl che sventrò via Ponchielli, il sottosegretario alle Infrastrutture, Bartolomeo Giachino, rispondendo a un’interrogazione alla Camera, confermò che l’apparecchio avrebbe potuto evitare il disastro di Viareggio. Ancora Giachino, lo stesso giorno, annuncia che “l’Agenzia italiana per la sicurezza ferroviaria proporrà in sede Era l’obbligo di installazione di un apposito rilevatore inerziale di svio a bordo dei singoli vagoni utilizzati per il trasporto delle merci pericolose”.
In nessun paese europeo invece quest’obbligo è presente. In alcuni Paesi, però, esiste. Come in Svizzera dove viene applicato ai convogli addirittura dal 1999. E l’8 settembre del 2009 è infatti tra i punti presentati alla Conferenza europea sulla sicurezza ferroviaria a Bruxelles, davanti all’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti e del ministro dei Trasporti Altero Matteoli, dall’Assemblea 29 giugno, di cui fanno parte i familiari delle vittime e lavoratori, e Riccardo Antonini, il ferroviere licenziato da Rfi, per sollecitare la Rete ferroviaria italiana a incrementare la sicurezza nel nostro Paese. La questione appare anche nelle accuse rivolte dalla Procura di Lucca a Moretti che, secondo i magistrati, non avrebbe valutato la possibilità di adottare ”meccanismi tali da garantire un’immediata frenatura del convoglio in caso di svio”. Ma ad oggi non c’è nessuna legge che lo renda obbligatorio sui treni merci. Solo gli Eurostar lo possiedono. “Stupisce che in tutta Europa non sia obbligatorio almeno per i carri che trasportano merci pericolose – dice Dante De Angelis, uno dei Rappresentanti per la sicurezza dei ferrovieri, costituiti parte civile nel processo a Lucca per la strage di Viareggio – Con la scusa di abbattere i vincoli alla concorrenza, si consente alle imprese di abbattere i costi per la sicurezza senza che le istituzioni preposte riescano a tenere il settore sotto controllo. In realtà i commissari dell’Era – sottolinea De Angelis – con ciniche valutazioni economiche, hanno sposato la posizione delle imprese del settore deliberando per la non obbligatorietà dell’istallazione del dispositivo antisvio. Su questa decisione stiamo valutando di denunciare i singoli commissari dell’Era per sottoporre all’autorità giudiziaria anche la legittimità di quella loro scellerata decisione assunta proprio pochi giorni prima della strage ferroviaria di Viareggio”.
Dopo Viareggio qualcosa è cambiato, certo. La velocità dei treni merci è diminuita. Viaggiano fino a 100 chilometri orari, anche quando trasportano materiali pericolosi, tossici e infiammabili nelle zone abitate. Grazie alla pressione degli abitanti, a partire da 2 mesi dopo la strage, a Viareggio i “treni bomba” vanno a 50 chilometri orari, per un tratto che va da 3 chilometri in entrata a 3 in uscita dalla stazione. Una beffa, però. Perché la maggior parte delle case addossate alla ferrovia restano escluse. E resta escluso il resto d’Italia: “Consideriamo che quel treno viaggia ancora, da Trecate in provincia di Novara a Gricignano in provincia di Caserta, e attraversa 109 comuni di questo Paese. E’ un paradosso ma è così”, dice Antonini. Sono stati introdotti i rilevatori della temperatura boccole (componenti delle ruote), ma non sempre funzionano. Si tratta di dispositivi che indicano immediatamente il surriscaldamento delle coppie di ruote che, collegate da un asse, si trovano sotto i vagoni. Se sono fuori uso, è molto pericoloso: il surriscaldamento, non rilevato, può determinare un deragliamento, come è successo per esempio a giugno a Formia, quando sulla linea Roma-Napoli un treno ha viaggiato fuori dalle rotaie per 7 chilometri. Mentre il 18 ottobre, nella piccola stazione di Sgurgola, in provincia di Frosinone, un treno merci è deragliato sulla linea Roma-Cassino, occupando anche l’altro binario.
Dopo Viareggio, inoltre, è obbligatorio specificare a chi spetta la manutenzione dei convogli. Una norma che rende più complicato lo scarico di responsabilità in caso di incidente: si tratta di un registro dei veicoli, una specie di “Pra” dei treni. Ci sarebbero molti interventi da fare per ridurre al minimo i rischi per la sicurezza, secondo il documento presentato a Bruxelles dai comitati viareggini. I picchetti, innanzitutto. Pezzi metallici taglienti che andrebbero sostituiti con materiale non perforante o tolti. Sono piantati a fianco dei binari che misurano gli spostamenti della rotaia. Secondo la Procura di Lucca è stato un picchetto a perforare la cisterna deragliata a Viareggio, mentre i consulenti di Ferrovie e del gip sostengono che è lo squarcio è stato causato da uno scambio. Adesso, dopo 4 anni e mezzo, secondo quanto riportato da Il Tirreno, l’Ansf ha disposto la loro graduale rimozione. Tra gli altri elementi da anni in discussione quello dei muri di protezione. Non esistono quasi da nessuna parte, ma possono essere fondamentali per evitare danni gravi alle abitazioni e alle persone intorno alla ferrovia. “A Viareggio – dicono le associazioni – lo chiedevamo prima ancora della strage. C’erano anche le firme di alcune persone che poi sono morte il 29 giugno, nella petizione che i viareggini mandarono a Rfi per raccomandata già 8 anni prima della strage, nel 2001”.
Dopo quel 29 giugno di quattro anni fa gli incidenti sono continuati. E se non hanno replicato una strage è solo per un caso. Perché il treno viaggiava a bassa velocità o perché percorreva stazioni vuote, a tarda notte. Come “il 19 giugno 2013, il treno 51075 è deragliato nei pressi della stazione Roma Tuscolana, in pieno centro abitato – racconta una fonte della protezione aziendale delle ferrovie – mentre trasportava policlorobifenili solidi, sostanza altamente pericolosa”. Un incidente che Ferrovie e l’Ansf confermano, anche se non precisano cosa trasportasse il convoglio. “Ma in questo caso – precisano dall’Agenzia per la sicurezza – i vagoni non c’entrano. La causa è legata all’infrastruttura ferroviaria. Dopo questo incidente abbiamo ottenuto il cambio delle traversine dei binari”.