Sono 5 milioni e 186 mila gli stranieri regolarmente presenti in Italia. E rappresentano per il Paese un beneficio da 1,4 miliardi di euro, pari cioè alla differenza tra i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati e la spesa pubblica per l’immigrazione. Queste le stime del Dossier statistico immigrazione 2013. Il report, presentato oggi a Roma alla presenza del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, per la prima volta quest’anno non porta le ‘firme’ della Fondazione Migrantes e di Caritas Italiana, ma nasce dalla collaborazione tra il centro studi Idos (che ha sempre redatto il Dossier) e l’Ufficio antidiscriminazioni razziali della presidenza del Consiglio (Unar).
Le stime del Dossier superano dunque, e di parecchio, i dati dell’Istat, che quantifica in 4.387.721, nel 2012, gli stranieri residente nel nostro Paese. Il motivo della differenza risiede soprattutto nel fatto che il dossier statistico, a differenza dell’Istat, tiene conto anche degli stranieri non iscritti all’anagrafe. La crisi, si sottolinea nel dossier, ha rallentato ma non ha fermato l’aumento degli immigrati: dal 2007 a fine 2012 si è passati da quasi 4 milioni ai 5,2 milioni attuali, non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma anche per via dei nati in Italia e dei ricongiungimenti familiari. L’aumento nel 2012, però, è stato particolarmente contenuto: +8,2% tra i residenti e +3,5% tra gli stranieri non comunitari.
Tra le provenienze prevale l’Europa (50,3%), seguita dall’Africa (22,2%), dall’Asia (19,4%), dall’America (8%) e dall’Oceania (0,1%). La comunità più numerosa è quella romena, con circa un milione di immigrati secondo le stime del Dossier. Rilevante il numero dei bambini stranieri nati in Italia nel 2012, quasi 80 mila, ai quali si affiancano i quasi 27 mila figli di coppie miste. Nel complesso, tra nati in Italia e ricongiunti, i minori non comunitari sono più di 900 mila e quelli comunitari almeno 250 mila. Per i ricongiungimenti familiari sono stati rilasciati nel 2012 81.322 visti, poco meno dell’anno precedente (83.493).
Inoltre, continuano a crescere, tra i non comunitari, i soggiornanti di lungo periodo, autorizzati cioè a una permanenza a tempo indeterminato: oltre due milioni di persone, pari al 54,3% del totale (8% in più rispetto al 2010), una quota che raggiunge i due terzi per diverse collettività (Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Tunisia, Marocco e Senegal) e non arriva al 40% per altre (come ad esempio la Moldavia). Risultano in crescita anche i flussi di ritorno, per necessità più che per scelta, come effetto della crisi e delle ridotte capacità occupazionali italiane. Complessivamente, nel 2012 i permessi di soggiorno scaduti senza essere rinnovati sono stati 180 mila, di cui ben oltre la metà rilasciati per lavoro e per famiglia: un numero consistente, ma diminuito rispetto al 2011.
Beneficio di 1,4 miliardi per le casse dello Stato
L’immigrazione porta nelle casse dello Stato un beneficio che si può quantificare in un miliardo e 400 milioni di euro. Il rapporto tra la spesa pubblica per l’immigrazione, da una parte, e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati, dall’altra, mostra infatti che, anche nell’ipotesi meno favorevole di calcolo (quella della spesa pro-capite), nel 2011 gli introiti dello Stato riconducibili agli immigrati sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi, con una differenza in positivo per il sistema-paese, appunto, di 1,4 miliardi.
L’obiezione ricorrente secondo cui l’integrazione degli immigrati costa troppo all’Italia, quindi, secondo gli autori del dossier non trova riscontro nell’analisi delle singole voci di spesa e nel quadro che ne deriva. È vero, invece – spiegano – che l’Italia sostiene spese di rilevante portata, più che per le politiche di integrazione, per interventi di contrasto all’irregolarità o di gestione dei flussi, in un’ottica emergenziale: è stato speso oltre un miliardo di euro, tra il 2005 e il 2011, per Centri di Identificazione ed Espulsione, Centri di Primo Soccorso e Accoglienza, Centri di Accoglienza, Centri di Accoglienza per Richiedenti asilo e Rifugiati.
Senza un occupato il 13% delle famiglie di immigrati
La disoccupazione tra gli stranieri regolarmente presenti in Italia è non solo aumentata ma è di lungo periodo. In oltre la metà delle famiglie straniere (62,8%) è occupato un solo componente, mentre è del 13,0% la quota di quelle in cui non è presente alcun occupato (erano l’11,5% nel 2011). Nel dossier si conferma l’aumento dell’occupazione immigrata in termini assoluti (2,3 milioni di occupati) e di incidenza percentuale sull’occupazione complessiva (almeno 10%), con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). E si conferma, inoltre, che nonostante questa crescita il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di due punti percentuali nell’ultimo anno (14,1%), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo più alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), è anch’esso diminuito di quasi 2 punti.
Quanto alle imprese degli stranieri, sono 477.519, il 7,8% del totale nazionale, con un aumento annuale del 5,4%, nonostante il maggior costo degli interessi sui prestiti che si trovano a fronteggiare. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato in 7 miliardi di euro, che meriterebbe un maggiore supporto, si sottolinea nel Dossier.