Mani mafiose sulla città. Alla fine si è dimesso il vicesindaco di Verona, Vito Giacino, uomo fidatissimo di Tosi. Per il leghista si era allontanato dal partito di Berlusconi e dal suo mentore Aldo Brancher, il ministro più veloce della storia repubblicana. Anche la carriera politica di Giacino sembra avere stessa vita breve. Nelle ultime settimane la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici suoi e della moglie, Alessandra Lodi, entrambi indagati per corruzione.

Tutto nasce dalla lettera del “corvo”, che avrebbe svelato gli intrighi del vicesindaco, a cui la magistratura avrebbe trovato conferme: “Siamo un gruppo di imprenditori stanchi dall’arroganza di questa amministrazione e soprattutto del vicesindaco, il quale senza mezzi termini obbliga a transitare per consulenze (tangenti) presso lo studio di sua moglie (giovane senza alcuna preparazione legale), altrimenti, qualsiasi lavoro trova impedimenti, lungaggini burocratiche o addirittura viene accantonato sia nel settore urbanistico che edilizio”, scrive il “corvo”, che parla anche della abitazione della coppia.

L’attico in borgo Trento a Verona, uno dei quartieri più esclusivi della città scaligera sarebbe costato fra acquisto e ristrutturazione circa 1,7 milioni di euro nel 2011 e intestato alla moglie. Ma Giacino nel 2011 dichiara un reddito di circa 70 mila euro, mentre la moglie era iscritta all’ordine degli avvocati da appena tre anni. Si dice che la famiglia della Lodi, bolognese, sia ricca e che sia stato il padre ad acquistare l’attico. Ma da chi è stato acquistato e ristrutturato l’attico? Dalla Soveco Spa la quale ha più di un miliardo di euro nel portafogli ordini: un parcheggio interrato, il traforo delle torricelle, un ponte, il progetto del filobus e molto altro ancora. Quasi tutti gli appalti sono stati assegnati dal comune. E chi c’è nella società? Gli azionisti sono due, con il 50 per cento, uno è Sabina Colturato, ex moglie di Antonino Papalia, pluripregiudicato e “legato alla ‘ndrangheta della cosca Vrenna di Crotone”, si legge in una informativa. E secondo gli investigatori i due sarebbero ancora insieme. Papalia era stato arrestato alla fine degli anni 80 per aver creato nel veronese un arsenale per la produzione di esplosivi destinati a rifornire la ‘ndrangheta. Le sei pagine di informativa stilata dagli inquirenti traccia gli intrecci della Soveco con Verona e la malavita. La signora sarebbe, dunque, “un prestanome”, scrivono gli inquirenti. Non solo, secondo la “Polizia Tributaria – scrive Croce – il socio occulto di Soveco è Antonino Papalia”.

Michele Croce, avvocato ed ex uomo di Tosi, è colui che ha fatto emergere la corruzione a Verona. Responsabile per il comune di Verona del provvedimento per la ristrutturazione dell’attico della moglie dell’ex vicesindaco è Cristina Salerno, moglie di Giuseppe Casagrande, uomo legato alla Soveco, mentre il progettista Dalle Molle fa parte della commissione urbanistica comunale. Forse solo un caso. Il Veneto appare come una piccola Calabria. Infatti “il sistema mafioso è diffuso e ramificato”, si legge nelle pagine degli inquirenti, così diffuso che la commissione antimafia ha diffuso dati raggelanti: Verona è la prima città per numero di operazioni sospette segnalate alla Banca d’Italia. E per il colonnello Sergio Raffa della Direzione investigativa antimafia a Verona ci sarebbero un gran numero di pregiudicati calabresi. Nel 1990 il giudice Paolo Borsellino proprio in Veneto disse: “La corruzione è l’anticamera della mafia”. E Tosi che fa? Querela i giornali e giornalisti che parlano del malaffare.

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